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sabato 21 settembre 2024
 
 

Cardini: attenzione ai segni dei tempi

19/04/2012  Un dialogo con lo storico sul rapporto fra eventi terreni e Rivelazione, mentre Famiglia Cristiana propone il volume del teologo Bruno Maggioni "Un Dio fedele alla storia".

Il Dio d’Israele è un Dio che agisce e si rivela nella storia in un percorso pedagogico che, attraverso la parola dei patriarchi, dei profeti e dei re, conduce il suo popolo ad amarlo come l’unico e vero Dio. Sull’argomento, al centro del volume Un Dio fedele alla storia di Bruno Maggioni, proposto da Famiglia Cristiana per la Biblioteca universale cristiana (Buc), abbiamo interrogato un grande storico cattolico: Franco Cardini.

Professore, qual è il testo dell’Antico Testamento che lei ama di più?
«La mia sensibilità mi spinge a preferire il Libro di Giobbe, che presenta il dramma umano e le sue contraddizioni dinanzi alla volontà di Dio. Il mio senso civico mi fa prediligere il Libro di Esther, che racconta la tragedia della perdita della libertà e i sacrifici necessari per recuperarla. Come storico invece sono particolarmente interessato alla vicenda di re Salomone: lo splendido fallimento di un uomo grande, potente, saggio, che davanti alla volontà di Dio vede naufragare i suoi progetti; poi la tensione che c’è in lui tra funzione e carisma poetico-profetico; infine la sua figura di sovrano che governa un territorio “eccentrico” e “marginale” come lo Stato d’Israele, ma che deve fare i conti con la cultura egizia, assiro-babilonese e arabo-africana, con tutte le difficoltà che da ciò derivavano».

Cosa succede dopo Salomone?
«Il popolo eletto, detentore della Rivelazione dell’unico Dio, è sottoposto alle tentazioni dei popoli vicini: paganesimo, politeismo, magia. La tragedia del popolo d’Israele inizia con i due figli ed eredi di Salomone e si concluderà con la profanazione ellenistica, alla quale segue la rivolta dei Maccabei, le guerre giudaiche e infine con la diaspora».

Passando al Nuovo Testamento, come si inserisce in questo contesto la figura del Messia?
«Cristo indica a Israele una strada diversa, ma né i sadducei collaborazionisti né i fanatici zeloti lo hanno ascoltato. Gesù invita ad amare Dio con tutte le forze e il prossimo come sé stessi, riassumendo così il senso della Scrittura e proiettandolo sulla storia intera dell’umanità».

La nascita di Gesù divide la storia in due, prima e dopo Cristo. Ci aiuta a capire meglio questo passaggio?
«Questo passaggio è riassunto nelle beatitudini, come ha espresso così bene il cardinale Carlo Maria Martini nel saggio Il discorso della montagna. Meditazioni (Mondadori). Cristo è l’unico, vero rivoluzionario, è l’asse della Storia e i secoli gli danzano attorno. Gesù ha spiegato che l’elezione del popolo d’Israele da parte di Dio è solo “figura”, simbolo del progetto divino che consiste nel recuperare l’intera umanità caduta con il peccato originale e realizzare in essa quel progetto d’Amore che sarà rivelato alla fine dei tempi».

Da credente, come si pone davanti alla testimonianza della Risurrezione?
«Non ho nulla da dimostrare e nessuno può chiedermi di dimostrare nulla: la Risurrezione è oggetto di fede, non di ragione. Fede e ragione non sono in contrasto, possono coesistere e confermarsi reciprocamente; ma non sempre e non necessariamente. Sul piano della Risurrezione come evento reale, la fede non ha niente da suggerire alla ragione, e questa non ha alcun argomento da opporre a quella».

Oggi è poco sviluppata una lettura teologica della storia, il tentativo cioè di dare un senso agli avvenimenti che riguardano il destino dei popoli. Lei da storico credente come leggerebbe il nostro tempo in una prospettiva di fede?
«Il momento storico che stiamo vivendo deve essere letto, come ogni altro tempo, nella duplice lettura provvidenzialistica ed escatologica. Credo che oggi i cristiani siano chiamati a porsi il problema di come Dio, nel suo piano provvidenziale, stia guidando gli eventi. Il nostro tempo, come qualunque altro tempo, è un momento della Rivelazione che ci prepara ai “quattro novissimi”: morte, giudizio, inferno e paradiso. È giusto che ciascuno di noi guardi ai segni dei tempi e attenda la fine, sapendo che essa coinciderà con il termine di un ordine naturale e storico, non con la fine di tutto. Anzi, sarà quello l’inizio di un cielo nuovo e di una terra nuova».

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