Dalla Parigi colpita al cuore, dove insegna, docente emerito all’Ecole des hautes études, di ritorno da Amman, in Giordania, lo storico Franco Cardini analizza lo sfondo culturale e sociale che c’è dietro la strage al Charlie Hebdo.
Professore, siamo in guerra, come dice Umberto Eco?
“Lo ha detto anche lui? Beh sì, c’è una guerra in corso, come dicono tutti, compreso papa Francesco. Il problema è capire tra chi e contro chi”.
Non è chiaro chi sono i nostri nemici in questo terzo conflitto mondiale non dichiarato? "Non è chiaro per nulla. Sono a Parigi e sto seguendo in diretta su un canale francese gli sviluppi della “traque”, della caccia ai due terroristi che hanno ammazzato barbaramente i redattori del settimanale Charlie Hebdo: sapevo per esperienza, ormai ho una certa età, che questa cosa non promette nulla di buono”.
Ci crede al cosiddetto “clash”, allo scontro di civiltà, come profetizzava Huntington?
“La cosa più semplice e inutile è impostare uno schema alla Fallaci, Occidente contro Islam, buoni contro cattivi. L’islam è un universo quanto mai frammentato in cui convivono gruppi, etnie, comunità, Stati nazione e Stati filoccidentali, espressioni antitetiche. Sciti contro sunniti, Paesi alleati degli Usa come la Giordania e l’Arabia Saudita, Stati terroristici come l’Isis, gruppi terroristici in aperto scontro come Al Qaeda e Isis, Paesi in cui si respira la democrazia, come il Marocco e la Tunisia ed interessanti esperimenti di integrazione complessa con un ponte tra oriente e occidente, come nella Turchia di Erdogan. Non c’è più il nemico come al fronte. Contro chi siamo in guerra? Non lo sappiamo”.
Lei crede alla teoria del complotto, come ad esempio Grillo in Italia? La carta di identità lasciata sul cruscotto, la scarpa raccolta per strada, l’auto che sbaglia numerose volte strada e si imbatte nelle pattuglie della polizia…
"L’azione è stata compiuta da due persone che hanno avuto un addestramento militare. Ammazzare a sangue freddo una decina di persone, sparare a un poliziotto inerme, non è cosa di cui sono capaci tutti, serve anche una preparazione mentale; direi che ci sono elementi che fanno pensare all’azione di un gruppetto, di una cellula filoislamica, magari i soli due fratelli franco-algerini con l’ appoggio di qualche basista. La mia idea è che questo sia uno dei tanti gruppi che agiscono dentro la logica dello jihadismo che è un’ideologia che ha una lontana origine religiosa e che in realtà, è un’ideologia di tipo politico. Da questo punto di vista colpire Charlie Hebdo, significa colpire un bersaglio ‘eccellente’ per fare presa, sì ma su chi? Lei cosa risponde?
"Io sono sconvolto, come tutti gli occidentali e gran parte del mondo, e partecipo al cordoglio di quelle vittime, sono solidale con le famiglie dei vignettisti di Charlie Hebdo. Ma sul bavero della giacca scriverei Je ne suis pas Charlie Hebdo, io non sono Charlie Hebdo. La libertà è veramente libertà quando ha dei limiti, quelli del rispetto delle altre persone. Io non sono d’accordo con la grande maggioranza di chi dice che questi hanno sferrato un attacco all’Occidente, alla libertà di stampa: la libertà di stampa è un'alra cosa secondo me. C’è un attacco ai valori occidentali, ma mi domando: i valori occidentali erano quelli rappresentati da Charlie Hebdo? Il sottotitolo del Charlie era: journal (istes) irresponsable, giornale irresponsabile. Io non sono d’accordo, la libertà, concetto volteriano (di cui ho letto qualcosa anch'io) per me è responsabile, finisce quando iniziano i diritti altrui. Se certe vignette sono blasfeme e offendono chi non considera la libertà come una questione prioritaria, se me la prendo con tutte le religioni, sbeffeggio i santi, la Madonna, beh, questa non è libertà, mi devo firmare un passo prima. Ma questo naturalmente non toglie nulla alla sacralità della vita e all’efferatezza di una strage mostruosa”.