Delle tante giovani attrici che sgomitano per diventare eredi di Meryl Streep o Cate Blanchett, lei è la più brava. Carey Mulligan ha stregato un paio d’anni fa Cannes nel remake de Il grande Gatsby con Leonardo DiCaprio, firmato da Baz Luhrmann. Ma al culmine della carriera non ha esitato a prendersi una pausa per la famiglia: sposata con il cantante inglese Marcus Mumford, a settembre ha dato alla luce la piccola Evelyn. Prima di diventare mamma ha detto sì a un solo progetto: il ruolo di Maud in “Suffragette”, della regista Sarah Gavron che esce in occasione della giornata della donna.
In Gran Bretagna il suffragio universale fu conquistato da uno stuolo di donne coraggiose nel 1918. Ma solo per le trentenni. Ci vollero dieci anni per la parità effettiva tra uomini e donne in cabina elettorale. Suffragette è la storia di vere eroine, che pagarono il loro impegno con gli affetti più cari se non addirittura con la vita.
È la storia di Emmeline Pankhurst, leader storica del movimento d’emancipazione impersonata da Meryl Streep. Della colta farmacista Edith Ellyn, interpretata da Helena Bonham Carter. E della lavandaia Maud Watts, che prende pian piano coscienza. «Sapevo poco o nulla delle suffragette prima che Sarah mi desse il copione scritto da Abi Morgan» confessa Carey Mulligan, 30 anni radiosi da neomamma. «Nel mio libro di scuola c’era soltanto un paragrafo su di loro. Me l’ero immaginate come delle Mary Poppins in marcia dietro uno striscione, composte e ordinate. Non sapevo che molte fossero state sbattute in carcere, costrette all’alimentazione forzata per spezzare i loro scioperi della fame, costrette a dar fuoco a luoghi istituzionali per costringere la stampa all’attenzione. Ci sono voluti cento anni per raccontare questa storia».
Lei si è mai sentita discriminata come donna?
«Sono cresciuta con mio fratello in mezzo ai maschi, senza problemi. Sul lavoro, invece, è un’altra storia…».
Adesso che è diventata mamma, cosa si augura per sua figlia?
«Un mondo più giusto. Magari un Parlamento in cui le donne siano il 50 per cento, con parità di diritti. E di stipendio. Come madre, sono fortunata: posso contare sull’aiuto della mia famiglia. Ma non è così per tutte. Provo un’immensa ammirazione per le mamme che lavorano»
(07.03.2016)