Aumentano i poveri. Oggi a
rischio di povertà, cioè con la prospettiva di finire con meno di 928 euro al
mese, c’è il 25% degli italiani. La denuncia è contenuta nell’ XI
Rapporto di Caritas italiana e della Fondazione Zancan presentato questa
mattina a Roma. Eppure la politica non affronta il problema, anzi non lo ha mai
affrontato seriamente, rimarca il Rapporto, ma ha sempre destinato alla lotta
alla povertà i “residui di bilancio”.
Il Rapporto quest’anno si intitola Poveri di diritti e spiega che i poveri sono considerati cittadini di serie B
e ciò significa che è stato tradito il dettato della Costituzione, che
all’art.3 recita: “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine
economico e sociale, che limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei
cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona e l’effettiva
partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e
sociale del Paese”.
Invece non accade e così nel Rapporto si rileva, per
esempio, che il diritto allo studio è negato ai poveri, perché i figli delle
famiglie sulla soglia della povertà sono costrette ad avviare i figli al lavoro
appena dopo la scuola dell’obbligo. Un’analisi severa è quella proposta sulle
recenti manovre finanziarie, che rischiano di aggravare la situazione e non
sono affatto manovre di equità e giustizia.
Il problema più grave è la
disoccupazione giovanile: 2 milioni di giovani italiani non studiano, non
lavorano e non cercano più. Siamo al primo posto in Europa e la cifra è
aumentata del 6% rispetto all’anno scorso. Significa che “si sta
costruendo la povertà del futuro”.
Il Rapporto mette in evidenza che le
richieste di aiuto soprattutto agli enti di volontariato sociale della Chiesa
cattolica sono aumetati nell’ultimo anno del 30%, ma con punte dell’80%, “segno evidente che la crisi è tutt’altro che superata e che le
risorse delle famiglie sono esaurite”. Sono 15 milioni gli italiani che vivono
con l’ansia di non riuscire, mese dopo mese, a far fronte alle spese ordinarie.
Le amministrazioni pubbliche sono al palo e le risorse sono sempre meno. Ma
nel Rapporto si sottolinea che non si può “più delegare la soluzione del problema
della lotta alla povertà alle forse del volontariato”: “Le Caritas possono
collaborare con lo Stato, ma non sostituirlo”.
L’economia sommersa è stimata in 270 miliardi di euro. Il
Rapporto Caritas-Zancan contiene una forte denuncia dell’evasione fiscale. La definisce “un furto ai danni della comunità” e avanza una proposta
singolare, che mai era stata ventilata. La Caritas chiede che dagli evasori si esiga non solo “la restituzione di quanto hanno evaso”, ma anche “il
pagamento dei servizi, cioè sanità trasporti, istruzione, di cui hanno usufruito senza averne il diritto”, perché non hanno pagato le tasse.
L’evasione fiscale consente inoltre a molte persone di “dichiararsi povere
senza esserlo, consentendo a molti non poveri di avere aiuti di cui non hanno
bisogno e togliendo così diritti e risposte necessarie ai veri poveri”.
C’è poi il capitolo del
lavoro precario. In Italia lavorano con contratto regolarmente retribuito quasi
23 milioni di persone, cioè il 57% della popolazione. La percentuale è
tra le più basse dell’Occidente. L’incidenza disoccupazione di lungo periodo è
aumentata di quattro punti e il tasso di permanenza nella disoccupazione è
salito negli ultimi due anni del 24%. Anche il ricorso alla Cassa
integrazione non ha precedenti. Il precariato è ormai considerato lavoro
stabile, anche se resta precario, cioè con meno diritti.
Poi c’è il problema
del potere d’acquisto dei salari, diminuito di tre punti per i lavoratori dipendenti
e pensionati, mentre è aumentato di sei per i lavoratori autonomi. Drammatica
la situazione dei giovani lavoratori. Il Rapporto spiega che i giovani che
hanno inziato a lavorare alla metà degli anni Novanta matureranno una pensione
verso il 2035 analoga a quella degli attuali pensionati con il minimo Inps,
cioè 500 euro al mese: “Oggi stiamo fabbricando a ritmo crescente i poveri di
domani”.
L’Italia ha le politiche di
sostegno alle famiglie “peggiori d’Europa”. Non usa eufemismi il Rapporto
Caritas-Zancan e conferma ciò che molte volte Famiglia Cristiana ha denunciato.
Mancano asili nido, servizi domiciliari per le persone malate o anziane. Il
sistema fiscale ignora il carico delle famiglie con figli. Sono povere il 9% delle famiglie con un figlio, il 15% di quelle con due figli e
il 27% delle famiglie con tre o più figli. Le situazioni più
drammatiche sono al Sud, dove vive un terzo della popolazione italiana ma due
terzi dei poveri.
La disoccupazione, che in Italia è del 8,4%, nel Meridione
raggiunge il 13,4% come dato medio, ma quella giovanile in alcune aree
sfiora il 50%. Anche i servizi alla famiglie nel Sud sono assai
precari. In Calabria per esempio l’ 83% cento dei Comuni non ha l’asilo
nido.
Venti donne su 100 alla nascita del primo figlio in Italia vengono
licenziate o abbandonano il lavoro, perché i servizi all’infanzia non ci sono o
costano troppo, perché sono privati.
La povertà è drmmatica e lo
si vede anche dall’aumento di spesa delle amministrazioni locali per farvi
fronte. Eppure non è c’è un piano organico e sistematico dello Stato, ma solo
interventi di emergenza.
Tuttavia tra il 2007 e il 2008, quando la crisi ha
cominciato a mordere, la spesa assistenziale dei Comuni è aumentata del 4%, che però sono tre punti e mezzo in meno dell’aumento regitrato nel
bimestre precedente. Ma c’è anche un altro problema. I valori non tengono
conto, denuncia il Rapporto Caritas-Zancan, della variazione dei prezzi, cioè
dell’inflazione. Se invece se ne tiene conto si vede chiaramente che la spesa
sociale ha valori preossoche negativi dappertutto.
Mediamente i Conuni italiani
destinano al contrasto della povertà il 31% delle loro spese sociali.
In Sardegna e in Calabria, segno che la situazione è drammatica, si arriva al 40%. La regione
che ha più diminuito invece i fondi per la lotta alla povertà è la
Basilicata. Un siciliano su due è a rischio di povertà. In Campania, Calabria e
Basilicata è a rischio il 40% della popolazione, in Puglia e Molise il
35%, in Sardegna il 30%. Lombardia ed Emilia Romagna sono le
regione con meno poveri con rispettivamente il 4 e il 4,5%delle
famiglie residenti.
Per quanto riguarda la tendenza per i prossimi due anni a
rischio “default” ci sono Basilicata e Sicilia, mentre aumenti preoccupanti si
stanno registrando Liguria, nella provincia autonoma di Bolzano, in Valle
d’Aosta, nelle Marche e in Veneto. Stabile, anzi in leggera diminuzione, è
l’incidenza della povertà in Calabria, Campania e Sardegna.
In Italia ci sono 449 mense
sociali dove ogni giorno a pranzo e cena
16.514 persone mangiano, perché altrimenti morirebbero di fame. E’ un
dato che fa impressione.
Il Rapporto Caritas-Zancan dedica un intero capitolo
all’analisi del fenomeno e denuncia: “Il fatto che una società civile non
escluda il ricorso sistematico a enti privati per garantire la sopravvivenza
alimentare dei propri cittadini rappresenta una sorta di fallimento per i
sistema del welfare pubblico”. Il 30% delle mense, cioè 138, è gestito
direttamente dalle parrocchie, 94 sono organizzate da congregazioni religiose,
il resto da associazioni cattoliche e dalle Caritas diocesane.
Dieci mense hanno
avviato la propria attività prima del 1900 e quindi da più di un secolo danno
ogni giorno ininterrottamente da mangiare ai poveri. Sono 21.832 le persone che
si occupano delle mese. Solo 548 vengono retribuite gli altri sono volontari.
Accade ogni giorno dell’anno. Solo il 17% delle mense gode di
contributi pubblici, cioè hanno sottoscritto convenzioni con le amministrazioni
locali. Le altre si arrangiano.
Negli ultini quattro anni, cioè da quando è
scoppiata la crisi, le mense sociali cattoliche hanno visto un aumento di
ospiti pari all’89%. In aumento ci sono cittadini italiani, coniugati
con figli e con un'abitazione regolare.
Ecco i principali numeri del
Rapporto Caritas-Zancan “Poveri di diritti”.
8.272.000: gli italiani in
situazione di povertà relativa, cioè con meno di 992 euro al mese
3.129.000: gli italiani in
situazione di povertà assoluta
8.000.000: le pensioni Inps
inferiori a 500 euro al mese
26,3%: la quota sul
reddito in tasca a solo il 10% delle famiglie
336 euro: retribuzione media
lavoratore precario
1.056 euro: retribuzione media
lavoratore a tempo pieno
52,5 milioni di euro:
dotazione Fondo per le politiche per la famiglia (- 50% rispetto al
2010)
31 milioni euro: dotazione
Fondo politiche per la famiglia nel 2013
1.936: i centri cattolici dove
si forniscono beni primari, cioè cibo e vestiti
449: mense cattoliche
16.514: i pasti quotidiani