La Corrida torna a casa. Nata proprio cinquant’anni fa in radio da un’idea di Corrado Mantoni e del fratello Riccardo, da venerdì 13 aprile, per sei serate, è di nuovo su Rai Uno. A raccogliere l’eredità di Corrado c’è Carlo Conti.
Quanto è rimasto della formula originaria?
«Noi la riproponiamo praticamente identica all’originale, con questi meravigliosi dilettanti allo sbaraglio che non hanno nessuna velleità artistica ma vogliono solo divertirsi per una sera, diventando protagonisti con ironia e leggerezza e mettendo in scena nel salotto di Rai Uno quello che fanno al bar del paese o al massimo a una sagra. E non so fino a che punto siamo noi che prendiamo in giro loro o sono loro che prendono in giro noi».
Ci sono stati molti candidati?
«Abbiamo avuto 5 mila candidature, per lo più uomini e cantanti. Anche se ci sono stati i suonatori di ascelle e di bicchieri. Diciamo che ci hanno fornito uno spaccato vivo della nostra provincia, dove ci si diverte nella piazza vera più che in quella virtuale».
Come li avete selezionati?
«Ci sono 15 concorrenti a puntata, più dei 10 della versione originale, anche perché i ritmi televisivi sono più veloci. Abbiamo cercato i concorrenti più originali, che magari si presentano con parrucche e costumi bizzarri che si sono realizzati da soli. Poi prendiamo una persona dal pubblico per fare da valletta, affiancando quella ufficiale, Ludovica Caramis. E anche persone del pubblico si esibiscono in un balletto facendo le prove durante la puntata».
Hai conosciuto Corrado?
«Era il 1992 ed ero alla cerimonia dei Telegatti come conduttore della trasmissione Big. Mi sono avvicinato a Corrado dicendo: “Io sono quello della Tv dei ragazzi” e lui sorridendo mi ha detto “Lo so, lo so”. Mi ha fatto sentire che facevo parte della stessa famiglia».
Come conduttore ritrovi in te qualcosa di Corrado?
«Noi cinquantenni che facciamo la Tv siamo un po’ figli della precedente generazione. E quindi mi ritrovo a baudeggiare quando conduco il varietà, a essere un po’ Mike Bongiorno quando conduco un quiz. Di Corrado mi dicono che ho il garbo e l’eleganza. Ma le sue facce, le sue espressioni, i suoi controcampi sono irraggiungibili. Io tendo a farmi scappare anche qualche risata mentre Corrado rideva pochissimo e accennava le sue espressioni con una mimica straordinaria».
Da sette anni conduci un programma canoro che è agli antipodi della Corrida, Tale e quale show…
«Sono proprio programmi all’opposto. In Tale e quale ci troviamo di fronte a professionisti famosi che dimostrano il loro talento nell’imitazione. Una formula di successo che riprenderà a settembre per il suo ottavo anno».
Da poco sei tornato a condurre l’Eredità dopo la scomparsa di Fabrizio Frizzi. Che tipo di rapporto avevate?
«Eravamo molto legati e la sua scomparsa mi ha toccato da vicino. È stato un dolore forte che rimarrà sempre nel mio cuore. Da tre anni giocavamo a fare la staffetta all’Eredità. Quando dopo il malore era tornato a condurla per me è stato uno dei giorni più belli. Ma quando ho ripreso io il timone avrei voluto essere in qualsiasi altra parte del mondo. Poi, da professionista, ho messo il pilota automatico e sono andato».
Conduci da anni vari di tipi di programmi. In quale ti senti più a tuo agio?
«Mi adatto a fare tutto, anche se ci sono programmi che non saprei fare, come i reality. Mi diverto molto, soprattutto quando c’è la musica, che fa parte della mia formazione professionale».
Con tutti questi impegni trovi tempo per tua moglie e tuo figlio?
«La maggior parte del tempo è per la famiglia, che è lo spettacolo più bello. Ho fatto tutto “tardino,” matrimonio, figlio, e me la voglio godere. Io faccio la spola tra Roma e Firenze, ma quando Matteo, che ora ha 4 anni, andrà a scuola, voglio essere più stabile a Firenze».
Tu sei molto legato alla tua città…
«Sì, ne sono davvero orgoglioso. Per me Firenze è il centro del mondo, la città più bella. È stato un momento molto significativo quando il sindaco, dopo le presenze record al Mandela forum dello spettacolo con Giorgio Panariello e Leonardo Pieraccioni, entrambi fiorentini come me, ci ha consegnato le chiavi della città».
Com’è andata quella volta che hai incontrato papa Francesco?
«Ero con mia moglie Francesca che era incinta. Il Papa le ha posato le mani sulla pancia per benedirla. Poi ci ha chiesto come lo avremmo chiamato: io tifavo per Lorenzo, già mi immaginavo che sarebbe stato “magnifico”, mia moglie per Matteo, che significa dono di Dio. Ho chiesto al Papa quale preferisse e lui mi ha risposto che erano entrambi dei bei nomi e che avremmo dovuto decidere noi. E ha scelto mia moglie!».
Quanto è importante per te la fede?
«Sono credente, ho avuto una formazione cattolica e sono molto legato a san Francesco e ai frati francescani. Ho un rapporto speciale con Assisi da cui ogni anno conduco Con il cuore, una serata di raccolta fondi per le missioni francescane, che andrà in onda il prossimo 19 giugno. La fede è uno degli insegnamenti più importanti e profondi che mi ha dato la mia mamma. La fede è la risposta alla nostra esistenza».
Foto Iwan Palombi