E' davvero un brivido, inatteso e raggelante, quello che ha attraversato poche ore fa l'intero sport mondiale, e non solo, perché Diego Armando Maradona è stato un personaggio unico, soprattutto per due ragioni. Sul piano sportivo, perché chiunque ha amato il calcio, dagli anni ottanta in poi, ha sognato di diventare un prestigiatore del pallone come lui, dai bambini agli adulti, senza distinzioni di età e provenienza, in un sussulto di solidale ammirazione. Sul piano sociale, perché in Italia una intera città, Napoli, si è immedesimata nel campione, come in un Masaniello moderno, in grado di riscattare decenni di delusioni di ogni genere, anche ben lontane dal contesto del pallone.
Come tanti miti del mondo dello spettacolo, e il calcio ne fa parte,Maradona non è sfuggito al destino, che abbina il genio e la sregolatezza: immenso e dannato. Le eccessive sollecitazioni della vita privata, ben note, lo hanno portato sul ciglio del burrone ad appena 60 anni, pochi giorni dopo il suo compleanno: un gigante di argilla, che sembrava miracolato da un recentissimo intervento chirurgico.
E' una caduta che ferisce-unisce l'umanità intera, vorrei dire misericordiosamente, qualunque sia stato il parere della gente su Diego uomo. In fondo, per trovare concentrate nel giro di pochi minuti le contraddizioni dell'argentino, basta ricordare la partita del gol più bello della storia, ma anche della rete più diabolica di sempre, nei Mondiali 1986, contro l'Inghilterra. Il 22 giugno, a Città del Messico, al 51', il tocco di mano che inganna l'arbitro, scavalca Shilton, e vendica, con una palese scorrettezza, la sconfitta dell'Argentina, proprio contro i britanici, nella guerra per le Malvinas. Quattro minuti dopo, Satana che torna un angelo, vola sull'erba per 50 metri, salta 6 avversari, e deposita la palla in fondo al sacco, cancellando il suo precedente "peccato" con una giocata "divina". Maradona e Pelè, i più grandi: uno 60 anni, e l'altro 80 anni. Eppure, pur avendo giocato in epoche molto diverse, una rivalità accesa. La sorte ha portato Lassù prima il più giovane, di ben 20 anni, quando si sarebbe potuto immaginare il contrario.
E Pelè ha voluto salutare "El pibe de oro" con l'auspicio più bello, per lasciare da parte, almeno nel momento della commozione, qualsiasi ruggine passata: "Un giorno giocheremo insieme in cielo". Nessuno stadio potrà mai ospitare tanta celeste attesa.