Ha ragione Susanna Camusso a definire senza mezzi termini “errore politico” la distinzione tra evasione da sopravvivenza ed evasione da milionari teorizzata da Stefano Fassina, viceministro all’economia. E non ci consola affatto che l’esponente del Pd avesse già detto qualcosa di simile in passato, su giornali e saggi vari. Né ci solleva ricordare che esistono scuole economiche che teorizzano una quota strutturale di evasione fiscale. Spiacenti: quello di Fassina è un errore. Punto. Un Paese che viaggia sui 272 miliardi di euro di sommerso (il 17% del Pil) non è un luogo a cui possono applicarsi categorie di studio, ma strumenti radicali di cura. E l’unico che conosciamo è semplicissimo: l’Italia è un paese che deve imparare a pagare le tasse.
Concedere attenuanti a questo principio cardine di ogni democrazia (pago per avere in cambio un servizio dello Stato) è dare argomenti a chi, in malafede, ha per anni teorizzato in questo Paese l’evasione fiscale come protesta antistatalista o anticentralista e ne ha fatto argomento elettorale. O – di solito a destra - ha costruito straordinarie “rimonte” dando voce alla legittima insofferenza di chi – piccolo imprenditore, artigiano, esponente del famoso “popolo delle partite Iva” - sente su di sé una pressione fiscale ai limiti dello strozzinaggio .
Perché è certamente vero che gli italiani sono “tartassati” in senso letterale. La pressione fiscale è al 54% , la più alta nei Paesi Ocse, più di Messico, Spagna, Regno Unito. Più di tutti. Ma la risposta non è “evadere”, scorciatoia fin troppo facile e amorale, bensì far pagare tutti. Diciamo meglio: pagare tutti per pagare meno. Ogni altra via apre al compromesso, ed equivale a prendere in giro proprio quel popolo di tartassati che a parole si dice di voler difendere. Non solo: significa anche fare un errore economico oltre che etico, perché non pagare vuol dire fare concorrenza sleale a chi paga, significa innescare il doppio binario dei furbi e degli onesti, equivale a spaccare il Paese in due e portare al ribasso l’asticella della morale pubblica e della stessa economia.
Crediamo invece che l’unica strada sia una seria, autentica, sistematica, coraggiosa lotta all’evasione. Che porti frutti proprio al popolo dei tartassati. L’idea del Governo di destinare i 13 miliardi recuperati nel 2013 proprio ad alleggerire la pressione fiscale ci sembra un passo concreto ed efficace. Per far capire ai cittadini che la parola fisco deve significare come avviene in alcune lingue nordiche Casa comune. Si versa – non troppo perché versano tutti - e vi si attinge il necessario per avere i giusti servizi.