Il 45º presidente degli Stati Uniti è Donald Trump. Al termine di un lungo testa a testa con la rivale democratica Hillary Clinton, quando in Italia erano quasi le 9 del mattino, Trump si è presentato davanti ai suoi sostenitori per il discorso della vittoria. Hillary Clinton gli aveva telefonato pochi minuti prima per concedere la vittoria, un gesto di cortesia che di solito avviene in ogni elezione presidenziale. Ma Hillary Clinton, per ora, non si presenta davanti ai suoi costernati sostenitori. La sconfitta è bruciante, non solo per lei, ma anche per Barack Obama, che tanto si è speso, fino all’ultimo giorno utile, per sostenere la candidata del partito democratico.
Donald Trump si è presentato davanti ai suoi fans circondato dai familiari e dai numerosi collaboratori. Il nuovo presidente (abito scuro e cravatta rossa) è apparso sobrio, controllato, anche emozionato. In qualche modo, già presidenziale. Forse per la prima volta nel corso della lunga campagna elettorale, Trump non ha rivolto accuse e insulti. “Hillary ha lavorato sodo e le dobbiamo una enorme gratitudine”, ha detto il vincitore e nella grande sala è risuonato un applauso.
Trump ha promesso di essere il presidente di tutti gli americani. “Dobbiamo rompere le divisioni e tornare ad essere uniti”, ha aggiunto. Il nuovo presidente ha ripetuto i temi cari della sua campagna elettorale, sintetizzabili in alcuni slogan: facciamo rinascere il sogno americano, il nostro paese non sarà secondo a nessuno, avremo l’economia più forte del mondo, cercheremo di andare d’accordo con tutti gli altri grandi paesi del mondo, non ci sono sogni troppo grandi, dobbiamo riprendere in mano il destino del nostro paese.
Questo è il messaggio di Trump che ha fatto breccia nell’America profonda, soprattutto l’America dei bianchi, della classe media, di coloro che in questi anni hanno potuto maggiormente la crisi economica e sociale. La sconfitta di Hillary Clinton, come scrive in queste ore il New York Times, è un “clamoroso ripudio dell’establishment”, cioè dei poteri forti, di una classe politica da decenni sulla scena, pronta a troppi compromessi. Gli elettori non hanno perdonato alla Clinton gli scandali a cui legato il suo nome, in particolare quelli relativi ai finanziamenti della sua Fondazione e l’uso di un server privato per gestire la posta elettronica quando Hillary era Segretario di Stato. È stata rigettata anche la tendenza dinastica della politica americana, che dopo aver portato alla Casa Bianca un padre e un figlio (i Bush) rischiava di portare al potere anche una ex first lady. L’unica vera novità di una presidenza di Hillary Clinton sarebbe stata solo il suo essere donna. Per il resto, nulla di nuovo.
Lo shock per la vittoria di Trump è enorme. La stampa mondiale la paragona a un terremoto e a un altro evento traumatico di questi mesi: Brexit. “Il mondo è stupefatto”, titola il Guardian. Quando nel settembre del 2015 il settimanale britannico The Economist mise in copertina l’immagine di un elicottero che depositava sul tetto della Casa Bianca la bizzarra e discussa capigliatura di Trump pochi potevano immaginare che quel fotomontaggio scherzoso sarebbe diventato realtà.
Per la Clinton si erano schierati, come forse non era mai accaduto in passato, i principali organi di informazione degli Stati Uniti. In prima fila il New York Times. Oggi, sullo stesso giornale, il saggista e premio Nobel per l’Economia Paul Krugman, constata sconsolato: “Questa notte abbiamo scoperto un paese che non conoscevamo”.
Forse bisognerà prendere atto che oggi le opinioni dei giornali contano pochissimo, forse nulla. Anche perché sono sempre meno coloro che li leggono. Gli elettori decidono con la loro testa (in molti casi anche con la loro pancia), senza farsi condizionare dagli editorialisti. Anche i sondaggi sono stati smentiti, confermando una tendenza ormai diffusa non soltanto negli Stati Uniti. Forse molti degli intervistati in questi giorni non hanno voluto ammettere di aver votato Trump. Altre considerazioni di questi ultimi giorni sono state ampiamente smentite. Le lunghe file ai seggi degli ispanici sembravano di buon auspicio per la Clinton, ma poi ci si è dimenticati che in Florida gli elettori bianchi sono maggioranza e i cubani naturalizzati non hanno certo apprezzato il disgelo fra Obama e la Cuba.
Tra i primi telegrammi di felicitazioni giunti a Trump c’è quello del presidente russo Vladimir Putin, un leader con cui Trump sembra moto in sintonia. I mercati hanno reagito alla vittoria di Trump con cali vistosi. Cala anche il valore del peso, la valuta messicana, rispetto al dollaro. Ci vorrà molto tempo per assorbire lo shock della vittoria di Trump. La campagna elettorale è stata aspra, brutta, sporca e cattiva. Ha diviso profondamente la società americana e rimettere insieme i cocci non sarà facile. Intanto il mondo comincia a prendere le misure del nuovo inquilino della Casa Bianca. Lui e la moglie Melania ne prenderanno possesso il prossimo 20 gennaio. Obama e Michelle si aspettavano un finale diverso. Saranno i protagonisti e al tempo stesso i meno convinti spettatori del passaggio dei poteri.