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sabato 21 settembre 2024
 
Il futuro del lavoro
 

Casa, città, ambiente: così lo smart working ci cambierà la vita

25/09/2020  Niente scrivanie personali, nuovi rapporti tra colleghi, risparmi per l’azienda e per i dipendenti. Ma le incognite e i pericoli sono in agguato

È la nuova frontiera del lavoro, croce e delizia di dipendenti e imprenditori. Stiamo parlando dello smart working, che in italiano traduciamo con “lavoro agile”, quel complesso mix flessibile che si svolge tra casa e ufficio. Durante la pandemia è arrivato a coinvolgere potenzialmente otto milioni di italiani, anche se nella maggior parte dei casi si trattava di semplice tele-lavoro (home working, il lavoro da casa). Come tutte le innovazioni, ha i suoi pregi e i suoi difetti. Svegliarsi al mattino e raggiungere la “sede” accendendo il computer mentre si sorseggia il primo caffè a casa, non ha prezzo. Ma una riunione in sede in cui ci si guarda negli occhi, ci si scambiano idee sul momento e si intereagisce, è molto più “produttiva” e soprattutto meno alienante . Inoltre questa nuova forma di organizzazione aziendale è piuttosto “disaggregante” in termini sociali e sindacali: la coesione viene meno, si comunica poco, se un collega subisce discriminazioni lo veniamo a sapere molto tempo dopo o addirittura non lo veniamo a sapere, i contratti di lavoro rischiano di divenire sempre più deboli e con meno tutele: da dipendente a collaboratore o consulente. Insomma: si ha meno l’impressione di far parte di una comunità di lavoro. In realtà stiamo parlando di una grande, complessa, gigantesca sfida di sostenibilità per costruire un mondo migliore.

Una sfida basata essenzialmente sul rapporto di sfiducia tra lavoratore e datore di lavoro, come scrive Marco Bentivogli nel suo saggio dedicato allo smart working (si intitola Indipendenti, edito da Rubbettino). Scrive Bentivogli che quella in atto è una vera e propria rivoluzione dove libertà e autonomia prendono il posto della cultura del controllo, «un processo di innovazione dell’impresa e dell’organizzazione del lavoro, delle città, della vita, un cambiamento culturale prima che organizzativo».

Anche i manager devono cambiare il loro stile di lavoro. «È proprio in questi periodi che i dirigenti devono mostrarsi autentici e dare spazio a creatività e innovazione», spiega Nicola Spagnuolo, direttore del Centro di formazione e management del terziario di Milano. «I manager sono in prima linea per innescare questo processo di cambiamento, sperimentando nuove forme di gestione del business e dei collaboratori ».

Una delle sfide principali sarà proprio trasformare l’home working in smart working, con notevoli cambiamenti nella domotica, nel modo di vivere e lavorare e persino negli arredamenti aziendali. Vi ricordate gli uffici anni ‘80 di Fantozzi? Avevano tutti lampada e scrivania, che si allargava a seconda della gerarchia, dal capufficio fino alla poltrona dell’amministratore delegato (con poltrona “in pelle umana”). Con lo smart working va tutto in soffitta, sostituito da ambienti comuni e intercambiabili, dove posare all’occorrenza il proprio personal computer, allacciarlo alla wi-fi di Internet e lavorare in questo modo quando non si sta a casa. I grandi gruppi assicurativi e le grandi banche lo stanno già applicando. Nel nuovo grattacielo milanese della Pwc disegnato da Daniel Libeskind, ad esempio, tutti i dipendenti lavoreranno in spazi confortevoli ma senza postazioni dedicate e persino l’amministratore delegato, “il grande capo”, in sua assenza, lascerà aperti i suoi locali per le riunioni.

Esistono poi degli atelier, ossia gli spazi trasparenti disegnati per un lavoro individuale di breve durata e dei creative garden, dei “giardini creativi” pensati per le attività di collaborazione come le riunioni e i colloqui.

Il grattacielo Unicredit, sempre a Milano, dispone persino di asili nido attrezzati per i fgli di dipendenti. Anche questo è smart working. Una rivoluzione, insomma, che per il professionista, che magari è pendolare, ha famiglia ed è legato da particolari incombenze sul territorio, è vista come un deciso miglioramento della qualità della vita. Le ripercussioni sono tante: ci si sposterà dai grandi centri nei Comuni più piccoli dove il costo delle case (e della vita) è meno caro. Si risparmierà su benzina, biglietto del treno e del tram, caffè, ristorante, perfino sul vestiario (in casa non ci si mette in giacca e cravatta). Si parla di un risparmio complessivo di 4-5 mila euro l’anno.

Ma dopo un po’ ci si renderà conto che non è tutto oro quello che luccica. Bisognerà essere casalinghi per forza, nolenti o volenti, si scoprirà l’altra faccia della medaglia che è la “coercizione”, l’alienazione. Ci mancherà la pausa caffè coi colleghi, il chiacchiericcio della pausa pranzo, l’incontro con il compagno di viaggio sul treno dei pendolari. A quel punto la casa può diventare una gabbia.

«Lavoriamo meno e non lasciamoci affascinare da tutte queste ore lavorative, pure di notte, come conseguenza anche dello smart working», sottolinea l’imprenditore Brunello Cucinelli. «Può capitare di controllare mail di lavoro e notifiche sui dispositivi anche nel tempo libero», commenta Bentivogli. «Se, però, diventa un’abitudine o, peggio, un obbligo, allora si rischia di non “staccare” mai lasciando che lo spazio professionale invada quasi completamente quello della vita privata».

Serve porre dei limiti temporali. In effetti, il “diritto alla disconnessione” è sancito per legge (la 81/2017), ma è bene che queste fasce siano definite negli accordi aziendali. Come spiega il sociologo Franco Amicucci, a capo della società di formazione a distanza Skilla, «un processo di innovazione così rapido può generare benefici, ma anche creare disorientamento, indebolire le raggiunte e mettere in discussione i modelli di appartenenza sociale e familiare».

E il rischio di “imboscarsi”, come facevano i personaggi fantozziani? «Innanzitutto uno scalda-sedia è meno costoso a casa che in ufficio», conclude Bentivogli. «In azienda uno scalda-sedia spesso disturba chi lavora sul serio e condiziona l’organizzazione del lavoro facendo perdere tempo. Spesso tempesta tutti di mail e messaggi inutili per mascherare un lavoro che non fa». Papa Francesco ha scritto nella Evangelii Gaudium: «Il tempo è superiore allo spazio», specificando che è necessario «privilegiare le azioni che generano nuovi dinamismi nella società e coinvolgono altre persone e gruppi che le porteranno avanti». È la sfida che ci attende con lo smart working.

Il libro di Marco Bentivogli sullo smart-working su SanPaoloStore.it

Indipendenti. Guida allo smart working

Durante la pandemia lo smart working è arrivato a coinvolgere più di 6 milioni di lavoratori.  Questa guida pratica offre un percorso per realizzarlo nelle organizzazioni e indicazioni utili per regolare meglio diritti e doveri dello smart worker

 
 
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