La casa di via D'Azeglio di Lucio Dalla.
La casa di Lucio Dalla è un patrimonio di tutti e un pezzo di storia del costume del nostro Paese. E quindi non si tocca. L’ha anticipato con un tweet il ministro per la Cultura Dario Franceschini e l’ha confermato l’architetto Carla di Francesco, a capo della Direzione Regionale del ministero dei Beni culturali dell’Emilia Romagna.
Sono state avviate le procedure per sottoporre a vincolo la collezione della sua casa di Via D’ Azeglio a Bologna. Oggetti, opere d’arte, strumenti, fotografie: un patrimonio di valore inestimabile, che sarà censito e inventariato. Le opere potranno essere prestate per mostre ed eventi, col placet del ministero, ma non potranno in nessun caso essere vendute.
Meglio tardi che mai. Sono passati due anni dalla morte di Lucio Dalla, mancato il 1 marzo del 2012 a pochi giorni dal sessantanovesimo compleanno. Una data consegnata alla storia proprio da lui, con la celeberrima 4 marzo 1943, conosciuta anche come Gesù Bambino. L’artista è morto senza lasciare un testamento e l’eredità - si parla di oltre 100 milioni di euro - è andata ai cugini di secondo e terzo grado. Escluso senza troppi complimenti Marco Alemanno, che con Dalla aveva diviso la vita negli ultimi otto anni.
Gli eredi hanno già messo in vendita, tramite asta, una parte consistente del suo patrimonio. Due appartamenti nello storico palazzo di via D’Azeglio, interamente di proprietà dell’artista, la barca Brilli e Billy (così battezzata dal nome dei suoi cani) con annesso studio di registrazione, e la villa di Catania dove Dalla produceva il suo vino, “Lo stronzetto dell’Etna”. L’asta si è chiusa a fine settembre. La barca se l’è aggiudicata un fan di Napoli, gli appartamenti e la villa sono rimasti invenduti.
A questo punto gli eredi si sono detti “perplessi”, forse preoccupati che il vincolo non renda ancora più difficile la vendita. “Non abbiamo mai avuto l’intenzione di vendere il piano nobile del palazzo di Bologna”, hanno affermato.
Proprio il piano nobile del palazzo di via d’Azeglio, a due passi da Piazza Maggiore, dovrebbe essere trasformato in casa museo e ospitare la sede della Fondazione costituita il marzo scorso, con un consiglio direttivo composto dagli stessi cugini.
Dalla aveva più volte parlato della sua intenzione di dar vita a una fondazione al servizio della città e dei giovani, una fucina di talenti nel cuore di Bologna. Gli eredi sostengono che il loro impegno sta andando proprio in questa direzione e che parte dei proventi delle aste servirà per finanziare le attività della Fondazione.
Polemiche a parte, il vincolo annunciato appare come un atto dovuto per quanto tardivo.
La casa di via d’ Azeglio infatti è molto più di una casa museo. E’ una casa d’artista, la proiezione del suo immaginario di poeta e di musicista. E non ci sono dubbi che l’autore di Piazza Grande fosse un poeta e un musicista vero. Dispiace che in tutta questa vicenda ancora non si sia sentita la voce del Comune di Bologna. Perché se è vero che Dalla è un patrimonio di tutti, lo è in primo luogo per la sua città, che avrebbe tutto l’interesse, ma anche il dovere, di prendersene cura in prima persona.