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martedì 08 ottobre 2024
 
 

Caselli-De Luca, polemica sulla violenza "giusta"

08/11/2013  Caselli lascia Magistratura democratica, "colpa" di uno scritto di Erri De Luca ospitato - con presa di distanza - sull'agendina della "corrente" che Caselli ha contribuito a fondare. C'è di mezzo un'idea di giustizia.

Può un gruppo di magistrati che si chiama Magistratura democratica censurare un autore dopo averlo invitato a scrivere un contributo per la propria agendina 2014, senza mettere in discussione l’articolo 21 della Costituzione? Anche se quell’autore, in quello scritto, definisce il terrorismo degli anni Settanta «guerra civile di bassa intensità con migliaia di detenuti politici»?  

Può un magistrato, che quella guerra – con centinaia di morti e migliaia di feriti – chiama terrorismo avendola combattuta con la sola arma dei codici dalla parte dello Stato, continuare a riconoscersi in quel gruppo, che pur prendendo le distanze dallo scritto non rinuncia ad ospitarlo?  

L’autore è Erri De Luca, che non rifiuta la violenza anzi l’ammanta di giustizia se dietro di essa riconosce una causa che ritiene giusta in sé. Lo scrive a proposito degli anni di piombo, in cui era capo del servizio d’ordine di Lotta continua. E l’ha ripetuto, recentemente, a proposito del presente in Valsusa, dove gli albergatori che danno alloggio alle forze dell’ordine ricevono lettere anonime che li accusano di essere “servitori dello Stato”, come se fosse un insulto.  

Il magistrato, dimessosi da Magistratura democratica dopo la pubblicazione dello scritto di De Luca, è Giancarlo Caselli, che oggi indaga sulla frangia violenta in Valsusa come ieri indagava sulle Br. Dalla sua parte, ieri, c’erano Carlo Alberto Dalla Chiesa, Guido Galli, Emilio Alessandrini, Luigi Calabresi. Servitori dello Stato appunto, fino alla morte.  

Se manomettere l’espressione “servitore dello stato” piegandola a sinonimo di “servo del sistema” sa tanto d’ignoranza, De Luca è scrittore coltissimo e raffinato: quando scrivendo giustifica le armi sa quel che fa. Forse Magistratura democratica, - che pure ha dimostrato di saper affrontare al suo interno dibattiti seri, una capacità che chi la denigra a sproposito strumentalmente rimuove - doveva pensarci due volte prima di invitare a scrivere De Luca. Per non doversi porre il problema di «censurare un artista». Si sarebbe dovuto prevedere, anche solo per non prestare il fianco a strumentalizzazioni, il rischio che le parole di De Luca suonassero come pietre tirate sulla toga di chi faceva negli anni Settanta, non senza costi, il proprio dovere per contrastare la violenza che lo scritto di fatto difende.  

Ridurre la faccenda a una questione personale Caselli vs De Luca, pare semplicistico e ingeneroso, perché di mezzo ci sono problematiche più larghe e profonde. Le toghe adagiate sulle bare e l’idea di giustizia che si dà: un’idea che, venendo da magistrati, non può ospitare ambiguità, ancorché esterne e accompagnate da prese di distanza, senza dar adito a confusioni. Un’idea che non può far coabitare, senza generare equivoci, la parte di Guido Galli, magistrato, morto ammazzato da Prima Linea e la parte, ideale e materiale, di chi gli ha sparato.  

Ps. Conosciamo le obiezioni di chi dirà che i magistrati non devono riunirsi in correnti o in altri modi, né dire la loro. Obiezione respinta: un magistrato che non voglia adagiarsi in un ruolo da burocrate non può smettere mai di interrogarsi sul senso del rendere giustizia, l’importante è che lo faccia come se avesse sempre una toga trasparente sulle spalle.  

Scarica il testo di Erri De Luca e la dissociazione di Md.

 
 
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