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martedì 10 settembre 2024
 
Csm
 

Caso Palamara, lo sconcerto di Mattarella

30/05/2020  Il presidente della Repubblica non interviene sul contenuto dell'inchiesta in corso, ma esprime la sua disapprovazione per la grave commistione che emerge tra magistratura e politica. No allo scioglimento del Csm. Per il Quirinale è il Parlamento che, nel rispetto dell'autonomia dei giudici, deve approvare la riforma.

«Grave sconcerto e riprovazione per quanto emerso», per la «degenerazione del sistema correntizio e l’inammissibile commistione fra politici e magistrati». Sergio Mattarella intervenie nuovamente, con una nota, sul caso Palamara dopo averlo già fatto lo scorso anno nella stessa sede del Consiglio superiore della magistratura.

Oggi come allora, il Presidente della Repubblica, che, proprio in quanto tale presiede il Csm, sollecita «modifiche normative di legge e di regolamenti interni per impedire un costume inaccettabile quale quello che si è manifestato». Non spetta però a lui, e lo sottolinea in punta di diritto, sciogliere il plenum. « Per quanto superfluo», scrive nella nota il Quirinale, «va, peraltro, chiarito che il Presidente della Repubblica si muove - e deve muoversi - nell’ambito dei compiti e secondo le regole previste dalla Costituzione e dalla legge e non può sciogliere il Consiglio Superiore della Magistratura in base a una propria valutazione discrezionale», ma solo ove venisse meno il numero legale dei suoi componenti o in presenza di una oggettiva impossibilità di funzionamento.  Ma non è questo il caso visto che l’organo di autogoverno dei magistrati, in parte rinnovatosi, è regolarmente impegnato «nello svolgimento della sua attività istituzionale».  

Non solo, uno scioglimento del Csm in questa fase porterebbe anche a rallentare i procedimenti disciplinari che sono in corso proprio contro i magistrati interessati dalle accuse. Un rallentamento dai tempi imprecisati che metterebbe concretamente a rischio la loro conclusione nei tempi previsti dalla legge.

Piuttosto Mattarella torna ad augurarsi che sia il Parlamento ad approvare una «adeguata legge di riforma delle regole di formazione» dell’organismo. «Una riforma che contribuisca – unitamente al fondamentale e decisivo piano dei comportamenti individuali – a restituire appieno all’Ordine Giudiziario il prestigio e la credibilità incrinati da quanto appare, salvaguardando l’indispensabile valore dell’indipendenza della Magistratura, principio base della nostra Costituzione». E su questo sì, ci sarà l’occhio vigile di Mattarella quando sarà chiamato a promulgare le iniziative legislative che il Parlamento porterà a compimento. «Governo e Gruppi parlamentari hanno annunziato iniziative in tal senso», ricorda ancora la nota e «risulterebbe improprio un messaggio del Presidente della Repubblica al Parlamento per sollecitare iniziative legislative annunciate come imminenti».

Infine nessun commento sui contenuti delle intercettate affermazioni di magistrati contro singoli politici visto che «per quanto gravi e inaccettabili possano essere considerate» su di esse è in corso «un procedimento penale e diversi procedimenti disciplinari e qualunque valutazione da parte del Presidente della Repubblica potrebbe essere strumentalmente interpretata come una pressione del Quirinale su chi è chiamato a giudicare in sede penale o in sede disciplinare: la giustizia deve fare il suo corso attraverso gli organi e secondo le regole indicate dalla Costituzione e dalle leggi».

 
 
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