(Sopra: Alfred Bosch in una foto tratta dal suo profilo Facebook. In copertina, foto Reuters: una bandiera catalana davanti alla sede della Commissione europea a Bruxelles il 12 febbraio, giorno dell'inizio del processo ai separatisti)
Crisi nera per la Spagna. Il premier socialista Pedro Sánchez ha deciso che gli spagnoli voteranno alle elezioni anticipate il 28 aprile. Ad affossare l'esecutivo del premier socialista la bocciatura da parte del Parlamento dei Presupuestos, la legge finanziaria. Un fatto clamoroso, perché è la seconda volta che succede nella storia democratica della Spagna: la prima era stata nel 1995, durante il Governo di Felipe González.
I partiti indipendentisti catalani hanno votato no alla legge come risposta chiara e netta alla chiusura dei negoziati sull'indipendenza della Catalogna da parte del presidente del Governo che, dopo essersi dimostrato aperto al dialogo all'inizio del suo mandato solo pochi mesi fa (giugno 2018), ha poi fatto ben poche concessioni alle richieste del Governo della Catalogna. Così, l'irrisolta questione dell'indipendentismo catalano si lega alla crisi politica nazionale. Pochi giorni fa, a Madrid è cominciato il processo ai dodici leader separatisti, membri del Governo catalano e attivisti politici - nove dei quali in carcere - accusati di disobbedienza allo Stato spagnolo e ribellione per l'organizzazione del referendum del 1° ottobre 2017 sull'autonomia della Catalogna, giudicato incostituzionale dall'allora Governo Rajoy (per la cronaca, l'affluenza è stata del 43% e il 90% dei votanti si è espresso a favore del sì, in una giornata elettorale segnata da momenti di forte tensione ed episodi violenti ai seggi da parte della forze di polizia per impedire le operazioni di voto). L'ex presidente Carles Puigdemont si trova tuttora in esilio in Belgio: raggiunto da un mandato di arresto europeo emanato dalla Spagna mentre si trovava in Germania, è stato rimesso in libertà dalla giustizia tedesca che ha annullato il mandato.
"Lo Stato si sta vendicando di un modo di pensare scomodo, attaccando un movimento che è sempre stato pacifico e saldo nella sua risoluzione, che invoca una nuova Catalogna, Stato europeo". Questo processo «è una vendetta supportata dallo Stato che mira ad attaccare l'indipendentismo catalano». Con queste parole, espresse in un comunitato, Alfred Bosch, giornalista, scrittore, attuale conseller (consigliere, ovvero responsabile) degli Affari esteri all'interno del Governo catalano, ha commentato l'inizio del procedimento giudiziario contro gli indipendentisti.
«Parlo di giudizio politico, perché ci troviamo di fronte a un problema che va risolto prima di tutto sul terreno della politica», spiega Bosch, raggiunto al telefono a Barcellona. «Si tratta di un disaccordo sull'organizzazione di una votazione. A noi appare chiarissimo che indire una votazione non è affatto un crimine, al contrario è un diritto. Questo processo non solo non risolverà niente, ma renderà ancora più aspro lo scontro e renderà più difficile il dialogo tra fazioni opposte, un confronto necessario se si vuole raggiungere una soluzione democratica. La via giudiziaria a mio avviso è un grande errore storico, che complicherà il dialogo politico». Un errore fin dal principio, secondo il conseller, a partire dalle accuse: «Gli imputati sono giudicati per sedizione ribellione, ma da parte degli organizzatori non c'è stato alcun atto di violenza. Al contrario, le violenze le hanno compiute gli agenti di polizia spagnoli».
E a proposito della crisi del Governo Sánchez e delle elezioni anticipate, Bosch osserva: «Il premier all'inizio è si è dimostrato aperto al dialogo, ma solo a parole, perché poi ha chiuso il tavolo dei negoziati. Vorrei chiarire che noi non siamo contro Sánchez, è diventato primo ministro anche grazie nostro voto. Quello a cui ci opponiamo è che venga alimentata una speranza e che poi lo stesso Governo spagnolo blocchi questa speranza chiudendo il dialogo e accusandoci di voler favorire l'estrema destra. Tutto questo non è giusto. La decisione di convocare elezioni anticipate è stata di Sánchez, solo il premier ha questo potere e noi non abbiamo alcuna colpa. Lui aveva altre opzioni, ad esempio quella di riaprire il confronto. Ma evidentemente ha fatto i suoi calcoli politici e ha pensato che indire le elezioni era l'opzione che gli conveniva di più in questo momento».
Presto Bosch comincerà un tour nelle capitali europee per spiegare le ragioni dell'indipendentismo. Ciò che il Governo catalano chiede è una via democratica, senza strappi né azioni di intolleranza e radicalismo. «La maggioranza della società catalana, circa l'80%, chiede semplicemente di andare a votare e poter decidere per il suo futuro, con senso civico. La via catalana è sempre stata partitica, democratica, molto europeista, ha sempre rifiutato qualunque forma di xenofobia e di esclusione. I nostri avversari sono la destra e l'estrema destra spagnole. Noi difendiamo la democrazia, un'Europa libera e giusta».