Catanzaro sta vivendo una delicata fase di transizione, aggravata dalla mancata ‘ricucitura’ tra le sue diverse anime: il centro storico sempre più svuotato di abitanti e di occasioni di impresa; un quartiere marinaro che sta perdendo la sfida dello sviluppo turistico con l'aggravarsi delle condizioni di ‘movida’ giovanile, la periferia sempre più slegata dal centro, il sud alle prese con forti fenomeni di degrado sociale e di delinquenza organizzata”. A parlare è l’arcivescovo di Catanzaro-Squillace, monsignor Vincenzo Bertolone, nella festa patronale del capoluogo calabrese, San Vitaliano, celebrata ieri alla presenza anche del sindaco. L’emergenza di questi mesi ha creato “tante nuove fasce di povertà, aggravando la crisi della città che da anni ha un difficile quadro sociale ed economico facendole perdere la sua antica identità di centro vitale animata da tante intelligenze di una borghesia illuminata e di un ceto artigiano e produttivo di grande vivacità urbana”, ha detto il presule evidenziando che Catanzaro sta uscendo con “difficoltà” dall'emergenza coronavirus, che per intercessione dell'Immacolata, subito implorata perché preservasse la città “come fece durante la peste del XVII secolo”.
A Catanzaro oggi serve – è “lodevole sapere che abbiamo una Amministrazione sana e senza debiti, che é una condizione essenziale in un contesto di Enti locali alle prese con il dissesto finanziario e con il dramma dei rifiuti urbani, che per fortuna non toccano il capoluogo grazie alla guida oculata dell'amministrazione locale” - un “grande progetto” di sviluppo della Città, la “riscoperta di una identità perduta”, un “grande processo di aggregazione delle migliori risorse della Città per costruire un progetto di rinascita della Città su obiettivi strategici di rigenerazione urbana”. Questo mettendo a “regime le sue potenzialità attuali” mettendo a frutto la capacità delle forze migliori della città, “superando le attuali divisioni e le differenze politiche che rischiano di far degradare definitivamente le condizioni della Città, di uscire dall'isolamento e dalla diffidenza verso il bene pubblico, di superare le logiche familistiche e clientelari, per porsi al servizio di un progetto di sviluppo”.
Monsignor Bertolone si è quindi rivolto da “fratello a fratello” a San Vitaliano partendo dalla vita tribolata del vescovo falsamente accusato, oggetto di calunnie e di volgarità. I suoi cittadini lo legarono in un sacco di cuoio e lo gettarono nel fiume Garigliano. “Ora uno come te, che ha vissuto momenti così terribili, potrà ben capire bene l’animo di questo tuo collega e di noi tutti, figli del 2020, ricordato come quello della pandemia mondiale. Siamo perseguitati da nemici invisibili, da creaturine piccole (virus coronati), pronti a saltare da specie a specie, per insinuarsi in noi, contagiarci, snaturando lo stato ordinario di salute, a volte travolgendoci fino a farci morire e quel che è più brutto, senza neppure la carezza di un familiare e la benedizione di un sacerdote. Quant’è dura, quant’è buia talvolta, l’esistenza. Ancora più buia quando, come nel nostro caso, il nemico -invisibile-, vuole soltanto il nostro male, vuole distruggerci e basta”. Viviamo un presente “eccezionale” e “nessuno dei nostri vecchi ne ricorda uno analogo. Qualcuno ha detto che è in corso una ‘guerra senz’armi’, ma le tue sacre reliquie stanno lì a ricordare a tutti il valore della memoria”. Nella pandemia che ancora viviamo si è condiviso un po’ di pane per distribuirlo ai più poveri: “ma quanti nuovi poveri, quanti invisibili sono andati ad infoltire la già vasta schiera di gente senza niente… E adesso, dopo i ‘cento giorni’ di covid-19, senza lavoro, senza l’opportunità di ‘denaro fresco’ per riavviare le attività, o riformulare il ciclo produttivo?”, si è chiesto: “chi ha il potere economico, finanziario e politico deve ascoltare il ‘grido’ che viene da tanti strati sociali. Ma tutti dobbiamo ascoltare anche te, al cui ‘patrocinio’ siamo affidati”.
“Aiutaci a trovare il ‘valore aggiunto per il Sud e la nostra Calabria, terra a vocazione storico-culturale, filosofica, turistica, agroalimentare, ambientale”, è stata la preghiera dell’arcivescovo calabrese.