Un lavoro di due anni, 20 sigle associative, un portale appena partito, www.c3dem.it. I cattolici democratici provano a ridare fiato alla tradizione che ha fatto da spina dorsale alla crescita del Paese. Da Dossetti a Moro fino a Lazzati e a Scoppola non sono pochi i nomi che sono risuonati nell'aula della Domus pacis, a Roma, scelta per i lavori del convegno dal titolo I cattolici democratici nell’attuale stagione politica ed ecclesiale.
«C’è bisogno di un nuovo protagonismo dei credenti adulti», ha spiegato il professor Luciano Caimi, professore di di Storia della pedagogia e dell'educazione nell'Università cattolica e presidente di Città dell’uomo, introducendo i lavori. «Credenti adulti che, come tali, sono consapevoli di doversi assumere la propria autonoma responsabilità in campo politico fuori da tentazioni demiurgiche. Di fronte a un Paese sfibrato c’è la tentazione di atteggiarsi a salvatori della patria. I cattolici in politica hanno un ruolo importante», ha sottolineato Caimi, «ma sarà bene che, vincendo la tentazione di addossare la colpa agli altri, anch’essi provino, preciso: che anche noi proviamo a interrogarci sulla nostra responsabilità riflettendo sulle opzioni degli ultimi venti anni».
Il convegno, al quale hanno partecipato anche lo storico Francesco Traniello, dell’Università di Torino, e monsignor Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo, ha voluto «essere occasione di riflessione e confronto», hanno precisato gli organizzatori. «Non ci sono messaggi roboanti a uso e consumo dei media, non ci sono stati effetti speciali, ma solo l’intento di aggiornare un messaggio che non ha smesso di essere fecondo per il Paese. Non a caso il portale richiama le tre c di Costituzione, concilio e cittadinanza. Parole che costituiscono l’ossatura e l’orizzonte del nostro impegno».
L'evento, svoltosi sabato 26 maggio, ha registrato anche il confronto fra i cattolici impegnati in politica: Rosy Bindi, Dario Franceschini, Giuseppe Fioroni, Bruno Tabacci.
«Speriamo che ci sia un risveglio dei cattolici. Mi sembra che nell’aria ci sia qualcosa, mi pare che ci si cominci a muovere su diversi fronti e che si registri una volontà di esserci nell’attuale momento del Paese». Monsignor Domenico Mogavero ha aperto i lavori con una relazione sul tema I cattolici in politica fra unità e pluralismo, profili teologico-ecclesiali. Parlando con FamigliaCristiana.it a margine del convegno ha insistito «sull’importanza di queste iniziative».
Sabato 26 maggio 2012 i cattolico democratici, lunedì 28 maggio il manifesto di Todi 2. C’è un grande fermento...
«Tutto ciò mi sembra positivo e spero renda bene l’idea che questo mondo cattolico non è impermeabile agli influssi che i diversi spunti di carattere culturale e politico suggeriscono. È un mondo che si muove anche se, forse, in questo momento senza una prospettiva e un obiettivo precisi. Probabilmente bisognerà affinare la ricerca e anche la collaborazione non tanto per coagulare tutte le forze e tutte le risorse attorno a un progetto preciso, ma perlomeno per trovare dei filoni nei quali si possa cogliere una ispirazione cristiana, delle possibilità di apporto concreto da dare alla situazione italiana. In ogni caso, si presenta un’immagine di mondo cattolico capace di esprimere la pluralità e la ricchezza dei fermenti che lo vivificano».
L’assemblea della Cei si è appena conclusa. All’ordine del giorno soprattutto l’attenzione agli adulti e all’impegno di questi nelle realtà ecclesiali e sociali. Perché questa scelta in questo momento?
«Perché il mondo degli adulti, per certi versi, può sembrare un mondo già acquisito e tranquillo e, invece porta il peso di una realtà che in questo momento è assai problematica. Le difficoltà dell’oggi ricadono interamente sulle loro spalle visto che i giovani non hanno né sbocchi né protagonismo. Gli adulti, perciò, sono quelli che si trovano a sopportare i disagi maggiori di una situazione in evoluzione. A loro chiediamo responsabilità e impegno, però vogliamo anche affiancarli con un sostegno di carattere formativo, qualificando la loro partecipazione ecclesiale. Solo così essi potranno dare alla società, alla politica, alla Chiesa un apporto che sia proporzionato alla maturità nella fede che dovrebbero possedere, affinandola sempre di più».
In questi giorni è risuonato il richiamo alla figura di Giuseppe Toniolo, da poco beatificato. È un punto di riferimento anche per l’impegno in politica?
«Credo che Toniolo sia stato un grandissimo anticipatore di taluni fermenti che oggi tornano a manifestarsi. La sua lezione è da prendere con grande attenzione perché lui è stato iniziatore di un discorso che attinge ispirazione dalla dottrina sociale della Chiesa e che, nello stesso tempo, valorizza le professionalità e le competenze nella prospettiva di laici protagonisti nella Chiesa e nel mondo. Non è un caso che il cardinale Angelo Bagnasco abbia ampiamente citato la sua figura anche nella prolusione alla nostra Assemblea della Cei».
«Dico no a qualsiasi tentativo di modificare la Costituzione in senso presidenzialista. Possiamo solo cambiare la legge elettorale per consentire ai cittadini di scegliersi il Parlamento, che è l'unica cosa che ci stanno chiedendo. Berlusconi non meni il can per l'aia». Rosy Bindi è determinata nell'intervenire al convegno dei cattolici democratici. Coordinati da Ernesto Preziosi, presidente di Argomenti 2000, la Bindi, Giuseppe Fioroni, Dario Franceschini e Bruno Tabacci si confrontano sul tema Cattolici democratici alla prova della politica: convergenze e distinzioni.
«Sono stanca, dice la Bindi di sentir dire che questa è la stagione in cui i cattolici devono impegnarsi in politica, come se finora non lo avessero fatto. E mi sembra anche ingiusto dire che siamo stati irrilevanti. Non siamo stati irrilevanti per nulla. Voglio ricordare che eravamo noi cattolici a essere europeisti quando i comunisti e i socialdemocratici erano contrari e oggi abbiamo portato il Pd a essere convintamente europeista. Abbiamo difeso il primato della persona umana che noi cattolici abbiamo inserito nella Costituzione. La battaglia a tutela della Carta costituzionale, inoltre, la dobbiamo principalmente a un cattolico come Oscar Luigi Scalfaro. Come si fa a dire che abbiamo perso? Noi abbiamo vinto, non siamo stati irrilevanti. Anzi, se non ci fossimo stati la storia di questo Paese sarebbe stata un'altra».
Per Franceschini «oggi il cattolicesimo democratico è uno dei filoni più vivi del riformismo italiano ed è quello che ci ha consentito, passando dal Partito popolare al Pd, di essere sale e non una nicchia insignificante», per Tabacci va invece ripensato il diritto/dovere di essere lievito e sale nelle formazioni in cui si scegli di stare. «Nella scelta di passare dal Partito popolare al Pd ci ha guidato l’idea che piuttosto che essere una nicchia era meglio essere il sale della terra», ha detto dal canto suo Fioroni. «La sfida oggi per noi cattolici», ha aggiunto Fioroni, «è un po' quella che fu per Moro cinquant'anni fa quando si alleò con Nenni. Noi dobbiamo ricostruire un bagaglio ideale riformista e non solo praticare in modo pragmatico delle scelte di questo segno. Non dobbiamo fare i ciellini di sinistra, ma rinnovare il legame tra cittadini e politica ricercando un’alleanza con la parte moderata del Paese».
Per Tabacci «il mondo cattolico deve capire la profondità della crisi nella quale siamo finiti, cosa che non è per nulla scontata. È difficile governare un situazione di crisi in un Paese in cui i cittadini hanno una coscienza sbrindellata, senza la chiara percezione del rapporto doveri/diritti». Qualunque sia la collocazione politica tutti sono convinti della necessità di ricostruire il legame tra cittadini e istituzioni. «Fondamentale in questo è una nuova legge elettorale. Non capisco perché quando si parla del voto amministrativo si loda la possibilità di poter votare il proprio candidato e, quando si tratta del voto politico, la possibilità di esprimere la preferenza diventa modo per inquinare il voto. Non credo assolutamente che sia così», ha concluso Fioroni.
Tra le aule della Domus Pacis, dove si è svolto il convegno dei cattolici democratici, e luogo “storico” dell’Azione cattolica, è quasi scontato richiamare la figura di Giuseppe Toniolo. Così come monsignor Mogavero anche altri hanno ricordato l’importanza della recente beatificazione sottolineata fortemente dalle parole del cardinale Angelo Bagnasco nella prolusione all’Assemblea della Cei. «Per la stagione che il nostro laicato cattolico sta vivendo», aveva detto il presidente della Conferenza episcopale italiana, «questa beatificazione è un autentico colpo d’ala, di cui sarà bene non disperdere la spinta. Sembra, anzi, che essa arrivi nel momento più indicato, quando i cattolici – sia sul versante interno che su quello esterno – stanno mettendo in campo iniziative provvidenziali per il bene del Paese e che noi incoraggiamo».
Per il presidente della Cei «Giuseppe Toniolo è un laico di grande qualità». La sua beatificazione «non riguarda solo l’Arcidiocesi di Pisa e le Diocesi di Treviso e Vittorio Veneto, e neppure solo l’Azione Cattolica, l’Università Cattolica e le Settimane sociali, ma realmente tutta la Chiesa che è in Italia». Il cardinale aveva poi richiamato le parole del Papa ad Arezzo che «proprio in riferimento alla figura del nuovo beato ha detto: “Alla sfiducia verso l’impegno nel politico e nel sociale, i cristiani, specialmente i giovani sono chiamati a contrapporre l’impegno e l’amore per la responsabilità, animati dalla carità evangelica, che chiede di non rinchiudersi in se stessi, ma di farsi carico degli altri”.
Quella del Toniolo «è una personalità chiave tra ‘800 e ‘900, che ha dato lustro alla professione docente, all’istituto familiare, al movimento cattolico italiano ed europeo nel suo insieme. Fu un uomo limpido e coraggioso, anticonformista rispetto allo spirito dei tempi, ma molto attento alle dinamiche ecclesiali tra le quali operò sempre per unire e mai per dividere». E, invocando la protezione del beato per i lavori dei vescovi, il cardinale aveva voluto sottolineare che Toniolo «era un ottimista tutt’altro che ingenuo, e si dedicò con passione all’apostolato interpersonale, anche attraverso un epistolario facondo ed esemplare. La sua testimonianza è particolarmente attuale per gli studi a cui si consacrò, e la capacità di sintesi sempre in divenire, di fede e vita quotidiana, intesa anche come vita accademica: qualcosa – è stato detto – che richiede una quotidiana risurrezione. In questo fu un anticipatore del Concilio, specie là dove afferma che “ogni laico deve essere davanti al mondo un testimone della risurrezione” (LG n. 38) e per questo capace di “trasmettere alle generazioni di domani, ragioni di vita e di speranza” (GS n. 31) ».