Uno di questi giorni ero a casa a lavorare e ho sorpreso mio figlio a parlare con due amici della tesina per la maturità. Non capivo a chi si rivolgessero con il computer davanti. «Chiedigli di spiegare il fordismo», diceva uno, e l’altro: «Proviamo invece con il concetto della velocità in fisica e nell’arte». Sono rimasto scioccato quando mi hanno spiegato che esiste un software di intelligenza artificiale che ti compone testi su quello che vuoi, basta che tu gli faccia la richiesta. Uno di loro mi ha detto trionfante che lo ha già usato per una ricerca e un altro per scrivere una lettera a un’amica... Non sono vecchio e mi ritengo preparato sull’informatica e proprio per questo sono scioccato. Un conto è constatare gli effetti dell’intelligenza artificiale quando siamo guidati a seguire una strada o a conoscere le previsioni del tempo, vantaggi ormai scontati del nostro tempo, ma affidare a qualcuno pensiero e scrittura? Sembra di essere dentro un film di fantascienza... GIULIO
— Caro Giulio, capisco che tu ti riferisca a ChatGPT, il sito che è stato lanciato lo scorso anno da un’organizzazione di ricerca della solita Silicon Valley con lo scopo di «sviluppare un’intelligenza artificiale amichevole in modo che l’umanità possa trarne beneficio», dopo avergli fatto imparare enormi quantità di testi scritti dagli uomini. Si parla di 175 miliardi di parametri che usa per rispondere in pochi minuti alle richieste di tuo figlio e dei suoi amici, ma anche alle mie! Ho provato con due temi per me ovvi: questa rubrica e una storia per bambini. Il risultato, oltre ad essere scioccante come dici tu, è pure sconfortante: nello stesso tempo in cui ne scrivo una, ChatGPT ne sfornerebbe decine. E il bello è che più la si utilizza, più diventa brava. Ricerche, tesi, lettere di referenze o, peggio ancora, d’amore? Copiando da Internet finora si andava incontro al rischio di essere scoperti, dalla prof o dall’amico di turno, ma in questo caso la richiesta è personale e il risultato tutto per chi la fa. Mi risulta che negli Stati Uniti stiano già correndo ai ripari per evitarne l’uso scolastico. Certo è forte la tentazione di rifiutare questa ennesima “novità”, di limitarsi a commentare col solito sbrigativo e ormai usurato “non è lo strumento il male, ma come lo usi”, o con la rassicurante constatazione che sia stata più veloce, ma non più brava. Occorrerà, invece, accettare che non siamo in un film di fantascienza e riflettere sulle differenze con la nostra intelligenza non artificiale e le nostre umanità, creatività e libertà, capaci di sorprenderci ogni volta e di farci andare avanti nella vita.