Nell'Europa coinvolta nelle crisi africane legate al terrorismo, internamente ingessata dalla crisi economico-finanziaria, pronta all'allargamento nei Balcani, c'è chi denuncia il sostanziale rischiosissimo disinteresse di Bruxelles ai Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente e sogna una sorta di CECA per il Mediterraneo. Come la prima Comunità del Carbone e dell'Acciaio riuniva nel Vecchio Continente i Paesi usciti dai totalitarismi intorno alla produzione di due materie prime e apriva al percorso di integrazione che ha costruito l'UE, così la CECA dei Paesi che si affacciano sul Mare Nostrum dovrebbe svilupparsi a partire da punti di interesse e condivisione possibili, in mezzo a tante problematiche. Ad esempio, intorno al tema dell'energia, dell'acqua, dell'immigrazione di giovani, del mercato.
Prima di saperne di più viene subito in mente il fallimento del Partenariato Euro-Mediterraneo nato a Barcellona nel 1995, ma anche il naufragio dell'Unione per il Mediterraneo lanciata a Parigi nel 2008. Viene in mente come nessuno di questi organismi, o nessun leader europeo, abbia capito i rischi e gli squilibri che facevano di alcuni Paesi del Nord Africa una polveriera. Eppure erano evidenti i fattori di instabilità, i dislivelli all'interno della regione e dei singoli Paesi. Era innegabile la crescente corruzione dei regimi totalitari sia monarchici che repubblicani, con cui peraltro i Governi europei facevano tranquillamente affari. Era palese la gravità del livello di disoccupazione endemica tra i giovani che in molti di questi Paesi rappresentano il 50% della popolazione.
Una situazione esplosiva, sulla quale incideva anche la crisi del 2007 e l'aumento dei prezzi dei prodotti alimentari. Eppure in Europa nessuno aveva previsto che la tecnologia dei social network avrebbe fatto il resto. Il "resto" noi lo chiamiamo primavera araba ma ai giovani del Nord Africa o del Medio Oriente questa espressione non piace. Loro parlano di stagione dei diritti e della democrazia. Questa stagione è in pericolo, minacciata più o meno gravemente da forze fondamentaliste. Dunque, non è più tempo per Bruxelles di permettersi di non vedere l'evidenza alle porte di casa sua.
Tutto ciò rappresenta il pesante background con cui ascoltiamo il “sognatore” che abbiamo davanti. Ma la sua passione è tale da coinvolgerci. In bilico tra uno slancio verso i più alti valori e il disincanto di tanti limiti di questa Europa che arranca, ascoltiamo Pier Virgilio Dastoli, presidente del Movimento Europeo, che vuole essere espressione della società civile. Come dire: una voce dal basso. Dastoli sottolinea che il Movimento è a servizio delle istituzioni europee in cui peraltro lui ha lavorato fino alla pensione maturata da direttore della Rappresentanza Ue a Roma.
Ma Dastoli non ha modi da “direttore”, piuttosto da cordialissimo padrone di casa. Non ha neanche l'atteggiamento di chi illustra una grande idea. Ma ha l'entusiasmo di chi ci crede, dello studioso che, a dispetto delle brutture del mondo, nella sua Biblioteca immagina un mondo migliore. Ci parla di etica, termine troppo spesso dimenticato. Mentre Dastoli illustra a Famiglia Cristiana il mondo migliore che fantastica per l'area del Mediterraneo, pensiamo alla visionarietà di Altiero Spinelli che, esiliato nell'isola di Ventotene, in piena guerra mondiale e tra gli orrori dei totalitarismi, nel 1941, elaborava il Manifesto con cui sognava un'Europa di Stati liberi, uniti intorno ai valori della democrazia e della pace. E torna in mente l'idealità ricca di valori cristiani con cui i “padri dell'Europa”, Monnet, Schumann, De Gasperi, davano corpo all'utopia.
Quando nominiamo Spinelli, Dastoli si lascia andare a un profondo sospiro di ammirazione per coloro che – ricorda – “hanno saputo sognare la pace, la democrazia, la solidarietà tra popoli, che dovremmo riscoprire”. Soprattutto – puntualizza – i padri fondatori dell'Europa unita hanno saputo immaginare di allontanarsi dalla concezione degli Stati sovrani per costruire una Comunità. E' proprio quello che si deve recuperare: la fiducia nella comunità europea perché – spiega Dastoli – l'Unione per il Mediterraneo ha fallito, ad esempio, proprio perché la Francia aveva riproposto una dimensione di azione intergovernativa e non comunitaria.
Con il contagio del suo entusiasmo per il sogno europeo, lo seguiamo nei ragionamenti spietatamente critici. Dastoli ci spiega che “la politica euro-mediterranea, molto più che altre azioni esterne, è il test più importante per un'Europa che in tema di politica estera si presenta più indebolita e divisa che mai”. E questo nonostante che il Trattato di Lisbona del 2009 abbia istituito l'Alto rappresentante degli affari esteri e il Servizio europeo di azione esterna.
Oltre alla debolezza e alla disunità c'è la miopia: “L'Europa si disinteressa del Mediterraneo”. Nell'ultimo ventennio Bruxelles ha lavorato intensamente sul fronte dell'est, con l'inclusione di molti paesi e il partenariato strategico avviato con la Russia nel 2005, e ha preparato il terreno all'ingresso dei paesi dei Balcani, che sarà inaugurato con la Croazia a luglio di quest'anno. Ma ha sostanzialmente balbettato e fallito nel Mediterraneo. Senza pensare alla deriva del fondamentalismo e alle sue conseguenze sui diritti delle donne o delle minoranze, la mancanza di una strategia forte significa, nell'immediato, arrendersi alle relazioni bilaterali.
Peraltro, - sostiene Dastoli - in questa fase più che mai sono gli stessi Paesi arabi a condividere questo approccio: “Disillusi da un'Europa sempre meno attraente, niente affatto disposti a impegnarsi in un difficile cammino di costruzione dell'intera regione”. Ma il punto è che le relazioni che innanzitutto i Paesi arabi tendono a rafforzare in questo momento sono con potenze emergenti a cominciare dalla Turchia. Bruxelles non può continuare a far finta di non vedere.
Dastoli, dunque, ci spiega cosa dovrebbe fare la sua Ceca del Mediterraneo: “Unire gli aspetti degli interessi condivisi - che sono individuabili nell'energia, l'ambiente, l'acqua, l'immigrazione, i giovani, il mercato possibile - a quelli di un quadro istituzionale comune e cioè un'alta autorità incaricata di gestire gli interessi condivisi, un Tribunale dei diritti in materia, un Comitato di ministri permanente, un senato designato a suffragio universale”.
Il piano c'è ma il tutto “dovrebbe essere preparato da una Conferenza diplomatica che si svolga con possibilità di successo nel 2014”. Dastoli sogna una “grande convenzione della società civile, una conferenza economico-finanziaria e soprattutto la ricerca di principi e valori comuni nel campo dei diritti fondamentali”. Quei diritti per cui tanti giovani sono scesi in piazza per poi ritrovare nelle nuove Costituzioni gravi e palesi limitazioni.
Le precisazioni non finiscono qui. Dastoli mette in guardia anche dall'errore già fatto di forzare la mano a Israele e Autorità Nazionale Palestinese coinvolgendoli entrambi a Barcellona e a Parigi. Gli attori del conflitto israelo-palestinese - spiega - devono restare fuori dalla Ceca Euro-Med perchè altrimenti il loro contenzioso bloccherebbe qualunque iniziativa. L'auspicio è che la costruzione della Ceca sia da incoraggiamento per la risoluzione del conflitto. E Dastoli formula questo auspicio con un altro sogno: vedere un giorno a Gerusalemme la sede della Ceca Euro-Med.
Inoltre pur aprendosi all'insieme dei popoli dell'Africa del Nord e al dialogo con i Paesi dell'Africa sub-sahariana, la Comunità dovrebbe essere inizialmente limitata ai Paesi impegnati sulla via delle riforme costituzionali interne, che si siano dotati di un quadro istituzionale e giuridico nuovo, con i basilari principi di democrazia. Dastoli fa anche l'esempio dell'Osce, l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa nata dagli accordi di Helsinski nel 1975. In piena guerra fredda si riuscì a far sedere allo stesso tavolo, intorno al tema della sicurezza, rappresentanti dei Paesi europei, inviati degli Stati Uniti e inviati dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Anche allora, - ci dice - sembrava un'utopia.
Cerchiamo di capire meglio i principi che sarebbero da condividere oggi nel bacino del Mediterraneo. Dastoli ha le idee chiare: “Bisogna confrontare le Carte dei diritti del Consiglio d'Europa, dell'Unione Europea, della Lega Araba e dell'Unione Africana”. Ma avverte che il tutto non si può fare senza “incontri con i rappresentanti delle democrazie locali” e quelli che definisce “Stati generali della gioventù euro-mediterranea”. Ci sembra che la Ceca Euro-Med, nella mente di Dastoli, si nutra di visionarietà ma anche di concretissimo senso critico, di dimensione comunitaria sovranazionale e di sguardo alla società civile.