Ieri quando abbiamo provato a toglierle il cellulare, nostra figlia ha fatto una scena isterica. Passa gran parte del suo tempo sul divano con lo smartphone a giocare o guardare foto e video. Si fa una gran fatica a farle fare qualcosa. Anche a danza ci va di malavoglia. Di notte non sappiamo di preciso a che ora vada a dormire: l’abbiamo trovata connessa anche a ore impossibili. Potrebbe essere dipendente.
VERONICA
— Cara Veronica, su una popolazione mondiale di 7 miliardi e mezzo di abitanti, oggi 4 miliardi sono connessi a internet, circolano oltre 5 miliardi di cellulari e più di 3 miliardi di persone sono attive sui social. Sono numeri strabilianti e in rapida crescita. Solo in Italia, ci sono 30 milioni di persone attive mensilmente su Facebook, e 14 milioni su Instagram. Per molti, ragazzi e adulti, lo smartphone è ormai una sorta di protesi. Il nostro modo di stare con le persone si è modificato e la nostra vita è per tanti aspetti più facile. Ma c’è il rischio che di fronte a una capillare interconnessione si possa ridurre la capacità di stare davvero con le persone, di avere scambi autentici e di capirsi in profondità. Le tecnologie digitali sono importanti ma occorre riflettere sui loro limiti. Primo fra tutti che nessun contatto online può sostituire la presenza fisica di una persona, con la quale condividiamo uno spazio che è fatto di una certa temperatura dell’aria, di una particolare luminosità, di odori e sensazioni tattili. Un contatto di altro tipo è parziale, e può andare bene per comunicazioni che non richiedano profondità e intensità. Chi un tempo inviava lettere ne era ben consapevole, e spesso, pur in testi di grande spessore umano, veniva sottolineato anche il desiderio di poter stare insieme all’interlocutore in modo più diretto. Oggi invece c’è il rischio di confondere la presenza virtuale con quella reale. «Stavo parlando con un amico» lo dice anche chi chatta on line. Ma non è la stessa cosa, soprattutto quando i contenuti sono emotivamente rilevanti. Per questo occorre aiutare i ragazzi a sperimentare le differenze tra queste modalità di vicinanza. Anziché pensare a una dipendenza, è più utile incentivare le relazioni dal vivo. Favorire le uscite nel weekend con le amiche. Proporre, e forse un po’ anche imporre, esperienze di vita autentica, soprattutto in vista dell’estate. Il miglior antidoto alla dipendenza resta la possibilità di sperimentare il valore e il piacere dell’amicizia, vissuta in diretta. Sarà l’oratorio oppure lo scoutismo, il volontariato o lo sport. E magari in quei contesti verrà spontanea anche la rinuncia alla connessione per qualche giorno.