90 anni di assenza: tanto tempo è passato dall’unica ripresa del 1926 de La cena delle beffe di Umberto Giordano su libretto di Sem Benelli, dopo la trionfale prima assoluta del 1924 con Carmen Melis, Hipólito Lázaro, Benvenuto Franci, la regia di Giovacchino Forzano, i bozzetti di Galileo Chini, i costumi di Caramba e la direzione di Arturo Toscanini. Il sovrintendente Alexander Pereira ed il direttore musicale Riccardo Chailly vogliono colmare una doppia lacuna: riprendere i titoli che alla Scala hanno visto la luce (come la verdiana Giovanna D’Arco dell’inaugurazione, pure dimenticata dal Teatro) e riscoprire il Verismo: «Cavalleria rusticana e Pagliacci li conoscono tutti”, ha detto Pereira, “ma ci sono tanti altri titoli interessanti».
Perché molte opere spariscono nel silenzio? Nel caso de La cena delle beffe ci sono più risposte. Una riguarda il boicottaggio che molto repertorio ha subito per ragioni di vera o presunta connotazione politica negli anni del Dopoguerra. La seconda è di carattere vocale: il tenore Marco Berti scritturato per il ruolo di Giannetto Malespini non ha dubbi «è come cantare 3 Andrea Chénier in una volta sola! Difficilissimo. Lo studio da tempo, e credo di essermi ormai assuefatto allo sforzo». Conferma Carlo Rizzi, il direttore d’orchestra: «quando ho preso in mano la partitura per la prima volta ero un po’ perplesso. Poi mano a mano ne ho scoperto le bellezze, melodiche e di orchestrazione. Per il protagonista è difficile, ma credo che questo allestimento dimostrerà che è un titolo che deve rientrare nel repertorio».
De La cena delle beffe non esistono registrazioni in commercio, gli allestimenti o le esecuzioni (una degli anni ’50 della Rai) sono rarissime, mentre più fortuna ha avuto all’estero. Per cui nessuno degli attuali interpreti la conosceva. A partire dal regista Mario Martone, che campeggia sui manifesti della Scala in virtù di una notorietà e di meriti acquisiti in teatro, nella lirica ed al cinema (basta pensare al suo recente Leopardi de Il giovane favoloso, ed alle sue prime regie liriche con Claudio Abbado): «quando la Scala mi ha proposto nel 2011 di allestire Cavalleria rusticana e Pagliacci ero un po’ perplesso. Poi ho accettato perché ho trovato la mia chiave interpretativa. De La cena delle beffe conoscevo solo il titolo, la versione teatrale di Carmelo Bene e la famosa sequenza del film diretto da Blasetti nel 1942 con la storica frase pronunciata da Amedeo Nazzari (che non era il protagonista della pellicola, ndr) “chi non beve con me peste lo colga”. Ma poi mi ha attratto il clima musicale dell’opera, più che l’ambientazione rinascimentale di maniera. Ed ho pensato che l’opera era scritta per gli italiani dell’epoca. E che i conflitti, le beffe, le rivalità d’amore sono storia di tutti i tempi. Per cui ho ambientato la vicenda nell’America degli anni Venti in una Little Italy popolata da bande rivali ed ho chiesto alla scenografa Margherita Palli di creare una scena su tre livelli».
Gli altri tre protagonisti vocali dell’allestimento scaligero (in scena dal 3 aprile al 7 maggio) sono Kristin Lewis, Nicola Alaimo e Leonardo Caimi. Ma, visto la popolarità della versione cinematografica, e visto il nome del regista scelto dal Teatro ci saranno riferimenti al cinema? «No», risponde Martone, «quando io faccio teatro sono solo concentrato sul palcoscenico. E penso sia molto importante fare recitare bene anche i cantanti».
Ma in tema di riscoperte la Scala non è sola in Italia. Il Teatro Lirico di Cagliari ha dedicato l’intera sua nuova Stagione alla grande musica italiana (con l’auspicio del riconoscimento dell’Opera italiana come Bene protetto dall’Unesco). Ma soprattutto ha scelto per l’inaugurazione una vera rarità: La campana sommersa, opera in quattro atti di Ottorino Respighi, su libretto di Claudio Guastalla, tratto dal poema drammatico omonimo Die versunkene Glocke di Gerhart Hauptmann. E benché Ottorino Respighi sia l’autore del Novecento italiano più eseguito nel mondo (soprattutto grazie ai suoi poemi sinfonici), La campana sommersa non è mai stata rappresentata in forma scenica nel nostro Paese. Il direttore artistico Mauro Meli colma la lacuna dal 1° al 10 aprile. Sul podio Donato Renzetti, per la regia di Pier Francesco Maestrini. E’ uno sforzo notevole quello del Teatro cagliaritano: Respighi fu entusiasta del libretto e scrisse: «Tutto mi parve musicale; in ogni quadro, in ogni personaggio, reale o irreale, in quella stessa strana mescolanza di umanità e favola, io sentivo aleggiare la musica». E ne trasse un’opera visionaria, di enorme suggestione.