“Adesso le aziende non hanno più alibi. Possono assumere, e anche licenziare. Possono strutture l’azienda modulando l’offerta sulle richieste di mercati sempre più dinamici”. E’ il giudizio sul Jobs Act di Marco Ceresa, ad di Randtsad Italia, la multinazionale olandese di selezione, formazione di risorse Umane e somministrazione di lavoro presente in 39 Paesi (4.400 filiali e 28.720 dipendenti). Più libertà alle imprese, dunque, non necessariamente più precarietà per i lavoratori. “Le aziende usino questo strumento nel modo giusto – avverte Ceresa -. Ovvero non per introdurre più flessibilità, ma più tutele, crescenti come dice il nome del nuovo contratto. Gli strumenti per la flessibilità ci sono già. Contratti a tempo determinato e somministrazione lavoro, per esempio”.
Visto dal lato delle agenzie per il lavoro, il Job act è però solo la prima pietra. Resta da fare molto sulla fase di ricollocazione. Che significa politiche attive per il lavoro, sostegno a chi ha perso il posto e deve rientrare sul mercato, a partire dalla nuova Assicurazione contro la disoccupazione, la Naspi , diventata legge qualche giorno fa con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto legislativo 22/2015. E’ l’altro grande pilastro delle politiche per il lavoro del Governo Renzi, delle cui coperture economiche ancora si sa poco. Capitolo essenziale “perché – continua Ceresa – allargare la base occupazionale e ricollocare chi ha perso l’impiego significherà in futuro rendere sostenibile il Pil e il sistema Paese. La legge Fornero ha allungato l’età pensionabile, e questo dà ora come effetto che l’offerta di lavoro schiacci la domanda, che i giovani abbiano pochi spazi. Ma in futuro sarà diverso. Quando la mia generazione, quella di chi è nato nel boom, andrà in pensione, il calo demografico invertirà la dinamica. Ai miei tempi nascevano 1,1 milioni di neonati, oggi siamo a 500mila all’anno. Questo creerà dei vuoti nell’offerta. Le imprese avranno più fame di lavoratori, ben qualificati”.
Appunto, il vero tema sarà quali qualifiche, quali competenze, per quali tipologie di lavoro. Sarà capire cosa sarà rimasto allora di un sistema industriale che continua a “vendere” pezzi pregiati a gruppi stranieri: Pirelli, ma anche Giochi preziosi e Pininfarina per citare i casi di questi giorni. “Impossibile dire oggi quali siano i comparti più promettenti per un giovane” chiarisce Ceresa. Che cita una ricerca appena pubblicata da Randstad su un campione di 8.900 potenziali dipendenti tra studenti, lavoratori occupati e disoccupati di età compresa tra 18 e 65 anni. Il settore più ambito è la moda e il lusso, indicato dal 64% dei potenziali lavoratori, seguito dai media (60%) e dall'elettronica (59%), anche se con ampie differenze tra genere e età. L'elettronica è il settore preferito dalla componente maschile e dai più giovani (18 - 25 anni), mentre il fashion&luxury da quella femminile e dalle altre fasce di età. “Ma sono solo indicazioni, desideri, non significa che davvero questi sono i settori su cui puntare” continua Ceresa. Che parla di aggiornamento continuo, “di un approccio diverso da maturare in chi cerca lavoro per la prima volta o anche in età adulta”.
In sintesi: un occhio al contesto, uno alle proprie attitudini. E la consapevolezza che lavorare in azienda è innanzitutto entrare in un mondo di relazioni. “Randstadt effettua molte “missioni” nelle scuole. Facciamo orientamento al lavoro, proponiamo stage. E’ un modo per fare prendere confidenza con il mondo concreto dell’azienda. E la prima cosa che cerchiamo di fare intendere ai ragazzi è che oltre alle competenze acquisite a scuola o all’università conta la capacità di convivere in un contesto fatto di persone. Ogni azienda è un mondo di rapporti, che bisogna sapere vivere, interpretare, leggere”.
Che lavorare non sia solo un fatto di sicurezza economica lo dice il fatto che al primo posto tra le cinque imprese più gettonate emerse dalla ricerca già citata – che ha dato vita alla quinta edizione del Randstad Award, il premio date alle aziende più attrattive - ci sia la Ferrero di Alba. Quattro le motivazioni ( e altrettanti i premi): “atmosfera di lavoro piacevole”, “sicurezza del posto di lavoro”, “equilibrio vita privata e vita professionale”, “solidità finanziaria”. Non solo un posto di lavoro, ma un buon posto dove lavorare.