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Intervista esclusiva
 

Piercamillo Davigo: «Certe regole non aiutano gli onesti»

04/05/2016  La fiducia dei cittadini nei confronti della magistratura continua a calare perché "scontiamo il prezzo dell'inefficienza della giustizia, ma finché le regole incentivano chi ha torto a resistere in giudizio non se ne esce". Dopo le polemiche della scorsa settimana, che hanno coinvolto anche il Governo, il presidente dell'Associazione nazionale magistrati Piercamillo Davigo torna sul problema delle riforme della giustizia.

La giustizia italiana, vista da questo soggiorno milanese, sobrio, luminoso, ordinato, prende la forma di una corsa a ostacoli per chi la deve fare e per chi la vuole avere, con il rischio di avvantaggiare i disonesti e di togliere †fiducia agli onesti. Piercamillo Davigo ne parla con disincanto, stemperato dall’ironia. Lo fa da quasi 40 anni, deciso a non arrendersi al caos che la complicazione del reale accresce, tra globalizzazione economica e criminale, e pronunce di Corti sovranazionali. Ha imparato a conoscere la corruzione da pubblico ministero al tempo di Mani pulite, da anni la osserva con lo sguardo più d’insieme del giudice, prima di Corte d’Appello, ora di Cassazione. Da poco presiede l’Associazione magistrati, la sua franchezza ha già fatto notizia. Ma in questa stanza linda il polverone non s’è depositato.

Dottor Davigo, davvero cita il Vangelo sul biglietto da visita?

«No, ma siccome mi si dice che sono poco incline alla mediazione, mi capita di citarlo: “Il vostro parlare sia sì sì, no no il di più viene dal maligno” (Ride). Tendo a pensar male dei discorsi fumosi, preferisco la chiarezza».

Dopo la riunione della Giunta dell’Anm sarà meno diretto?
«Non credo. L’incontro serviva per veri†care l’unità interna alla Giunta che è stata affermata con forza. La polemica è nata sulle parole che mi attribuiscono e non ho detto (“I politici rubano tutti”, ndr)».

Corruzione, mafia, evasione frenano l’Italia. Il dibattito si ferma sullo “scontro” politica-magistratura. Guardiamo il dito anziché la luna?

«Si tende a non vedere problemi annosi, perché sarebbe dif†cile spiegare come mai non vengano affrontati se solo ci fosse la percezione della loro pericolosità. Ho l’impressione che se ne parli in teoria ma che non si cali nella pratica questa pericolosità devastante per la sopravvivenza del Paese»

Come si contrasta la corruzione?

«La corruzione è nota solo a corrotti, corruttori e intermediari, non viene quasi mai denunciata, di solito si scopre per caso indagando su altro. Occorrono strumenti per farla emergere. Penso che sia giusta la strada intrapresa dal Governo per lo sconto di pena a chi collabora, ma servono sconti più forti, per bilanciare l’enorme vantaggio che chi parla perde e poi bisognerebbe estendere le norme sui collaboratori di giustizia: quando il mercato illegale che nasce dalla corruzione è gestito dal crimine organizzato, chi collabora va anche protetto».

Tre priorità per la giustizia.

«Ridurre il contenzioso: se i processi durano molto è anche perché sono troppi. Semplificare le procedure: troppo complesse, farraginose. Rendere effettiva l’esecuzione delle sentenze: nel civile chi ottiene ragione in giudizio a volte poi fatica lo stesso a riavere i soldi dovuti dal debitore»

Intanto cala la fiducia dei cittadini nella magistratura.
 
«Scontiamo il prezzo dell’inef†ficienza della giustizia, ma †finché le regole incentivano chi ha torto a resistere in giudizio non se ne esce».

Perché è così difficile accordarsi per cambiare la prescrizione che fulmina oltre 100 mila processi l’anno?

«Bisognerebbe chiederlo a chi non si accorda. La prescrizione è ineliminabile, c’è in tutti gli ordinamenti, ma dovrebbe non decorrere più dopo che il processo è iniziato. Servirebbe anche a disincentivare la tendenza a resistere in giudizio e a impugnare. Negli altri Paesi, a parte la Grecia, cessa con l’inizio dell’azione penale o al più tardi con la sentenza di primo grado. Da noi un imputato condannato che ha fatto ricorso in appello solo per chiedere una pena più bassa, se scatta la prescrizione nel frattempo, non sconta più neanche la pena più bassa che chiedeva. Non è ragionevole, ci obbliga a lavoro inutile».

C’è chi dice che basterebbe togliere l’azione penale obbligatoria...

«Dove è discrezionale le linee guida, dettate dalla politica, mettono la corruzione in cima alle priorità. Ma da noi l’obbligatorietà è un caposaldo previsto dalla Costituzione a garanzia dei cittadini».

Il suo ex collega Gherardo Colombo dice che lei ha poca ducia nel genere umano. Ha ragione?

«(Ride ancora) S’illude che il parlare con i ragazzi nelle scuole li renda migliori: ma so che da studente avrei preferito una lezione di Gherardo Colombo all’interrogazione. L’educazione è fondamentale ma ha tempi lunghi. Adam Smith diceva: “Il fornaio non ci vende il pane per generosità, ma perché gli conviene”. Finché in questo Paese avremo regole che favoriscono chi viola la legge contro chi subisce l’effetto della violazione, le persone tenderanno a non rispettare la legge. Se all’abuso edilizio segue il condono l’abuso si ripete».

Quante sentenze scrive?

«Circa 500 e 250 ordinanze l’anno»

È vero che la Cassazione così intasata rende il diritto meno certo?

«Sì. Facciamo quasi 100 mila processi l’anno tra civile e penale contro i 1.ooo della Cassazione francese e gli 80 della Corte suprema americana: ciò genera contrasti inconsapevoli che si sommano a quelli derivanti da norme ambigue. Spesso si deve decidere prima di poter sapere che un altro collegio ha deciso diversamente su un caso analogo: se usassimo il tempo necessario a studiare tutti gli atti che produciamo, paralizzeremmo la Cassazione, ma così è dif†cile assicurare l’uniforme interpretazione del diritto»

Che cos’è l’indipendenza?

«Il nostro motto è “senza timore e senza speranza”. Il magistrato non deve temere ritorsioni e non deve avere ansia di premi. La Costituzione ci protegge dalle ritorsioni, dalla tentazione di nomine a incarichi ben retribuiti o di candidature alle elezioni non ci sono norme che ci proteggono e deve bastare la coscienza»

Ci vorrebbero?

«Non so. Negli altri Paesi i diritti politici si tolgono ai delinquenti: sarebbe strano che da noi li levassero ai magistrati. Dovremmo astenerci per coerenza: come vedremmo un guardalinee che a metà partita mette la casacca di una squadra e gioca? Ma la più diffi†cile è l’indipendenza da sé stessi: la caratteristica più importante di un buon magistrato è la capacità di cambiare opinione quando i fatti smentiscono l’opinione che si è fatto».

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