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Chacour: tutta la Galilea digiuna con Francesco

07/09/2013 

Tre volte candidato al premio Nobel per la Pace (quello vero, non quello di  Obama) e almeno altrettante volte scampato a chi attentava alla sua vita, Elias Chacour, arcivescovo greco-melchita di Akko, Haifa, Nazareth e di tutta la Galilea è un grande costruttore di pace. Palestinese di nascita e israeliano di cittadinanza, arabo e cattolico, è nato nel 1939 in un villaggio, Biram, poi raso al suolo dalle truppe di Israele. A Ibillin ha costruito negli anni le scuole dell’Istituto Mar Elias sulla Montagna della Luce, dove ragazzi israeliani, palestinesi e drusi studiano insieme senza problemi. Scuole che gli hanno attirato il risentimento dei più intransigenti tra i palestinesi. Abuna (padre) Chacour avrebbe avuto molte occasioni, in passato, per cedere alla rabbia e ai rancori. Ha moltissime ragioni, oggi, nel Medio Oriente sempre più incandescente, per attaccarsi con la forza di sempre all’idea della pace. Anche se, come scrive nel suo libro più recente, un’autobiografia intitolata La storia di Elias Chacour (Jaca Book), “non abbiamo bisogno di contemplatori della pace… Noi abbiamo bisogno di operatori di pace… che si danno da fare e agiscono”. ­
- Come mai, Eccellenza, questa precisazione?
“Pace è un bel concetto astratto che attrae persone di ogni genere. E infatti, a ben vedere, molti di quelli che parlano di pace non esitano a usare la violenza. E’ giunto il tempo di fermarsi e chiedersi: che cosa vogliamo davvero fare? Chi vogliamo davvero essere? Sono reduce da un incontro storico, promosso dal re di Giordania Abdullah II, in cui 150 tra patriarchi, vescovi e sacerdoti delle Chiese cristiane del Medio Oriente si sono incontrati per discutere delle sfide che attendono gli arabi cristiani della regione. La conclusione è stata unanime: la dignità e la vita stessa di questi cristiani possono essere protette solo laddove riusciremo a far vivere la pace e la giustizia insieme. E’ una condizione molto importante, questa. Sono ripresi i colloqui di pace fra israeliani e palestinesi e intanto è pure ripresa la costruzione di insediamenti israeliani in territorio palestinese. Assurdo, ma la causa è proprio quella: molti parlano volentieri di pace, pochi amano altrettanto parlare di giustizia”.
- E quindi la vera pace che cos’è?
“Certo fare a pezzi il nemico non lo è. E non lo è nemmeno la tolleranza, che può voler dire: ti sopporto finché non trovo il modo di farti a pezzi. La vera pace, secondo me, è la positiva accettazione dell’altro come un’occasione per diventare migliore”.
- Questo concetto è più difficile da far accettare agli israeliani o ai palestinesi?
“E’ difficile per il genere umano. Certo, il diritto del più forte può essere anche spacciato come pace. E i più deboli, che nel nostro caso sono i palestinesi, possono diventare inclini a considerare pace il momento in cui i conti saranno regolati e i rancori vendicati. Ma guardiamoci dalle generalizzazioni su questo o quel popolo. Ci sono ebrei israeliani ai quali sono legato da grande affetto, e palestinesi coi quali non posso nemmeno parlare solo perché sono cristiano”.
- Obama sembra davvero deciso a far parlare le armi. Che cosa ne pensa?
“Purtroppo sembra che agli Usa piaccia andare in guerra. Gli piace il ruolo di poliziotto del mondo. Ma ogni volta che sono intervenuti in Medio Oriente hanno creato solo rovine e distruzione. Prenda l’Irak: lo hanno distrutto per portare una democrazia che, oggi, si trova solo nei cimiteri. La strage continua in Irak e la stessa cosa sta avvenendo in Siria, dove un popolo ricco di storia e ospitale è torturato da un lato dal regime e dall’altro da gruppi di rivoltosi in gran parte composti da persone estranee al Paese. Ora gli Usa vogliono colpire coi loro missili e una sola cosa è certa: questo non porterà la pace. E le conseguenze saranno tragiche”.
- Che cosa pensa dell’idea di papa Francesco, quella del digiuno per la pace?
 “E’ una grande idea. Non a caso ha aderito anche il gran muftì di Damasco, la massima autorità religiosa islamica della Siria. Tutte le parrocchie della nostra Galilea digiunano e sono con il Papa”.

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