Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
venerdì 20 settembre 2024
 
bonus psicologo
 

Charmet: «Chiedere aiuto è segno di maturità»

20/10/2022  Lo psichiatra e psicoterapeuta Gustavo Pietropolli Charmet commenta i dati della Commissione Europea sulla richiesta di bonus psicologico. Il 60 per cento viene da giovani under 35. «E' una "bella notizia" perché significa che vogliono prendere in mano i propri problemi a fronte di una difficoltà oggettiva»

Lo psichiatra e piscoterapeuta Gustavo Pietropolli Charmet
Lo psichiatra e piscoterapeuta Gustavo Pietropolli Charmet

I dati recentemente diffusi dalla Commissione Europea per quel che concerne le richieste del “bonus psicologo” in Italia, sono piuttosto preoccupanti. Su 300.000 domande, oltre il 60%, pari a 180.000, proviene da cittadini sotto i 35 anni: il 43,55% riguarda giovani tra i 18 e i 35 anni, mentre il 16,62% è a favore di minori (0-18 anni).

Pandemia, guerra, inflazione, caro-bollette sono tutti fattori che sicuramente incidono, ma anche lo stress lavorativo, il timore di perdere il lavoro in un periodo di incertezze, i cambiamenti subentrati nei luoghi e negli orari adibiti all’ambito lavorativo hanno avuto conseguenza, soprattutto sui più giovani, su quello che è il benessere psicologo.

Ne parliamo con lo psichiatra e psicoterapeuta Gustavo Pietropolli Charmet, che è stato primario in diversi ospedali psichiatrici e docente di Psicologia Dinamica all’Università Statale di Milano e all’Università di Milano Bicocca. «Non mi stupisce che una maggiore richiesta di sostegno e di aiuto provenga dai giovani e che rispetto a questo siano meno interessate persone che hanno superato i 40 anni. Anzi è  auspicabile che succeda questa cosa perché l’età migliore per poter far sì che la consultazione sia efficace è proprio quella che va dai 20 ai 30 anni quando, finita l’adolescenza, si aprono le scelte fondamentali della vita: il lavoro, il matrimonio, i figli, la scelta territoriale, la separazione dal gruppo di amici. È un  periodo molto travagliato per le decisioni da affrontare e per le occasioni che il mondo ti mette di fronte».

Un aiuto indispensabile per orientarsi nelle scelte della vita eppure a lungo trascurato.

«Come psicologi abbiamo fatto di tutto perché chi si sente anche vagamente confuso o non sa che fare prenda in considerazione l’aiuto psicologico. Abbiamo promosso l’idea che la consultazione psicologica sia utile a chiarirsi le idee. Nel caso degli adolescenti abbiamo fatto di tutto per avvicinare il microfono alle loro richieste ed è stato un successo. Non come dogma o come segnale di dipendenza, ma come segnale di coraggio. Tornare in classe e dire “son stato dallo psicologo, non è niente male” è un segno di maturità».

l'ultimo libro di Pietropolli Charmet edito Rizzoli
l'ultimo libro di Pietropolli Charmet edito Rizzoli

Oltre agli adolescenti anche i cosiddetti "giovani adulti" sono provati dalla situazione.

«Una definizione dei sociologi; coloro che fanno la vita dell’adulto, ma senza gli strumenti dell’adulto. Senza le possibilità, il contesto di vita dell’adulto (la casa, il lavoro e quindi i soldi, la famiglia). Questo determina una situazione di sofferenza soprattutto in un contesto in cui sembra che la ricerca del lavoro e della casa sia davvero complicata. Tant’è vero che ci sono molti disoccupati, molti che vivono ancora coi genitori e che scelgono di non avere figli. Tutti segnali di ansia e preoccupazione da cui scaturisce il bisogno di un consulto psicologico».

Tutto in un momento storico particolarmente preoccupante: immersi nella pandemia e con la guerra alle porte.

«Sono chiamati ad affrontare il futuro in un contesto in cui è tutto difficile, tra disoccupazione, guerra, pandemia, bollette che aumentano. Ecco perché, ripeto, chiedere aiuto allo specialista invece di darsi al bere o diventare un neet è un segno di maturità! È un voler prendere in mano i propri problemi a fronte di una difficoltà oggettiva (dagli esami di maturità, allo scegliere di fare un figlio o andare a vivere da soli). È confrontarsi e vedere nella propria mente quali paure suscita quella scelta, che trascorsi ci sono e farsi aiutare a chiare le idee perché la decisione sia autentica e sostenibile il più possibile. E meno male che questo aiuto viene finanziato dal Governo!».

Torniamo agli adolescenti. Lei ha da poco pubblicato con Rizzoli Gioventù rubata. Cosa è stato rubato ai nostri ragazzi?

«In tanti si sono chiesti come mai ci sia stato un disastro così grande da un punto di vista psicologico; moltissimi hanno scelto il digiuno per manifestarlo o il ritiro sociale, chi l’autolesionismo; non è stato possibile trovare un posto nei reparti di psichiatria e nemmeno in ambulatorio, mesi e mesi di attesa ed è aumentata a dismisura la richiesta di consultazioni. La questione è che, nonostante siano stati risparmiati dall’attacco fisico, i nostri ragazzi hanno sofferto perché si è improvvisamente oscurato il futuro. È come se gli avessero detto “va tutto bene” e improvvisamente avessero scoperto che andava tutto male: il papà ha perso il lavoro, il nonno è morto; sono spariti sport e vita sociale. La scuola traballa, la dad non funziona. Ecco allora che non sarebbe dissennato pensare a un risarcimento per i danni subiti così come lo si pensa per gli albergatori, i gondolieri; danni che per i ragazzi non sono economici ma morali. E non perché gli è stato rubato il campetto da calcio, ma il futuro. La scuola, per esempio, che è il vero campo di allenamento in cui trovare se stessi, la propria vocazione, il proprio interesse ed dove essere sostenuti e confermati in quell’interesse. Il futuro per loro non è più garantito. La pandemia li ha delusi e la delusione è fonte di grandissima sofferenza».

Come possiamo restituire loro il futuro?

«Creando consultori, potenziando quel che c’è già: lo sportello di consultazione scolastica per esempio; i servizi psicologici, i consultori familiari. Vanno potenziati i servizi di prossimità verso i giovani e verso i genitori che sono i primi a cui i figli chiedono risposte. Perché sappiano cosa rispondere. È importantissimo, per esempio, parlare della morte e di come affrontarla».

 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo