Quando sento parlare di tutti quei giovani che faticano a trovare un lavoro e stanno legati alle loro famiglie d’origine perché non hanno possibilità proprie, mi si stringe il cuore. Sono una nonna di quasi ottant’anni e penso che potrebbero essere miei nipoti. Poi però vedo anche ragazzi che non mollano, ma cercano un posto dove vivere e lavorare, anche se è lontano da dove sono cresciuti, e mi dico che anche noi della nostra generazione abbiamo dovuto fare tanti sacrici. È un periodo sicuramente difficile, ma non è che qualche volta il problema siamo anche noi adulti che abbiamo paura che i nostri gli debbano faticare?
ADRIANA
— In un albergo del Trentino ho incontrato due ragazzi che lavorano alla reception: Giacomo e Marina. Gentilissimi e attenti, professionali ma sempre disponibili a scambiare qualche parola. Due giovani in ricerca. Il primo, stagista, dopo le scuole superiori anziché collocarsi nell’attività di famiglia ha preferito stare per qualche tempo in Australia, lavorando e mantenendosi, per allargare le sue prospettive e ripensare la sua esistenza. Ha imparato tante cose e ha anche incontrato nuove vie di spiritualità che lo stanno accompagnando nelle scelte di vita. La seconda, da una città del Sud, è alle prese tutti i giorni con la nostalgia per la famiglia lontana, il sole e il mare della sua terra. Ora non solo sta facendo un’utile esperienza di lavoro, che arricchirà il suo curriculum e le conoscenze, ma soprattutto sta imparando a contare su sé stessa, affrontando una realtà alla quale non era abituata e che la sta mettendo a dura prova. Ora si sente più pronta ad andare all’estero per imparare l’inglese, pur sapendo che le costerà molta fatica. Entrambi stanno fronteggiando una sfida necessaria per diventare adulti: affrontare le difficoltà tollerando le inevitabili frustrazioni e facendo leva sulle parti migliori di sé, sperimentando la propria capacità di tenuta e la disponibilità al sacrificio. Questo dipende anche da noi adulti: talvolta siamo noi genitori che non lasciamo che i ragazzi prendano il largo senza tutte quelle sicurezze che vorremmo per loro. Convinti di dover sentire i figli tutti i giorni, perché pensiamo che abbiano sempre bisogno della nostra parola e della nostra vicinanza. Forse non ci ricordiamo che solo prendendo una certa distanza dalle cose è possibile averne una visuale migliore. Una distanza che, prima che essere quella dei chilometri di lontananza da casa, è quella affettiva: riconoscere che non hanno più bisogno di noi perché sanno cavarsela da soli.