Seduto nella hall dell’albergo
milanese a due passi da via
Montenapoleone, quello che
chiamano “l’Angelo invisibile”
racconta le storie delle persone
che ha aiutato con decine
di migliaia di euro pagando debiti,
affitti, cure mediche, rette scolastiche,
spese legali. Sempre mantenendo l’anonimato.
E nel frattempo controlla
sul suo tablet l’andamento dei mercati,
a caccia di un investimento con «un
rendimento a doppia cifra». Non lo fa
perché ha bisogno di soldi, tutt’altro.
Ma solo perché è il suo lavoro e gli piace
farlo. E poi oggi è una giornata speciale.
Ha appena saputo che il ragazzo colpito
da una grave malattia che ha ispirato
il personaggio principale del romanzo
Lettera ai miei figli sull’incertezza (Centauria
libri), «ha deciso davvero di
rimandare il suo viaggio in Svizzera
dove per dicembre aveva programmato
il suo suicidio assistito».
Torniamo indietro al 2003 quando
Andrea, come si fa chiamare, da funzionario di banca si trasforma in un
“Angelo invisibile”. «Sono cresciuto in
una famiglia dove per tutti il denaro
era il valore assoluto su cui fondare
l’esistenza. Io devo essere stato un’anomalia
genetica, perché ho sempre
pensato che quando avrei potuto gestire
il patrimonio di famiglia mi sarei
comportato in modo diverso». E così
alla morte del padre, anziché vivere di
rendita con l’eredità ha iniziato a inviare
lauti bonifici a enti caritatevoli.
Ma questo non gli bastava. «Conosco
tante persone della Milano “bene” che
fanno così. Sono encomiabili, ma io
sentivo che avevo bisogno anche di conoscere
le persone che aiutavo».
L’occasione si presenta quando il
Corriere della Sera pubblica un articolo
intitolato L’uomo senza sonno: «Era un
ferroviere che si era indebitato fino al
collo per far studiare i figli. La sera faceva
il portiere in un albergo, dormiva
un paio d’ore e alle otto del mattino
risaliva sul treno. L’ho incontrato e gli
ho detto che gli avrei dato 20 mila euro,
senza condizioni. Ci ho messo un bel
po’ a convincerlo che non c’era niente
sotto. Dopo qualche giorno ho ricevuto
un suo Sms: “Stanotte ho dormito
nel mio letto. Grazie”».
Da quel giorno Andrea contatta la
redazione del Corriere che gli segnala
casi simili e lo ribattezza “l’Angelo invisibile”.
A questi si aggiungono quelli
che arrivano da parrocchie, Onlus,
centri di ascolto. Andrea contatta le
persone e le aiuta fino a quando non
si rimettono in carreggiata. E non si
limita al sostegno economico: «Due
anni fa ho conosciuto una coppia. Lei
era incinta all’ottavo mese ed erano
appena stati sfrattati. Ho trovato loro
una sistemazione, ma la cosa che li ha
colpiti di più è stata quando sono venuto
a prenderli con il mio furgoncino
per aiutarli a fare il trasloco. È questa
la differenza con la semplice beneficenza:
le persone in difficoltà hanno
bisogno prima di tutto di sapere
che c’è qualcuno che ti sta vicino e
ti ascolta».
A un ragazzo licenziato ingiustamente,
Andrea ha invece offerto assistenza
legale: «Quando è stato reintegrato,
mi ha raccontato divertito la
faccia che ha fatto il suo datore di lavoro
quando ha visto l’atto di citazione
firmato da uno dei migliori avvocati
di Milano». Uno degli ultimi casi che
ha seguito riguarda un altro ragazzo,
Ahmed, che con una matita riesce a
riprodurre persone e oggetti come se
fossero una fotografia. «Nella sua famiglia
andavano avanti in cinque con
600 euro al mese. Così il padre gli aveva
imposto di interrompere gli studi.
Io li ho aiutati e ora è entrato all’Accademia
delle Belle Arti».
Chiediamo ad Andrea chi, a parte i
familiari, sa che lui è “l’Angelo invisibile”.
«Qualche anno fa ho pensato di
rivelarlo a un mio amico imprenditore
di grande successo che conoscevo da
una vita, con l’intenzione di coinvolgerlo.
Mi ha riempito di complimenti
per due ore, mi ha salutato e da allora
non l’ho più visto». I poveri sono più
generosi dei ricchi? «Alcuni anni fa
decisi di aprire un negozio di mobili
per finanziare i missionari dell’Operazione
Mato Grosso attivi in America
latina. Cercavo volontari per farlo
partire. Si presentarono in 50. Chiesi al
responsabile quanti erano benestanti
come me. Mi rispose che erano tutti
operai, impiegati e pensionati. I ricchi
vivono in una “bolla” e non pensano
a ciò che succede fuori».
Anche se basta pochissimo perché
questa “bolla” esploda. Nel 2008 anche
Andrea fu travolto dalla crisi finanziaria
mondiale. Perse quasi tutto, ma riuscì
a risollevarsi perché è un mago della
finanza. Un’altra bella “botta” la vita
gliel’ha riservata poco tempo fa, quando
gli è stata diagnosticata una grave
malattia neurologica degenerativa.
«Oggi sto bene, ma per tre giorni non
sono riuscito ad alzarmi dal divano».
E arriviamo così al titolo del suo
libro. «Ho tre gli, ormai grandi e sistemati,
a cui ho sempre dato tutto.
Ma quando ho detto loro della mia
malattia, ho ricevuto solo telefonate
distratte. Quando a giugno mi hanno
ricoverato in ospedale, il più grande si
è fatto vivo dopo quattro giorni, solo
per dirmi che non poteva venirmi a
trovare perché aveva altri impegni.
Allora ho preso una decisione drastica:
non dar loro più un soldo. Il
risultato è che da allora si rifiutano di
parlarmi. Con questo libro vorrei far
capire che il senso della vita non è nei
vestiti griffati e nelle belle macchine».
Con la fede, Andrea ha un rapporto
complicato: «Fino a qualche anno
fa, semplicemente non ci pensavo.
Ora che sono costretto a passare tanto
tempo a casa guardo molti documentari
di astrofisica, la mia grande passione.
Osservando le stelle, mi rendo
conto che l’ordine che governa l’universo
non può essere frutto del
caso. Mi piacerebbe tanto confrontarmi
con papa Francesco. A lui rivelerei
chi sono davvero. Almeno del Papa ci si
potrà dare...».