66 anni, una vita passata al ministero, Luciana Lamorgese neo ministro dell’Interno del Governo Conte bis non poteva avere un profilo più diverso dal suo predecessore, Matteo Salvini. Nata a Potenza l'11 settembre 1953, avvocato laureata con lode in Giurisprudenza, lavora per il Viminale dal 1979, diventando viceprefetto ispettore nel 1989, nel 1994 viceprefetto e nel 2003 prefetto. Sposata e madre di due figli, è stata direttore centrale per le Risorse umane presso il Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali, prima di diventare, nel 2010, prefetto di Venezia.
Capo del Dipartimento per le politiche del personale dell'amministrazione civile e per le risorse strumentali e finanziarie, da gennaio 2012 a giugno 2014, dal 19 luglio 2013 è stata nominata capo di Gabinetto del ministro Angelino Alfano. Sono gli anni della più grande pressione migratoria mai registrata eppure non ha mai parlato di “invasione”, men che meno sui social, dove non ha profili. Per anni ha lavorato in silenzio, senza proclami gestendo, anzi, il piano di incentivi ai comuni che scelgono di accogliere i richiedenti asilo. Realizzando i primi hotspot di prima accoglienza e identificazione, oltre a potenziare le commissioni per la valutazione delle richieste d'asilo.
Con l'arrivo di Marco Minniti all'Interno, nel 2017 viene spostata a Milano per assumere il ruolo di prefetto, prima donna nella storia. Nel discorso di insediamento dice:«L'epoca in cui Platone si chiedeva nel famoso testo La Repubblica, “sarà tempo che le donne governino” è storia passata. Ora è il tempo delle donne. Non ho mai sentito un diverso trattamento nell'ambito della mia amministrazione. Il tetto di cristallo lo abbiamo superato».
Negli anni della metropoli, guidata da una giunta Pd e immersa in una Regione dalla gestione leghista, si fa apprezzare dagli uni e dagli altri. Eppure “cancella” una serie di ordinanze anti-migranti varate da alcuni Comuni a guida leghista commentando: «Vediamo sindaci che non sempre fanno la loro parte e io dico loro che è importante accettare la diversità, che è ricchezza e procedere con l'integrazione». Nella convinzione che «L'immigrazione non comporta di per sé un rischio, la mancata integrazione invece sì. […] Il processo di integrazione è necessario per evitare fenomeni di radicalizzazioni. Se ognuno fa la sua parte, non si hanno problemi».
Stimata dalla Caritas e dal terzo settore, è un tecnico abile e competente, esperta conoscitrice della macchina amministrativa da chi la conosce è definita una persona equilibrata, abile diplomatica e mediatrice, capace di gestire problemi e buona organizzatrice.