«Dritti e sinceri, quel che sono, appaiono:
teste quadre, polso fermo e fegato sano,
parlano poco ma sanno quel che dicono,
anche se camminano adagio, vanno lontano.
Gente che non risparmia tempo e sudore
– razza nostrana libera e testarda –.
Tutto il mondo conosce chi sono
e, quando passano… tutto il mondo li guarda».
Queste le parole del poeta Nino Costa citate dal Papa durante l'omelia. Parole che il Papa ha imparato in dialetto piemontese, fin da bambino, dalla bocca della nonna Rosa.
Nino Costa, nato a Torino il 28 giugno 1886 e morto il 5 novembre del 1945, ha svolto per tutta la sua vita la professione di bancario pur essendo laureato in medicina veterinaria.
Con lo pseudonimo di Mamina ha pubblicato le sue prime poesie sul settimanale dialettale Birichin. Le sue raccolte, tutte in dialetto, sono state pubblicate nelle raccolte Mamina, Sal e Pèiver, Brassabòsch, Fruta madura, Poesie religiose piemontèise, Ròba nòsta, Tempesta.
La poesia, di cui il Papa ha letto i primi versi, si intitola Razza nostrana