Florence Arthaud (Reuters).
"Era un tizio talmente vivo che non posso crederlo morto". Così si esprimeva Hemingway una volta appresa la scomparsa dell'amico Robert Capa. Capa, l'incarnazione stessa del fotogiornalismo "senza macchia e senza paura", non aveva timore del pericolo, non ne aveva mai avuto.
Così come affrontavano la vita con energia e coraggio i tre celebri sportivi periti ieri, nella inspiegabile collisione fra due elicotteri avvenuta nel nord dell'Argentina, durante le riprese di un nuovo reality show, "Dropped", che avrebbe dovuto andare in onda su TF1 durante l'estate prossima.
Oggi la Francia intera vive più o meno la stessa emozione, lo stesso sconcerto e lo stesso dolore che provò Hemingway dopo il decesso del fotoreporter temerario. Fra le vittime infatti, oltre ai due piloti argentini e a cinque membri della produzione tv, figurano tre personaggi fra i più amati nel mondo dello sport d'oltralpe. Florence Arthaud, 57 anni, era una delle rare figure femminili ad aver trovato uno spazio in prima fila nella vela. Nel 1990 vinse, prima e unica donna, la leggendaria regata della Route du Rhum. Nella notte, dal molo di Pointe à Pitre in Guadalupa, il pubblico vide affiorare dal buio lo scafo dell'imbarcazione di Florence. In quel preciso momento la navigatrice, cresciuta coi libri di Bernard Moitessier e di Eric Tabarly, entrò nella leggenda. La "fidanzatina dell'Atlantico" così' come era soprannominata, aveva già sfidato la morte in un paio di occasioni: un pauroso incidente stradale occorso a soli diciassette anni, quando rimase a lungo in coma e trascorse mesi in ospedale, poi quella notte terribile nel 2011, quando cadde fuori bordo a Capo Corso, su di lei solo una torcia elettrica e un telefono a tenuta stagna con cui riesci' a chiamare i soccorsi che la salvarono in extremis, dopo ore trascorse nell'acqua gelida. L'amore per il mare fu più forte delle paure e Florence continuo' a navigare. Qualche anno fa, si ritiro' dalle regate: era diventato sempre più complicato trovare gli sponsor per finanziare un nuovo trimarano con cui affrontare altre sfide. Si trasferí in una casetta con vista sul Mediterraneo in un quartiere pittoresco di Marsiglia, dove oggi i vicini la ricordano con le lacrime agli occhi.
Alexis Vastine ha impersonato invece suo malgrado il ruolo dell'eroe tragico. Era un bellissimo ragazzo con gli occhi azzurri da angelo triste, stava uscendo da una lunga depressione dopo le contestatissime decisioni di arbitraggio che gli avevano sbarrato la strada verso l'oro olimpico in ben due occasioni: i Giochi di Pechino e poi Londrta nel 2012. La sorte sembrava accanirsi su di lui: proprio mentre stava uscendo dal lungo tunnel depressivo, segnato dall'alcol, e aveva ripreso a allenarsi per continuare a inseguire il sogno olimpico a Rio de Janeiro, il giovane sportivo appena due mesi fa perdeva in un incidente stradale la sorella Cécile, 21 anni.
Diverso invece il percorso di Camille Muffat. Fisico scultoreo, imponente, Camille svettava sulle rivali. Aveva vinto tutto ai Giochi Olimpici di Londra. Prima di lei, in Francia, solo le nuotatrici Micheline Ostermeyer e Laure Manadou avevano ottenuto tre medaglie in un 'unica edizione (oro nei 400 metri in stile libero, argento nei 200 metri e bronzo nella staffetta). Nel luglio scorso, ancora giovanissima, Camille decide di ritirarsi. "Lascio il nuoto, voglio cominciare a vivere" avrebbe detto al suo allenatore. Quasi un presagio, come se qualcosa in lei dicesse che la sua esistenza dorata avrebbe avuto una fine prematura e tragica.