«Chi propone le riflessioni agli esercizi spirituali della Curia romana non fa la predica al Papa, ma tenta di illuminare la Grazia di Dio donata a tutti gli uomini e quindi anche al Papa». Monsignor Bruno Forte, oggi arcivescovo di Chieti-Vasto, sa di cosa si parla. Nel 2004 Karol Wojtyla gli domandò di coordinare la meditazione quotidiana che apre gli esercizi spirituali. Allora era “don Bruno Forte”, teologo.
Sarebbe diventato vescovo di lì a pochi mesi. Ricorda che chiese una benedizione speciale a Wojtyla e il Papa gli rispose:«Grazie di aver accettato».
Sono passati dieci anni, ma quell’esperienza non la dimentica: «Si sente che Dio parla, il predicatore è solo uno strumento». Giovanni Paolo II lo lasciò libero di stabilire il tema e lui scelse“Seguendo Te, luce della vita”, partendo da un brano del Vangelo di Giovanni.
C’è sempre, negli esercizi di ispirazione ignaziana, il tema della luce e
dell’illuminazione e quest’anno torna per i primi esercizi spirituali
di papa Francesco,che dal 9 al 14 marzo si svolgeranno ad Ariccia nella
Casa Divin Maestro dei Paolini, per la prima volta fuori dal Palazzo
apostolico.
Il tema, scelto da don Angelo De Donatis, il parroco di San
Marco evangelista al Campidoglio, a cui il Papa ha affidato le
riflessioni, si ispira a un versetto degli Atti degli apostoli: «Io sono
la luce vostra. Mi servirò di voi per illuminare». Ma non si tratta,
precisa monsignor Forte, di un corso a tema, bensì «dive al primo posto
non c’è la guida,ma lo Spirito Santo».
E qui Forte cita il maestro degli
esercizi spirituali,sant’Ignazio di Loyola. Gli esercizi sono nati come
metodo di spiritualità proprio della Compagnia di Gesù e poi diffusi
intutta la Chiesa «in ordine alla purificazionedel cuore, alla
conversione della vita ealla sequela di Cristo, per il compimentodella
propria missione nella Chiesa e nelmondo».
Questo scrive il fondatore
dei Gesuiti e vale per tutti: religiosi e laici.L’arcivescovo di Chieti
lo spiega così:«Servono per meglio vivere la
credibilitàdell’appartenenza a Dio» . Gli esercizi spirituali della Curia
romana sono ormai una pratica tradizionale anche se non molto antica nella
loro costituzione.
Esistono dal XVI secolo, ma non erano stabili ed erano
affidati al predicatore della Casa pontificia, una figura voluta da papa
Paolo IV nel 1555, nel suo sforzo di riformare la Curia di Roma e
metterlaal riparo da troppa mondanità.
L’incarico venne dato soprattutto
ai Gesuiti, finché nel 1743 Benedetto XIV lo assegnò ai Frati minori
cappuccini. Oggi è ancora così e il predicatore della Casa pontificia è
il padre francescano Raniero Cantalamessa. Dal 1929, però, il predicatore
non propone più le riflessioni degli esercizi spirituali, ma le prediche
di Avvento e di Quaresima, ogni venerdì a eccezione della prima settimana
di Quaresima, quando si svolgono, appunto, gli esercizi spirituali della
Curia.
Fu Pio XI nel 1929 a rendere fissi gli esercizi spirituali e a
darne un’impronta ignaziana, che quest’anno papa Francesco rafforza
scegliendo un luogo diverso dalla propria stabile dimora, secondo le
indicazioni del fondatore dei Gesuiti. Achille Ratti era un ammiratore di
Ignazio.
Nel 1922 lo proclamò patronodegli esercizi spirituali. Sette
anni dopo con l’enciclica Mens nostra istituì formalmente gli esercizi
spirituali in Vaticano.
Quest’anno si compiono 85 anni. All’inizio si
svolgevano nella prima settimana di Avvento. Fu Paolo VI, che, per via
delle sessioni del Concilio, li trasferì in Quaresima. Solo per due volte
gli esercizi non si svolsero. Nel 1950 Pio XII li rinviò di un anno per
non interrompere le manifestazioni dell’Anno santo. Ma nel 1951 ne volle
fare due sessioni. Nel1962 Roncalli li sostituì con una settimanadi
ritiro nella Torre di San Giovanniin Vaticano in preparazione del
Concilio.
All’inizio Pio XI e Pio XII scelsero quasisempre Gesuiti per
guidarli. Papa Giovanni è il primo a chiamare un parroco romano, monsignor
Pirro Scavizzi, nel 1960. Nel 1964, Paolo VI invita per la primavolta
uno straniero, il teologo tedesco Bernard Haering. Montini è anche il
primo che chiama un cardinale: Karol Wojtyla, nel 1976. Giovanni Paolo II,
nel 1983, chiede le meditazioni a Ratzinger, il quale anni dopo rivelerà
che nel 1975, quand’era semplice teologo, disse di no a Paolo VI, perché
non si sentiva sicuro del suo italiano, né del suo francese. Con
BenedettoXVI l’ultimo a essere chiamato aguidare gli esercizi
spirituali, nel 2013, fu il cardinale Gianfranco Ravasi. Il Papa aveva già
annunciato le sue dimissioni dall’ufficio petrino.