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lunedì 24 marzo 2025
 
 

L'Unità d'Italia? Pagatevela!

19/02/2011  L'unità d'Italia è come una tassa. Per festeggiare il 17 marzo un metalmeccanico ci rimetterà 50 euro. Per chi invece lavora, guadagno extra. E' giusto tutto questo?

La festa dell’Unità d’Italia? Forse non ci sarà festa più antipatica del 17 marzo in 150 anni di storia. La ragione è presto detta: i cittadini dovranno pagarsela da sé. Fabbriche, uffici e scuole saranno chiuse ma ciò avverrà a costo zero per lo Stato. Per finanziare le perdite infatti il Governo ha deciso di traslare la retribuzione aggiuntiva prevista per il 4 novembre, che come è noto è una festività lavorata. Una partita di giro che sottrarrà soldi ai cittadini lavoratori.


     Facciamo un esempio: un metalmeccanico che rimarrà a casa il 17 marzo perderà sei ore e 40 minuti di retribuzione aggiuntiva, che per uno stipendio di 1.300 euro netti (frequente nella categoria) vale in questo caso 50 euro in meno. Per i lavoratori pubblici invece la festività soppressa del 4 novembre è stata sostituita con uno dei giorni di permesso compensativo. Quindi, in pratica, per chi non lavora il 17 marzo sarà come aver usufruito in quel giorno di uno dei permessi annui (a costo zero per datore e lavoratore, che però avrà lo svantaggio di non poter decidere il giorno in cui usufruire di quel permesso).

     Morale: alla fine la festa più importante dei suoi 150 anni di storia, tra gli auspici a non stare a casa di Confindustria, l’ammuina dei leghisti e gli strilli dei sudtirolesi, gli italiani dovranno pagarsela di tasca loro, come se fosse una tassa. Introducendo tra l’altro una differenza di trattamento tra lavoratori pubblici e privati. Ecco sì: hanno ridotto il 17 marzo a una sorta di gabella patriottica, una tassa del macinato delle commemorazioni se si pensa, oltre tutto, che chi in quell’occasione lavorerà avrà un non indifferente vantaggio salariale. Se l’azienda, magari per stare dietro alle commesse, chiede al dipendente di lavorare, essendo il 17 un giorno di festa, verrà pagato con un amaggiorazione del 50 per cento. Insomma: se il metalmeccanico suddetto fa festa, ci perde 50 euro, se lavora ne guadagna cento. E’ proprio il caso di dirlo: “pagata” la festa, gabbato lu santo, in questo caso il cittadino.

 

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