I Giusti del nostro tempo contro i fanatismi, per il dialogo e l’accoglienza. Chi soccorre i migranti, chi si batte, anche a rischio della propria vita, per la convivenza tra le culture. Se ne è parlato il 25 maggio al Parlamento di Bruxelles, in una conferenza organizzata dalla onlus Gariwo in collaborazione con il gruppo Socialisti & Democratici e l'Anti Racism and Diversity Intergroup.
Spiega Gabriele Nissim: «Il concetto di Giusto, nato con il memoriale di Yad Vashem di Gerusalemme per ricordare i non ebrei che sono andati in soccorso degli ebrei, ha un valore universale: esistono uomini Giusti che meritano di essere ricordati in tutti i genocidi, in tutte le dittature. La costruzione dell’Europa democratica, dopo il nazismo e il comunismo, è il risultato del coraggio morale di questi uomini». In Israele, alla base della legge sui Giusti del 1953, c’è quanto affermato nella Bibbia: «Chi salva una vita, salva il mondo intero». Ma questa memoria richiama anche uno degli elementi fondanti della cultura europea: il valore dell’individuo e della responsabilità personale.
Giulio Regeni.
Con l’Ong che ha fondato (Gariwo), Nissim nel 2012 ha ottenuto che il Parlamento facesse proclamare il 6 marzo Giornata europea dei Giusti, che quest’anno è stata celebrata in più di cinquanta città, ha visto la costruzione di un centinaio di Giardini dei Giusti e la mobilitazione di migliaia di giovani e insegnanti in percorsi educativi nelle scuole (film, mostre, pubblicazioni, spettacoli). Con un messaggio inviato al convegno a Bruxelles, il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha annunciato che all’interno dell’ambasciata italiana a Tunisi sarà ospitato il primo Giardino in un Paese arabo.
Tutte queste iniziative vogliono essere uno strumento per smuovere le coscienze della comunità: «Avete presente la maieutica di Socrate?», chiede Nissim, «Si proponeva con il suo insegnamento di scuotere la coscienza degli ateniesi. Ebbene, mi immagino che in questa giornata ci sia un Socrate nella coscienza di ogni cittadino che lo inviti ad assumere una responsabilità morale nei tempi difficili e lo sproni a ispirarsi al comportamento dei Giusti. L’esempio del bene ha un effetto contagioso».
Hamadi ben Abdelssalam.
Questi uomini, fortunatamente, non appartengono solo al passato, ma sono in prima fila nella difesa morale dell’Europa e della nostra civiltà umana. Continua Nissim: «Non sono né santi, né eroi, ma hanno una peculiarità che si ripropone sempre nella storia. Si presentano sulla scena quando esiste uno spazio vuoto: agiscono quando le istituzioni non solo si dimostrano impotenti, ma prendono una strada pericolosa; si manifestano in controtendenza, quando l’orientamento dell’opinione pubblica si fa trascinare dalla paura, dall’indifferenza, o addirittura diventa facile preda dell’ideologia dell’odio e del nemico da combattere».
Molto spesso non sono nemmeno consapevoli della portata delle loro azioni: «Li guida un sentimento spontaneo di misericordia e una sorta di istinto del bene che li spinge a promuovere degli atti che non si sarebbero mai sognati di fare nella loro vita. Trovano improvvisamente un coraggio e una forza di cui probabilmente essi stessi non si erano mai resi conto. Fino a ieri erano persone del tutto normali, che come tutti avrebbero pensato al proprio benessere e avrebbero fatto solo il minimo necessario per gli altri. Improvvisamente scatta in loro qualche cosa di miracolosamente umano». Come diceva Socrate, «in mancanza delle parole, faccio vedere cosa sia la giustizia con le mie azioni».
Lassana Bathily.
Varie le figure dei Giusti dei nostri giorni ricordate durante il convegno a Bruxelles. Giulio Regeni, il giovane attivista e studioso italiano sequestrato, torturato e ucciso per le sue ricerche in Egitto, Vian Dakhil, l’unica yazida al Parlamento iracheno, oppure i tre musulmani che hanno avuto la forza e il coraggio di proteggere ebrei e cristiani dalla furia omicida dei terroristi. Lassana Bathily: dopo aver salvato i clienti del supermarket Kosher di Parigi, è diventato un testimone della lotta al terrorismo e spiega nelle sue conferenze che non si può uccidere in nome di un Dio che appartiene a tutta l’umanità; Mahadi ben Abdessalam, la guida tunisina che durante l’attacco terrorista al museo del Bardo ha nascosto una trentina di turisti italiani nei sotterranei; Salah Farah, il musulmano keniota, insegnante e vicepreside di una scuola, che è stato ucciso per aver rifiutato di obbedire agli ordini dei terroristi di al-Shabab, che durante l’assalto a un autobus volevano dividere i passeggeri cristiani dai musulmani per poterli poi massacrare come infedeli.
Nissim sottolinea poi la figura di Antoine Leris: «A chi oggi in Europa presenta tutti gli immigranti musulmani come potenziali terroristi, è importante ricordare il giornalista di France Blue che, dopo avere perso la moglie nella strage del Bataclan, ha avuto il coraggio di dire che mai avrebbe accettato di farsi trascinare dall’odio verso lo straniero e verso chi professa una religione diversa. Se i francesi avessero seguito questa strada, avrebbero perso quella dignità morale che li distingue dai terroristi».
Alcuni bambini profughi giocano al Memoriale della Shoah, alla Stazione Centrale di Milano, che ha aperto loro le porte nell'emergenza.
Infine, è centrale il tema dei profughi: «Se ieri i nazionalismi in Europa vedevano negli ebrei i nemici dell’umanità», sostiene Nissim, «oggi i nuovi nazionalismi vedono negli uomini più sofferenti del pianeta, in fuga dalla siccità e da regimi criminali, i nuovi nemici da cui difenderci. I movimenti xenofobi riescono a trovare consenso nell’opinione pubblica alimentando la paura e il sentimento di incertezza verso il futuro che circola tra tanta gente che sembra perdere la fiducia nelle istituzioni europee. La loro forza nasce dal vuoto dell’Europa».
Al contrario, ci sono grandi esperienze di uomini Giusti che a Lampedusa, a Malta e nell’isola greca di Lesbo, sono impegnati nella salvezza dei migranti che arrivano sulle coste del Mediterraneo e che senza il loro aiuto andrebbero incontro a una morte certa. «A Milano», conclude Nissim, «c’è stata una significativa esperienza di solidarietà dal grande valore simbolico. Insieme alla Comunità di Sant’Egidio, il Memoriale della Shoah, che si trova a pochi passi dalla Stazione Centrale, ha messo a disposizione i suoi locali per accogliere i profughi e dare loro un tetto. Il messaggio è stato di una chiarezza assoluta. Se si vuole ricordare senza ipocrisia l’indifferenza verso gli ebrei durante il periodo nazista, non si possono chiudere le porte ai migranti».