Il recente rapporto Pisa in Focus dell’OCSE, intitolato Who wants to become e teacher? (Chi vuole diventare un professore?) mostra una realtà che pervade tutti i Paesi europei. Agli studenti di 15 anni, provenienti da 60 paesi partecipanti all’indagine, è stato chiesto quale occupazione si aspettano di fare quando avranno 30 anni. Il 44% ha riferito che si aspetta di ricoprire occupazioni di status elevato, cioè posizioni per cui in genere è richiesta una laurea; ma solo il 5% (3% dei maschi e il 6% delle femmine) di questi studenti ha risposto che desidera di lavorare come insegnante.
La professione di docente è particolarmente attraente per gli studenti in Indonesia, Irlanda, Giappone, Corea, Lussemburgo e Turchia. Al contrario, i 15 enni di Estonia, Germania, Ungheria e Italia non subiscono lo stesso fascino.
Nel nostro Paese i dati scendono ulteriormente e nella classifica ci posizioniamo tra gli ultimi: solo l’1 % degli studenti, infatti, si dichiara futuro insegnante; tra i maschi la percentuale scende allo 0,3 %. I motivi di questo scarso interesse sono facili da individuare.
Innanzitutto il ruolo dell’insegnante: egli è formatore ed educatore e dovrebbe essere riconosciuto come tale soprattutto dalle famiglie. Ha perso invece la sua autorevolezza. Ai professori non viene più riconosciuta la centralità della loro posizione nella società e spesso sono costretti a subire le incursioni di genitori, e non solo, sempre pronti a criticare il loro modo di insegnare. Inoltre è risaputo che lo stipendio dei docenti italiani sia tra i più bassi rispetto a quello di altri professionisti laureati, cosa che delegittima ulteriormente questa professione.
I ragazzi, seppure giovanissimi, sentono tutto ciò. Probabilmente ascoltano i discorsi degli adulti e respirano in famiglia questi giudizi e preconcetti. Di conseguenza se desiderano, come è giusto che sia, gloria e ricchezza ovviamente non possono sognare di diventare un professore.