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Credere

Chiara Luce Badano. La ragazza che illuminò la morte

26/04/2018  A 17 anni reagisce al tumore con il sorriso, trasformando il calvario della malattia in un abbraccio fiducioso con la croce. Il suo segreto? Sentirsi amata da Dio: «La vita è un dono gratuito e immenso, viviamo ogni attimo nella pienezza di Dio»

«Nel mio “stare” il vostro andare». Si può condensare in queste semplici parole la vita di Chiara Luce Badano, la giovane  morta per tumore a 17 anni nel 1990. Quando indirizzò questo pensiero agli amici Focolarini, era già malata eppure teneva stretta l’empatia con le persone e la capacità d’infondere speranza. Non a caso Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, alla quale la giovane chiese un soprannome in uno dei loro intensi scambi epistolari, la chiamò Luce.

Nata a Sassello, in provincia di Savona, nel 1971, Chiara viene educata alla fede soprattutto dalla madre, che la considera un dono speciale della Madonna, pregata insieme al marito per ben undici anni affinché potessero avere un figlio. Fin da piccola il suo carattere, determinato ma allo stesso tempo gentile con tutti, viene levigato dall’amore familiare, ove impara a prendere confidenza con Gesù. Ecco cosa riferisce a proposito la madre, Maria Teresa: «A Chiara, fin dai primi anni di vita, insegnai le preghiere più comuni: Angelo di Dio e Padre nostro. Le recitavamo assieme, prima che lei si coricasse. Chiara accoglieva molto volentieri l’invito alla preghiera».

Grande peso ha sul suo cammino interiore l’adesione al movimento dei Focolari, avvenuta intorno ai nove anni: i principi ispiratori del sodalizio fondato da Chiara Lubich si sono gradualmente depositati nell’animo della docile bambina di Sassello, forgiando una personalità aperta ai valori dell’unità, di «Gesù abbandonato», del «Gesù in mezzo».

QUEI PICCOLI GESTI DI CARITÀ

Quello che stupisce di «Chiaretta», come la chiamava l’amica del cuore Chicca Coriasco, è la disponibilità totale verso il prossimo: i suoi piccoli gesti di carità, le rinunce, i fioretti, la misericordia verso le persone svantaggiate. Significativo quel che disse a suor Bonaria mentre frequentava le scuole elementari: «Io trovo Gesù quando a scuola posso dare la mia merendina a una compagna che non ce l’ha. L’ho detto alla mamma e adesso me ne dà due. Ma io voglio dare anche la mia perché nel bambino povero vedo Gesù. Io sento una grande gioia perché faccio felice Gesù».

La capacità di soffrire in nome di Gesù viene affinata nel corso della giovinezza dalle “punture di spillo”, per usare un’espressione di santa Teresa di Gesù Bambino, che a poco a poco si fanno sentire: le difficoltà di rapporto con la nonna paterna, lo scherno degli amici per la frequenza quotidiana alla santa Messa, le incomprensioni con alcuni professori, fino alla bocciatura in quarta ginnasio. Un crescendo di dolori che la proiettano verso la prova decisiva: la malattia, giunta come un fulmine a ciel sereno all’età di 17 anni, e che lascia fin da subito poche speranze in un decorso positivo.

UN CALVARIO DI LUCE

  

Qui comincia il calvario di Chiara. Un calvario di luce però. Infatti, pur scossa dall’arrivo improvviso del male, Chiara tiene lontane da sé disperazione, rabbia, tristezza e, dopo una fase iniziale costellata dai perché rivolti a Dio, reagisce con l’arma di un sorriso radioso, incomprensibile secondo le logiche umane, ma frutto di una convinzione granitica che non verrà più scalfita: essere amata da Gesù.

Ed è così che la stanza della giovane focolarina, ove si recano parenti e conoscenti per darle un conforto, diventa un santuario nel quale si respira aria di Paradiso, illuminato da quell’amore di Gesù che Chiara espande sempre, anche mentre sopporta dolori lancinanti a causa dell’osteosarcoma che la sta consumando.

L’amore di Gesù che la induce a organizzare con le amiche il proprio funerale come il giorno delle nozze con Cristo, l’agognata unione con Colui che ha vivificato la sua breve esistenza. Un amore vissuto da Chiara sempre con lo sguardo rivolto agli altri, come evidenzia un messaggio rivolto ai suoi amici in vista del Genfest, raduno giovanile dei Focolari cui lei non partecipa perché già debilitata dalla malattia: «Vi offro il mio nulla perché lo Spirito Santo elargisca su questi giovani tutti i suoi doni d’amore, di luce, e di pace, affinché tutti comprendano quale dono gratuito e immenso sia la vita e quanto sia importante viverla ogni attimo nella pienezza di Dio».

È luce di risurrezione quella che Chiara riverbera abbracciando la croce, inondando chi le sta accanto non con il buio dell’angoscia, ma con il sole dell’amore. Ci sovvengono le parole dell’apostolo Paolo: «Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?» (1Corinzi 15,55).

LA MORTE È SCONFITTA

Sì, perché la morte, calata come una scure sulla vita di questa ragazza, non ha avuto l’ultima parola: è stata scavalcata dall’onda più alta della risurrezione, ed è per questo che la vicenda di Chiara attira così tanto i giovani. Come emerge dalla testimonianza di una delle tante ragazze che hanno conosciuto la storia della beata: «Spesso i giovani soffrono per una sorta di “mal di vivere”, per un’apatia che spegne il cuore e rende tristi senza un perché e Chiara di fronte a tutto ciò appare un inno alla vita, un inno alla gioia…»

La luce di Chiara, morta il 7 ottobre del 1990, ricorrenza della Madonna del Rosario, brilla oggi più che mai anche grazie alla beatificazione, avvenuta a Roma il 25 settembre del 2010, davanti a migliaia di giovani provenienti da tutto il mondo, ai quali Chiara ha passato il testimone, nella grande gara dell’amore che è stata la sua vita.

LA COLLANA. GIOVANI TESTIMONI DELLA FEDE

  

La collana Giovani testimoni della fede presenta esempi significativi di ragazze e ragazzi capaci di raccogliere intorno a sé gruppi di devoti. I volumi, compreso quello dedicato a Chiara Luce Badano, si possono acquistare con Credere a 5,90 euro più il prezzo del settimanale, in edicola e in parrocchia.

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