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Come non bisogna parlare del male...

30/09/2021  Il male non è una questione intellettuale da risolvere, ma un problema pratico da affrontare. La riflessione del teologo Robert Cheaib

Il come si parla di un argomento vale tanto quanto quello che se ne dice. A volte delle risposte tanto giuste manifestano insensibilità e per questo, pur nella loro giustezza teorica, sono “sbagliate”. Come tutte le grandi domande, chi vuole rispondere non sparando clichés, deve misurare molto le sue parole. Da docente di antropologia teologica, c’è una parte del corso in cui consideriamo il “contesto” dell’uomo, ovvero il mondo. In questa teologia della creazione, consideriamo appunto il male fisico presente nella creazione. In questo contesto, chiedo agli studenti di dirmi cosa pensano del male fisico. Il ventaglio delle risposte è davvero ampio e dipende molto dalla sensibilità delle persone, dalla loro cultura (teologica, filosofica o scientifica) e, anche, dalla loro esperienza personale. Generalmente, chi ha vissuto il dolore o la perdita sulla propria pelle, non dà risposte affrettate. Ciò che noto sovente è l’ansia di dare la risposta giusta. Le risposte non sono stupide. Ne ricordo alcune: il mondo non è perfetto ed è un mondo in evoluzione e in cambiamento, è normale che non sia perfetto; sant’Agostino dice che «il male è ombra del bene». I “mali” fisici, sono mali “relativi”, nel senso che il vulcano fa parte del processo evolutivo della terra e apporta tanti beni come materiali preziosi e rari e un terreno più fertile dopo. E appunto in questo senso sono mali relativi, perché dipende se l’eruzione del vulcano ti cade in testa o se ti ritrovi qualche generazione dopo un terreno fertile “gratis”. Qualcuno risponde con clichés che non sa spiegare ulteriormente: il peccato originale, il riscaldamento planetario, i mali naturali sono causati indirettamente dall’uomo, ecc. Dopo questa rassegna di risposte e grazie appunto a questa condivisione, chiedo ai miei studenti di immaginare di dare la loro risposta a un papà o una mamma che ha perso tutta la sua famiglia e tutti i suoi averi in un’alluvione. E qui cala il silenzio. In breve, ciò che cerco di trasmettere agli studenti, prima di considerare il quadro della risposta teologica, è che le persone colpite dal male non hanno bisogno della spiegazione, ma della prossimità e di tutto l’aiuto possibile. Cerco in altri termini di trasmettere ciò che ho maturato dentro nel tempo, ovvero la comprensione che il male non è una questione intellettuale da risolvere, ma un problema pratico da affrontare. Forse ho già anticipato la linea della mia risposta. Non mancate il nostro prossimo appuntamento!

 
 
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