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Organizzarci ora per ripartire domani

25/02/2021  È urgente poter dare ai ragazzi e ai giovani l’opportunità di esprimere la loro frustrazione. La riflessione del teologo Gaetano Piccolo

Ormai da diversi mesi molte attività parrocchiali sono sospese o limitate, nella migliore delle ipotesi si procede faticosamente a distanza o incontrandosi in piccoli gruppi per mantenere il necessario distanziamento. Diversi parroci cominciano però a preoccuparsi perché la vita delle parrocchie sembra che si vada lentamente spegnendo. Un modo per valorizzare questo tempo di sospensione forzata può essere quello di riflettere su come impostare in modo nuovo le nostre attività appena sarà possibile riprenderle. Un ambito nel quale è urgente avviare una riflessione riguarda il modo in cui accompagniamo i ragazzi e i giovani. Non a caso partiamo da questa realtà, perché si tratta di coloro che probabilmente stanno vivendo in modo più drammatico questo tempo: se per un adulto può essere un problema banale non festeggiare il compleanno o rimandare le vacanze estive, per un giovane non poter celebrare i diciotto anni o la fine della scuola superiore non è la stessa cosa. Nel caso dei più giovani infatti si tratta di tappe che non si ripeteranno più nella vita. Inoltre, quando stiamo crescendo, abbiamo maggiormente bisogno dell’incontro con gli altri per maturare nel confronto, nelle esperienze e nei riti di passaggio. Come insegnante mi sto accorgendo del fatto che, davanti a queste difficoltà inattese, emergono in modo parossistico le fragilità dei nostri ragazzi: insicurezza, accidia, tendenze depressive, talvolta anche autolesionismo. È come se fossero arrabbiati, senza però la possibilità di esprimere la rabbia, dal momento che non c’è un avversario evidente contro cui scaricare questa tensione. La rabbia viene riversata perciò su se stessi, senza poter essere consegnata in qualche modo. Ritengo che da qui scaturisca una prima indicazione per noi educatori: dare ai ragazzi e ai giovani la possibilità di rileggere questa esperienza e offrire l’opportunità di affidare ed esprimere in qualche modo questa rabbia. Il nostro ruolo di educatori non sarà quello di minimizzare, di fingere o rassicurare, ma quello di aiutarli a vedere come siano stati capaci di affrontare in qualche modo queste difficoltà, facendo leva sulle loro forze e sulle risorse che il mondo, nonostante i tanti limiti, è stato capace di offrire. Si tratta di un punto di partenza che merita però di trovare un approfondimento ulteriore.

 
 
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