Mi è giunta qualche giorno fa questa domanda: «Caro Roberto, mentre pregavo sul Vangelo (Giovanni 15), mi ha messo un po’ in crisi. Gesù dice ai discepoli che solo restando attaccati a Lui si porta frutto e va bene, noi che abbiamo la fede lo sappiamo perché lo sperimentiamo ogni giorno. Ma chi non ce l’ha? Penso a chi si alza alle 5 del mattino per procurare il cibo alla propria famiglia e magari sta insieme al proprio coniuge da 20, 30, 40 anni pur non avendo la fede».
Caro Fabrizio, potrei dirti che Gesù stesso risponde alla tua domanda. Ti cito intanto i versetti e poi aggiungo una piccola riflessione: «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli» (Matteo 7,21) e «Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi» (Luca 13,29-30). Questi versetti aprono prospettive grandi che rispondono al tuo quesito: alcuni che si sentono interni probabilmente sono esterni perché non vivono secondo il Vangelo nel loro cuore e nella loro quotidianità. Altri, invece, sono – per usare un’espressione famosa di un teologo – «cristiani anonimi», che, non avendo incontrato l’annuncio di Cristo o avendo un impedimento oggettivo umanamente insormontabile per accogliere la fede in Gesù, lo hanno accolto implicitamente. Queste persone sono salvate non senza Cristo, ma da Cristo che li raggiunge.
A questo riguardo, la Chiesa insegna: «Cristo è morto per tutti e la vocazione ultima dell’uomo è effettivamente una sola, quella divina; perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire associati, nel modo che Dio conosce, al mistero pasquale» (Gaudium et spes, n. 22). Al contrario, «non si salva, però, anche se incorporato alla Chiesa, colui che, non perseverando nella carità, rimane sì in seno alla Chiesa col “corpo”, ma non col “cuore”» (Lumen gentium, n. 14). Un’ultima parola che mi pare importante: la salvezza che si rivolge a tutti, non esime la Chiesa dall’annunciare Cristo perché l’incontro implicito dell’amore di Cristo richiama l’incontro esplicito con il Suo volto. Chi ama desidera chiamare l’Amato per nome. Lo stesso Concilio afferma: «Il dovere della Chiesa, nella sua predicazione, è dunque di annunciare la croce di Cristo come segno dell’amore universale di Dio e come fonte di ogni grazia» (Nostra aetate, n. 4).