(nella foto sopra: il primate anglicano d'Inghilterra Justin Welby. In copertina, il mocaco Peter Ball, coinvolto nello scandalo degli abusi)
Dopo la BBC, coinvolta di recente in uno scandalo di abusi sessuali, perpetrati dall’attore Jim Savile, adesso tocca alla “Chiesa di Inghilterra” aver coperto i misfatti del vescovo Peter Ball, monaco che è stato paragonato a san Francesco d’Assisi ed era amico anche del principe Carlo. Eppure cercava le sue vittime tra i giovani che gli venivano affidati perché fossero avviati alla vita religiosa. Ancora una volta buona parte della classe dirigente britannica è coinvolta perché a proteggere la pedofilia del presule, convinto della sua innocenza, è stato addirittura Lord Carey, già Primate anglicano, personaggio stimato che ebbe il coraggio di criticare Margaret Thatcher.
L’attuale capo della “Chiesa di Inghilterra” Justin Welby gli ha chiesto di rinunciare alla carica di vescovo onorario e di dimettersi e Carey ha dovuto abbozzare. “Per vent’anni la nostra Chiesa ha insabbiato e mentito”, ha detto Welby, “anziché aiutare le vittime e si tratta di un comportamento imperdonabile”. Uno dei poveri giovani molestati da Ball, Neil Todd, per anni aveva denunciato il vescovo perché aveva approfittato della sua innocenza. C’è voluto il suo suicidio perché la Chiesa d’Inghilterra aprisse finalmente un’inchiesta sugli abusi che Ball commise, tra gli anni settanta e novanta, su 18 ragazzi costringendoli, per esempio, a pregare nudi.
Il risultato è il rapporto “Abuso della fede” definito “scioccante” dallo stesso Primate Justin Welby. “La nostra Chiesa ha insabbiato e mentito anziché denunciare”, ha detto Welby, ricordando come Lord Carey avesse consegnato alla polizia soltanto una delle sette lettere che accusavano il vescovo Ball. Quest’ultimo, infatti, venne arrestato nell’ottobre 2015 ma rilasciato in febbraio dopo appena 16 mesi.
Come nel caso della BBC con Jim Savile, le autorità della Chiesa di Stato inglese erano più preoccupate di proteggere l’istituzione che le vittime. Un atteggiamento che ha coinvolto anche la Chiesa cattolica nel 2002 quando il Primate Cormac Murphy-O’Connor è stato accusato di aver spostato in diverse parrocchie un prete pedofilo anziché consegnarlo alla polizia. Anche allora le alte cariche cattoliche erano convinte di dover perdonare e aiutare i preti pedofili e non capivano la necessità di far intervenire le autorità laiche competenti.
In casa cattolica progressi sono stati fatti con l’avvio della “National Safeguarding Commission” (Ncsc), organismo indipendente, stabilito dalla Chiesa cattolica di Inghilterra e Galles nel 2008, per garantire che minori e adulti vulnerabili siano protetti contro gli abusi dopo che il rapporto Nolan, pubblicato nel 2001, aveva raccontato quanto diffusa fosse nella Chiesa la mentalità che portava a nascondere gli abusi anziché segnalarli alla polizia.
Purtroppo il problema ancora esiste. Secondo l’ultimo rapporto della Ncsc, infatti, reso pubblico il mese scorso, le denunce per abusi contro bambini registrate dalla Chiesa cattolica (e subito trasmesse all’autorità giudiziaria) sono state 145 e, di queste, 45 hanno coinvolto sacerdoti. Il presidente della commissione Chris Pearson ha anche segnalato come esistano ancora ordini religiosi che non hanno sottoscritto le linee guida proposte dalla Ncsc che può intervenire soltanto su parrocchie e diocesi per convincerle ad avere un rappresentante che ha l’incarico specifico di salvaguardare l’integrità fisica e psicologica dei bambini.
La Chiesa cattolica inglese sta anche avviando, per la prima volta, una nuova linea telefonica, gestita da psicologi e counsellor, non necessariamente cattolici, in grado di ascoltare il dramma di chi ha subito un abuso e si spera che l’anominato, garantito dalla cornetta, incoraggi le vittime a farsi avanti.