Tutto inizia con un portone di legno, che, visto da fuori, parrebbe appartenere a un casolare di campagna più che a una chiesa. Ma quando, con uno scatto improvviso, i due battenti si aprono, ci si ritrova immersi in uno spazio sacro, quasi fuori dal tempo. E, come in una narrazione teatrale, dalla penombra si svela, poco a poco, un magnifico ciclo di affreschi quattrocenteschi che raccontano le ultime ore della vita terrena di Gesù: la lavanda dei piedi, Giuda e i suoi trenta denari, la condanna del Sinedrio, Pietro in lacrime, le pie donne, poi l’agonia e la croce. Una voce calma e avvolgente racconta, una ad una, le immagini, progressivamente illuminate. Ma non è la voce di una guida turistica, così come a spalancare il portale non è stato un custode. La visita è possibile grazie a un sistema automatizzato: bastano pochi clic sul telefono per aprire la chiesa. E, una volta all’interno, con un pulsante si avvia la narrazione (disponibile in tre lingue), una sorta di audioguida che illustra i contenuti del sito.
Siamo a Santa Vittoria d’Alba, nel Roero, in un quieto angolo di Piemonte dove, tra le morbide colline, i filari di vitigni pregiati si alternano ai noccioleti e ai frutteti. Qui si trova l’oratorio di San Francesco, fatto costruire in epoca medievale dalla Confraternita del Santo Spirito, un’associazione di laici che dava assistenza ai più poveri. L’edificio è uno dei 13 luoghi sacri attualmente visitabili con sistema automatizzato, grazie al progetto “Chiese a Porte aperte” (il numero è destinato presto ad aumentare). L’iniziativa è stata ideata dalla Consulta per i beni culturali ecclesiastici del Piemonte e Valle d’Aosta e dalla Fondazione CRT (Cassa di Risparmio di Torino). La realizzazione è stata attuata con il sostegno della Regione Piemonte e il cofinanziamento dei proprietari dei beni (Diocesi e Comuni). Un progetto articolato e ambizioso, dunque, che ha fatto dialogare molti soggetti, pubblici e privati. Decisivo, ad esempio, è stato il coinvolgimento delle Soprintendenze competenti.
Certo, l’idea di aprire e visitare una chiesa semplicemente con un’App sul telefono pone domande, anche profonde. Da sempre ogni edificio di culto esiste in funzione di una comunità. Perché – lecito chiederselo – rimpiazzare una guida in carne ed ossa con una voce registrata (per quanto calda e professionale)? In realtà il progetto non vuole affatto liquidare i volontari culturali (in Piemonte e Valle d’Aosta sono circa 2.000 quelli formati sull’arte sacra), né tanto meno punta a incentivare la visita “mordi e fuggi”, svincolata dal contatto umano. L’obiettivo è, se mai, quello di rendere accessibile a tutti un patrimonio di tesori artistici e spirituali che, diversamente, rischierebbero di rimanere chiusi. Naturalmente non stiamo parlando di chiese parrocchiali, ma di piccole cappelle, spesso collocate al di fuori dei centri abitati. Prevedere in luoghi del genere una costante presenza di volontari non sarebbe possibile. Ecco allora il perché dell’apertura automatizzata, che rende visitabili questi beni in tutti i giorni dell’anno, sia a persone singole che a piccoli gruppi.
«Se ragionevole è organizzare le aperture delle chiese con i volontari nelle giornate festive, dove è verosimile un passaggio di visitatori significativo, altro è garantire la presenza in loco durante i periodi di bassa stagione o durante la settimana, quando i flussi sono molto incostanti» fa notare il curatore del progetto, Roberto Canu. E ribadisce: «Intendiamo l’utilizzo delle aperture automatizzate come uno strumento integrativo e non sostitutivo delle figure dei volontari culturali. Il sistema è stato infatti pensato proprio per quei siti storici che hanno intorno una comunità che se ne prende cura, luoghi vivi e riconosciuti». Le narrazioni dei luoghi d’arte sono state studiate con cura, per coinvolgere tanto gli appassionati quanto i neofiti. E il sistema prevede strumenti di sorveglianza, che rendono l’esplorazione sicura per i visitatori e rispettosa per i beni.
Da sinistra: monsignor Derio Olivero, vescovo di Pinerolo e delegato per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza episcopale piemontese, e (al centro) Giovanni Quaglia, presidente della Fondazione Crt. Le foto di questo servizio sono dell'agenzia stampa Ansa..
L’iniziativa si inserisce in un progetto di più ampio respiro, denominato “Città e cattedrali”, che punta a valorizzare il patrimonio sacro della regione anche attraverso percorsi a piedi o in bicicletta. L’apertura automatizzata è prevista, ad esempio, per alcune cappelle dell’alta Valle di Susa, nella zona di confine, presso Bardonecchia, da cui nel medioevo passava la via Francigena, percorsa da migliaia di pellegrini in viaggio verso Roma. Itinerari e modi di spostarsi che val la pena riscoprire.
E se il progetto è nato con l’idea di mettere il nuovo (cioè la tecnologia) al servizio dell’antico, in alcuni contesti sono stati necessari interventi particolari. E’ il caso dell’affascinante quanto poco nota cappella di San Rocco a Mombarcaro, nell’alta Langa, all’incontro tra le valli Belbo e Uzzone (anche qui un panorama mozzafiato). La cappella, con gli affreschi del pittore cinquecentesco Antonino Occello da Ceva, si trova in aperta campagna. Allacciarla alla rete elettrica sarebbe stato complicato. Così si è pensato a una soluzione ecosostenibile: il sistema di apertura, così come gli impianti audio e luci, è alimentato da un pannello solare, nascosto nella parte posteriore dell’edificio.
L’Applicazione per l’apertura automatizzata si chiama, come il progetto, “Chiese a porte aperte” ed è scaricabile gratuitamente. Per maggiori informazioni www.cittaecattedrali.it.