Ma dall’Italia all’Iran, dall’America latina alla Russia, l’identikit del ritocco
ha tre caratteristiche: è chiesto più spesso da una donna, per il seno, e
preferibilmente con il minor uso di bisturi possibile. La frontiera sono i filler:
l’uso di riempitivi artifi ciali o di grasso per modellare sotto la cute.
Un paziente può ricorrere al chirurgo
estetico per correggere un’imperfezione,
per inseguire un ideale di gioventù o di
bellezza, o per rimediare a un inestetismo
in seguito a una precedente operazione
o a una ferita. Nel suo libro La chirurgia
plastica in 600 risposte il chirurgo
Marco Klinger passa in rassegna i motivi
di una scelta che non è né da condividere
né da rifi utare, ma da rispettare, e che
riguarda alcune decine di migliaia di italiani,
in prevalenza donne (da 5 a 10 volte
più degli uomini).
Ma quanto spesso vi si ricorre? Qualcuno
dice che nel nostro Paese i soli interventi
chirurgici sono 200 mila, qualcun
altro parla di soli 60 mila. Per Roy De
Vita, primario di Chirurgia plastica dell’Istituto
nazionale dei tumori di Roma, che
con Klinger condivide l’appartenenza alla
Società italiana di chirurgia plastica ricostruttiva
ed estetica (Sicpre), è giusto il
dato minore, ma su come calcolarlo ci arriviamo
tra poco. «Partiamo dal fatto che
gli interventi di medicina estetica, senza
bisturi, sono più diff usi della chirurgia. Anche perché, di norma, un intervento
chirurgico è seguito o preceduto da più
interventi “medici”, ad esempio i filler».
Botulino e altri rimedi
Già, i riempimenti. Non più silicone e
non solo collagene. La novità recente sono
gli autotrapianti di grasso – lipofi lling
per aumentare il volume di guance, zigomi
e labbra – o le iniezioni di botulino,
che non riempie i tessuti, ma li stira.
De Vita avverte: «Il botox sta avendo
crescente successo, ma in Italia si utilizza un po’ meno. Alla tossina botulinica (che
fino a pochi anni fa si considerava solo
un batterio potenzialmente letale ospite
delle conserve, ndr.) nel nostro Paese
continuiamo a preferire il riempimento
con acido ialuronico o con grasso».
Sotto i ferri
Sono quattro i tipi di interventi cui è possibile
sottoporsi dal chirurgo estetico: vediamoli
in ordine decrescente per diff usione.
Al primo posto la mastoplastica
additiva. «L’aumento di volume del seno è richiesto ogni anno da 15 mila
pazienti circa. Come si arriva a questo
calcolo? In Italia si vendono circa 45 mila
protesi annue. Un terzo si usa in chirurgia
ricostruttiva e due terzi in estetica.
Circa 30 mila protesi “estetiche” significano
15 mila donne che chiedono un seno
diverso».
De Vita offre un altro dato:
«L’aumento di volume, molto più diffuso
degli altri interventi sul seno (come riduzione
o rimodellamento), rappresenta
storicamente un quarto di tutte le operazioni
chirurgiche, che quindi sono circa
60 mila all’anno».
Il resto della torta è composto dagli
interventi al volto e da quelli per togliere il grasso dal corpo.
Molto “gettonato”
è quello per ringiovanire le palpebre
(blefaroplastica), seguito dalle riduzioni
del setto nasale (rinoplastica) e dal raddrizzamento
delle “orecchie a sventola”
(otoplastica). Al terzo posto ci sono i più
complessi di lipoaspirazione (nota anche
come liposuzione) e addominoplastica.
Le ricostruzioni
Infine, c’è la chirurgia ricostruttiva di un
organo danneggiato: in questo caso la
spesa è interamente sostenuta dal Servizio
sanitario nazionale, fa parte della terapia.
«Un 20 per cento degli interventi
di chirurghi plastici riguarda parti del corpo demolite da un’operazione o un
trauma. In particolare, la ricostruzione
mammaria, ormai, viene sempre fatta e,
se il caso clinico lo consente, può essere
eff ettuata nel corso dello stesso intervento
d’asportazione del tumore. Purtroppo
non tutti i “mali” sono uguali e non tutte
le pazienti possono avere lo stesso trattamento,
ma per tutte la chirurgia ricostruttiva
ha una risposta».
Anche per ustionati e persone operate
al volto, sono a carico della sanità operazioni
sempre più frequenti e complesse.
«L’intervento deve però avvenire in reparti
specializzati – per il seno, si chiamano
“Breast unit” – con équipe d’eccellenza,
complete, dove si utilizzano “tessuti”
biologici e sintetici che danno luogo a migliori
risultati».
Meglio le grandi strutture
Le piccole cliniche non sono ideali per gli
interventi complessi. «Meglio operarsi in
una grande struttura e nella sanità pubblica
dove i medici, di solito, hanno alle
spalle una casistica ampia. Gli ambienti
devono essere sterili, l’anestesista sempre
presente. L’imprevisto può sempre
verifi carsi, in chirurgia, e durante l’intervento
vanno monitorati ossigenazione,
frequenza del respiro e del battito, pressione
sanguigna». Il medico va scelto «su
caratteristiche di serietà, verifi cando i titoli
di studio, sull’iscrizione alle società
scientifi che che gli garantisce un aggiornamento
mirato. Inoltre, non deve vantarsi
troppo: è contro l’etichetta rivelare
che si è curata un’attrice famosa, o pubblicizzarsi
in modo enfatico».