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domenica 18 maggio 2025
 
Verso il Sinodo
 

«Ci si aspetta un aiuto non una crociata»

01/07/2015  La riflessione-testimonianza di Chiara Giaccardi e Mauro Magatti, sposati da 30 anni, 6 figli, entrambi docenti universitari alla Cattolica di Milano: «La famiglia ha bisogno della carezza di una Chiesa che prima di tutto la ami, come un genitore»

Mauro Magatti, sociologo ed economista, con la moglie Chiara Giaccardi, sociologa dei media. Entrambi sono docenti universitari all'Università Cattolica di Milano.
Mauro Magatti, sociologo ed economista, con la moglie Chiara Giaccardi, sociologa dei media. Entrambi sono docenti universitari all'Università Cattolica di Milano.

Nell’Instrumentum laboris la famiglia emerge come una via, umana, di futuro. Questo ci sembra un primo elemento da sottolineare. In fondo, se oggi c’è tanta attenzione per la famiglia, sia da chi vorrebbe dissolverla sia da chi vorrebbe difenderla (non senza rischi di strumentalizzazione ideologica), è perché si capisce che quando si parla di famiglia si parla di qualcosa di profondamente umano. Al di là di tanti discorsi astratti, questo è ciò che vediamo nella vita concreta attorno a noi. Alla fine, la vita della persona ruota attorno a relazioni profonde di tipo familiare.

Nell’indire il Sinodo sulla famiglia, papa Francesco non aveva in mente una crociata a difesa della famiglia. Dovremmo essere più fiduciosi sul fatto che la famiglia troverà le sue vie e che si affermerà rispetto alle proposte della cultura contemporanea, proprio perché è radicata nella vita. Sarebbe bello che il Sinodo aiutasse la Chiesa a proporre positivamente all’Onu di dichiarare la famiglia “patrimonio dell’umanità”. Non la famiglia ideale, astratta. Ma la famiglia concreta, imperfetta, resiliente. La famiglia, cioè, come nucleo di resistenza dell’umano, capace di mantenere vivo e vitale il legame tra le generazioni, lo sbilanciamento generoso verso i membri più fragili, l’accoglienza alla vita, l’ospitalità. Cioè l’apertura all’altro che, pur essendo sempre un rischio e una fatica, è ciò che ci rende umani.

Proprio questo credo sia ciò che noi abbiamo ricevuto come coniugi e genitori nei nostri 30 anni di matrimonio e dai nostri 6 figli: se si vuole essere vivi, occorre fare di continuo la “ginnastica” dell’apertura all’altro. E la famiglia è la prima palestra!

Se la Chiesa continua l’abbraccio di Gesù al mondo, secondo la bella espressione del gesuita Varillon, non può porsi di fronte alle fatiche della famiglia oggi con atteggiamento severo e intransigente (cosa che molti cattolici purtroppo non hanno remore a fare). Le difficoltà, lo sappiamo, sono tante: culturali, economiche, demografiche. Sulla famiglia si scaricano tanti oneri, con pochissimo supporto. Caricare anche il peso del giudizio può veramente essere troppo: viene in mente Gesù che dice ai dottori della legge che impongono sulle spalle delle persone pesi che non sono disposti a portare neanche con un dito.

Avendo una famiglia, noi sappiamo bene quanto è difficile: difficoltà economiche, indifferenze delle istituzioni, contrarietà culturali a cui dobbiamo aggiungere i nostri limiti personali. Le famiglie sono fragili. Facilmente si rompono. Le sofferenze sono grandi.

Per questo, delicatezza, tenerezza, accompagnamento partecipe sono gli atteggiamenti che lo strumento auspica nei confronti di chi è in difficoltà per la propria posizione irregolare, i fallimenti, la fatica a vivere la propria identità. E per questo conta molto che chi si avventura sulla strada della vita familiare non si senta giudicato, ma accompagnato dalla Chiesa. La famiglia fragile ha bisogno della carezza di una Chiesa che prima di tutto la ami, come il genitore ama il figlio anche quando fallisce.

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