Tra le vittime del coronavirus c’è anche monsignor Vincenzo Rini, morto nella notte fra il 13 e il 14 marzo all’ospedale di Cremona, dove era ricoverato da alcuni giorni. Ho conosciuto don Vincenzo nel 2003, quando sono entrato a far parte della “famiglia” dei giornali diocesani, la Fisc (Federazione italiana settimanali cattolici), in quanto direttore del settimanale Gazzetta d’Alba. Lui era allora il presidente della Federazione. Aveva iniziato il suo mandato nel 1999 e lo avrebbe concluso nel 2004. Mantenendo però il suo incarico di direttore del settimanale diocesano di Cremona, La vita cattolica, che ha guidato per oltre 30 anni, dal 1985 al 2017. Monsignor Rini è stato anche per diversi anni presidente del Sir, il Servizio di informazione religiosa della Cei.
Era nato a Spinadesco il 5 gennaio 1945 ed era stato ordinato sacerdote il 22 giugno 1968. Prima di assumere la direzione del settimanale diocesano era stato diversi anni in parrocchia, prima come vicario a Romanengo (1968-1976) e a Soresina (1976-1977), e poi come parroco a Polengo (1977-1985). La grande passione di don Vincenzo (così i suoi amici l’hanno sempre chiamato) era la comunicazione. In particolare attraverso la stampa. L’esperienza maturata come direttore gli aveva fatto comprendere l’importanza di una corretta informazione, attenta alla realtà delle persone e dei luoghi in cui vivono, ma sempre con uno sguardo ampio, non limitato al territorio. Definiva, infatti, i settimanali diocesani «giornali locali con una visione universale». Erano per lui anche un mezzo di apostolato, di evangelizzazione, come ha sottolineato il 26 novembre scorso presiedendo la Messa conclusiva del convegno nazionale della Fisc. Ha voluto chiedere, infatti, una speciale protezione per i settimanali cattolici e per quanti lavorano nell’apostolato della comunicazione al beato don Giacomo Alberione, fondatore della Famiglia paolina e grande apostolo dell’annuncio del Vangelo nella cultura della comunicazione.
Don Vincenzo era un grande comunicatore anche nel dialogo interpersonale. Era sempre un piacere parlare con lui. Ricordo le lunghe chiacchierate durante i nostri incontri, quando mi informava sull’andamento del suo giornale e non mancava di raccontare gustosi aneddoti sulla Chiesa locale. L’ho sempre trovato affabile, simpatico, capace di scherzare e di far sorridere, e nello stesso tempo molto attento agli altri, una vera anima sacerdotale. Don Vincenzo sapeva davvero farsi voler bene da tutti. Nessuno potrà dimenticare il suo sorriso. Caro don Vincenzo, ti ricordo con affetto e prego per te, perché il Signore ti accolga fra le sue braccia. Prego anche, e invito tutti voi, cari amici lettori, a unirvi a me, per tutti i sacerdoti che in questo tempo di emergenza dovuto al Coronavirus non hanno smesso di essere vicini ai propri fedeli, di sostenerli nella fede Certo, osservando tutte le norme per ridurre il contagio, ma rimanendo loro accanto in diversi modi, ad esempio con la preghiera e la Messa celebrata in forma privata e visibile attraverso i media digitali.