Arriva in sedia a rotelle, ma si alza in piedi per cominciare la messa in Coena Domini. Per i ragazzi di Casal del Marmo, il carcere minorile dove si era recato già nel 2013, Francesco non ha preparato una omelia scritta. Vuole parlare a braccio, guardandoli negli occhi prima di lavare i piedi a 12 di loro.
Spiega, con parole semplici, il perché del gesto, il perché, ai tempi di Gesù, si lavavano i piedi prima della cena. Parla delle strade polverose e di quel gesto che facevano gli schiavi. I discepoli quindi restano sorpresi di vedere che Gesù lava i piedi a loro, come se fosse uno schiavo. Ma quello, spiega Francesco, è un gesto che ci insegna a darci una mano gli uni gli altri. «Come è bello dare la mano, sono gesti universali con cui Gesù vuole insegnarci la nobilità del cuore», dice il Pontefice. «Ognuno di voi può dire: “Se il Papa sapesse le cose che ho dentro”, ma Gesù lo sa e ci lava i piedi. Gesù non si spaventa delle nostre debolezze, vuole accompagnarci, vuole prenderci per mano perché la vita sia non tanto dura per noi».
E poi, dice il Papa, «io farò lo stesso gesto di lavare i piedi, non è una cosa “folclorica”, ma è un gesto che annuncia come dobbiamo essere noi l’uno con l’altro. Nella società vediamo quanta gente si profitta degli altri, è all’angolo e non riesce a uscire, quante ingiustizie, quanta gente senza lavoro, quanta gente che lavora e lo pagano la metà, quante famiglie distrutte», dice loro. Ognuno di noi può scivolare, ognuno di noi e questa coscienza che ciascuno di noi può scivolare ci dà la coscienza della dignità di essere peccatori. Gesù ci lava i piedi, io farò lo stesso come ricordo di quello che Gesù ci ha insegnato: aiutarci gli uni gli altri». Scherza il Papa, «spero di cavarmela perché non posso camminare bene» e li esorta: «Pensate che il Signore vi sta lavando i piedi e mai vi abbandona, pensate a questo».
Poi si avvicina, camminando con il bastone ma a passo sicuro, ai dieci ragazzi e alle 2 ragazze (tra loro un ragazzo musulmano) e, mentre compie il gesto della lavanda, parla con loro, sorride, riceve confidenze e baci.
«Questi ragazzi», è il commento di don Claudio Burgio, cappellano del Beccaria, «hanno bisogno soprattutto di paternità e di ospitalità». Un calore che il Papa ha portato oggi, ancora di più, all’interno dell’istituto.
Dopo la lavanda celebrante all'altare è salito monsignor Diego Ravelli. Alla messa, concelebrata dal cappellano di Casl del Marmo, don Nicolò Ceccolini erano presenti una settantina di persone nella cappellina del carcere compresi gli agenti penitenziari e il personale dell'istituto di pena.