(Sopra: il tratto di mare, chiamato Petra tou Romiou, non lontano da Pafos, dove la leggenda pone la nascita di Venere. Qui a sinistra: donna al monastero di San Giovanni Lambadistis, presso Kalopanagiotis, Monti Troodos. Cipro - foto di Roberto Di Diodato)
Gli autunni di Cipro sono lunghi e languidi. Il caldo residuo dell’estate evapora su tramonti dorati. I boschi sono quasi tiepidi. Sui Monti Troodos, nella parte centro-occidentale dell’isola, qualche temporale scuote gli alberi, che faticano a ingiallire le foglie. E’ la stagione in cui i Ciprioti si riappropriano della loro intimità. Terra e mare cantano antiche melodie appena percepibili dall’orecchio dell’ultimo turista che vagabonda per le spiagge.
Il segno visibile di una stagione in declino si nasconde sulle vigne di montagna, rivestite di livrea gialla e marrone. Le viti sono piantate su terrazzamenti disegnati sui fianchi delle colline. La passata vendemmia ha lasciato soltanto la pelle vuota di serpenti ramati.
Sui laghi salati attorno a Larnaka sono giunti a svernare i primi fenicotteri rosa, che cominciano a trivellare col lungo becco il fondo sabbioso. Indifferenti e superbi come indossatrici che sfilano su una passerella di moda.
Ma immutata in ogni stagione dell’anno è la bellezza arcana di un’isola che sembra alla deriva nel Grande Mare, sospinta da dolci correnti verso Oriente. Cipro è bella e seducente come Afrodite, che il mito dice nata dalla schiuma del mare sulla spiaggia di Petra tou Romiou, un tratto di costa che da sempre fa innamorare. L’isola divenne la sua residenza preferita, venerata con statue e templi.
E dopo Afrodite altri dèi, semidei ed eroi dell’Olimpo scesero a Cipro a cercare casa in luoghi di sovrumana bellezza. A Pafos, capitale durante l’impero di Roma, incantevole città sulla costa, presero dimora Dioniso e Aion, il dio del tempo eterno, Teseo e Orfeo, Akme e Achille, Apollo e Dafne, Nereidi ed altre divinità minori, tutti resi immortali in mosaici pavimentali coloratissimi. Esculapio, dio della medicina, si costruì a Pafos un tempio dove ricevere i devoti. I devoti della musica, del canto e delle rappresentazioni si radunavano nel piccolo ma prezioso teatro della città.
Sono state chiamate Tombe dei Re. Ma sono solo sepolture che appartenevano alle famiglie nobili dell’isola. La struttura architettonica di queste tombe, risalenti al III secolo a.C., sono simile alle case dell’epoca ellenistica. Dimore ipogee dove i vivi potevano incontrare i propri morti.
Tutto ciò ancora oggi è sotto l’occhio stupito del visitatore. Tutto custodito come Patrimonio incalcolabile dell’Umanità.
Chiesetta di San Nicola del Tetto a Kakopetria, Monti Troodos, Cipro.
Il Dio cristiano approdò a Cipro viaggiando su una nave romana
Anche a Kourion, antica città affacciata su una baia nella parte sud occidentale dell’isola, fondata dai greci di ritorno dalla guerra di Troia, gli dèi e gli antichi eroi cercarono casa. Apollo, venerato come Ylatis, cioè dio dei boschi e delle foreste, abitò per molti secoli un magnifico tempio dove i pellegrini potevano soggiornare in strutture di accoglienza erette attorno al santuario. Ai suoi tempi, l’isola era ricoperta di fitti boschi che fornivano legnami pregiati per la costruzione delle navi. Navi per la guerra. Navi per i commerci sul mare. Il dio era il custode di questa immensa ricchezza. Ad Achille piacque abitare anche in questa città. E vi si costruì una seconda casa. Un superbo mosaico lo raffigura nel momento in cui l’eroe (poco eroico!), travestito da donna, tenta inutilmente di sottrarsi alla missione di guerra contro Troia.
Kourion, già citata in iscrizioni geroglifiche egiziane e nei testi cuneiformi, diventò un centro urbano opulento, arricchito da importanti strutture pubbliche per il divertimento della popolazione. Terme, teatro e circo. Frequentati da migliaia di cittadini e spettatori. Teatro vista mare. Circo da settemila posti. La città offrì dimora a numerosi gladiatori, necessari per alimentare i brutali giochi circensi. E costruì per loro scuole e palestre, luoghi deputati per allenarsi agli estenuanti combattimenti. Le fatiche e i dolori di questi “dannati del circo” sono fissati per l’eternità nei mosaici della cosiddetta “casa dei gladiatori”, coi loro nomi e i loro profili, come in una pagina drammatica di facebook. Uno si chiama Margareites. L’altro Ellenikos. Uno di loro morirà. In un altro mosaico compare anche un giudice di gara, in toga bianca e chioma fluente, il cui nome è Dareides.
Gli antichi dèi trovarono splendide e accoglienti le acque del mare di Cipro. Fissarono le loro dimore lungo le sue spiagge, come fossero turisti fuggiti dai rigori invernali del Monte Olimpo. Anche Kition città di mare. Sorgeva in prossimità dell’attuale Larnaka. Era una possente città-stato circondata da mura ciclopiche in difesa dei suoi due porti (uno militare l’altro commerciale) e delle attività lavorative del rame. Metallo preziosissimo per le società dell’epoca, prima dell’avvento del ferro. Cipro deve il suo nome proprio al rame, che in latino suona cuprum. Cinque dèi vi abitarono in altrettanti templi ormai distrutti. Inconoscibili i loro nomi, eccettuato quello di Astarte, trasportata lì sulle veloci navi fenicie. Astarte era l’Afrodite venerata dai popoli medio-orientali.
Sull’orizzonte di Cipro stava spuntando una nuova divinità, che proveniva anch’essa da oriente. Gli dèi dell’Olimpo presto sarebbero stati scacciati dall’isola. E buttati giù dai loro comodi piedestalli. La loro olimpica serenità sarebbe andata in frantumi. Il Dio cristiano approdò a Cipro viaggiando su una nave romana partita dal porto di Antiochia di Siria, megalopoli dell’impero. Il Dio salpò insieme a due straordinari predicatori della nuova religione, Paolo e Barnaba, uomini di origine ebraica. Attraccarono nel porto di Salamis (Salamina), nella parte orientale di Cipro. A piedi attraversarono l’isola e puntarono su Pafos, la capitale, sede del proconsole Sergio Paolo, che ascoltò la predicazione di Paolo e abbracciò la religione di Cristo. Fu l’inizio di una nuova èra. Paolo, accesa la miccia all’esplosione cristiana, non tornò più sull’isola. Barnaba invece vi fece ritorno. E qui morì e fu sepolto. La sua tomba presso Salamis, nella parte est di Cipro occupata. Anche Lazzaro, racconta la leggenda cristiana, una volta risuscitato da Gesù, raggiunse Cipro, dove passò gli ultimi suoi anni di sopravvissuto alla morte. La sua tomba nella chiesa di San Lazzaro a Larnaka. Splendido esempio di architettura bizantina.
Stile e visioni spirituali dell’arte bizantina in due basiliche paleocristiane
Circa tre secoli dopo Paolo, Elena, madre dell’imperatore Costantino, approdò su un nave imperiale a Cipro, portando con sé le preziose reliquie della Santa Croce di Cristo, scoperte nel suo viaggio a Gerusalemme. La santa fondò sull’isola alcuni monasteri, tra cui il Monastero Stavrovouni, costruito come una fortezza medioevale sul picco di una montagna. Elena vi lasciò una reliquia della Santa Croce. Nel villaggio di Omodos, ancora oggi centro di prestigiose attività artigianali e di produzione dei vini famosi, fondò il Monastero di Santa Croce, al quale donò un frammento della Santa Fune con cui i soldati romani legarono Gesù Cristo,
Dopo sant’Elena l’incendio del cristianesimo divampò. Le reliquie da lei rinvenute riempirono il mondo greco-romano. Cipro fu chiamata ben presto “l’isola santa”. Trasferita la capitale dell’impero da Roma a Costantinopoli, l’isola del Mediterraneo divenne snodo centrale per lo sviluppo e il “traffico spirituale” della fede cristiana tra Oriente e Occidente. Il Dio cristiano, giunto su una nave come un clandestino, cominciò ad abitare in stabili dimore costruite forse dagli stessi architetti che avevano eretto i templi e dagli stessi artisti che avevano disegnato i mosaici delle ville patrizie. Vennero costruite le prime basiliche, come quella di Panaghia Limeniotissa e di Panaghia Crysopolitissa, i cui resti, abbelliti da mosaici pavimentali, sono visibili a Pafos. Come quella di Soli, antica città-stato dell’isola, oggi nella parte nord di Cipro occupata, dove spicca un mosaico riproducente colorati motivi floreali e animali. Come le basiliche di sant’Epifanio e di Kambanopetra a Salamis, un sito archeologico di grande importanza, anch’esso nella parte dell’isola occupata. Questi due edifici, il primo a sei navate, il secondo con resti di notevoli mosaici pavimentali, testimoniano già un’imponente presenza di vita cristiana.
Lo stile e le visioni spirituali dell’arte bizantina trovarono sublime espressione in alcuni preziosissimi mosaici absidali che sopravvivono in due basiliche paleocristiane di Cipro. La chiesa di Panaghia Kanakaria, nella penisola di Karpasia (zona occupata), conservava forse il mosaico più antico. Oggi è stato ricuperato ed è conservato nel Museo delle Icone a Nicosia. Di accecante splendore è quello che brilla ancora oggi nella chiesa di Panaghia Angeloktisti nella cittadina di Kiti: la Vergine Maria con Bambino poggia su piedistallo dorato, tra due arcangeli. La scritta Haghia Maria (Santa Maria) sopra l’aureola della Vergine.
Pittura murale di San Giorgio, nella chiesetta della Santa Croce a Pelendri, Monti Troodos, Cipro .
Le valli impervie dei Monti Troodos popolate nei secoli di chiesette e monasteri
Il Dio cristiano non era giunto da solo. Aveva portato con sé una donna di finissima bellezza, sua Madre, che sostituì nel cuore dei Ciprioti la sfrontata Afrodite. La sua immagine materna, serena e severa divenne il ritratto della maternità in tutte le chiese, dipinta sui muri e venerata in posizione di prestigio come la regina della casa di Dio in cento e cento icone dai riflessi dorati.
Senza abbandonare le sontuose basiliche delle grandi città di mare, dove gli standard della vita sociale erano elevati (come appare dai mosaici della “casa di Eustolio” a Kourion) e le attività molto lucrose, il Dio cristiano, accompagnato da sua Madre Maria, iniziò un lungo e tortuoso cammino verso l’interno montuoso dell’isola, come un Buon Pastore che si mette alla ricerche delle pecore che frequentano pascoli alpestri, lontani dal caldo e protetto ovile. Un viaggio durato molto tempo.
Figlio e Madre scoprirono di stare a proprio agio anche nel silenzio verde dei boschi e nelle impenetrabili montagne di Cipro, condividendo la vita e le tribolazioni della gente dei villaggi, povera ma forte e generosa. Qui contadini e pastori, minatori e taglialegna costruirono per loro piccole case, spesso a forma di capanne e di pagliai col tetto spiovente. E venerarono l’uno come Pantokrator (Dominatore di tutto) e l’altra come Panaghia (Tutta santa).
Le valli nascoste e impervie dei Monti Troodos si popolarono nei secoli di chiesette e monasteri, magìe di pietra e legno, mille piccoli occhi sulla terra che guardavano verso il cielo. Ogni luogo sacro nascondeva al proprio interno estasi e visioni paradisiache. Anonimi pittori o artisti famosi provenienti di Costantinopoli dipinsero sulla pietra viva delle chiese le storie evangeliche che riguardavano la vita di Cristo e di sua Madre, le effigi di Santi e di Martiri, di Apostoli ed Eremiti. I ritratti di Costantino ed Elena. E squarci terrificanti di inferni e scenari dolcissimi di paradisi. Una sintesi della fede cristiana in immagini. Sbalorditivi scatti fotografici sull’eternità.
Hanno scritto gli esperti dell’UNESCO, che ha inserito dieci chiese dei monti Troodos nel Patrimonio mondiale dell’umanità: “I siti selezionati offrono in uno spazio limitato un panorama eccezionale della pittura bizantina e postbizantina a Cipro. Tra i cicli più significativi bisogna menzionare quello della chiesa Panaghia Forviotissa (nei pressi del villaggio di Nikitari), datato 1105-1106 da un’iscrizione dedicatoria e quello della Panaghia tou Araka (vicina al villaggio di Lagoudera), eseguito negli ultimi mesi del 1192… La pittura del XIII e XIV secolo è ugualmente presente a Nikitari e nella Panaghia di Moutoulla (nei pressi dell’omonimo paese)… La pittura postbizantina che perpetua, dopo la caduta dell’impero, le formule dell’arte di Costantinopoli, è ben rappresentata nelle chiese dell’Archanghelos Michail di Perdulas e di Stavros tou Agiasmati di Platanistasa”.