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sabato 02 novembre 2024
 
l'addio
 

«Claudia in Bangladesh amava chi non era amato ed è stata uccisa»

08/07/2016  Pubblichiamo il testo dell'omelia dell’arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia, pronunciata ai funerali di Claudia Maria D’Antona, una delle nove vittime della strage di Dacca, che si sono celebrati venerdì pomeriggio a Torino

Pubblichiamo il testo integrale dell'omelia pronunciata dall’arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia,  ai funerali di Claudia Maria D’Antona, l'imprenditrice 55enne assassinata nella strage di Dacca,. La cerimonia è stata celebrata venerdì pomeriggio nella parrocchia di Gesù Nazareno A officiare la celebrazione oltre a monsignor Nosiglia, il parroco, padre Ottorino Vanzaghi e don Luigi Ciotti. In chiesa i parenti più stretti della donna, tra cui il marito Giovanni Boschetti, scampato alla strage, e la sorella Patrizia, ma anche le autorità cittadine, a partire dalla sindaca Chiara Appendino, centinaia di anonimi cittadini. La cerimonia è stata preceduta da un minuto di silenzio nella piazza antistante il Municipio. Tra i presenti Lorenzo e Simone Barbero, marito e figlio di Antonella Sesino, la dipendente comunale uccisa nell'attentato al museo del Bardo.

«Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio e nessun tormento le toccherà. La loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro dipartita da noi una rovina, ma essi sono nella pace» (Sap 3,1-3). In questo momento di grande dolore e sofferenza che ha colpito la famiglia di Claudia e in particolare suo marito Gianni e ha scosso profondamente anche tutta la nostra Città e Paese, risuona forte questa parola di speranza e di consolazione. Claudia è ora nella mani di Dio e nessuno potrà più farle del male, perché vive nella sua pace.
Siamo qui, cari fratelli e sorelle, ancora una volta a pregare e deplorare – come abbiamo fatto nel recente passato, dopo la tragedia del 18 marzo 2015 al Museo del Bardo di Tunisi – un atto di terrorismo di una ferocia inaudita, ingiusto e insensato, che ha tolto la vita a Claudia D’Antona, nel corso di una normale e ordinaria esperienza conviviale che tutti abbiamo o possiamo fare ogni giorno nella nostra città come in ogni parte del mondo. Le domande che di fronte a questi fatti ci facciamo non trovano alcuna risposta, se non nel constatare come il fanatismo fondamentalista di qualsiasi stampo ottenebra le menti, chiude i cuori, conduce ad atti e comportamenti barbari perpetrati purtroppo anche da persone culturalmente preparate e con una vita apparentemente comune a tutti, come pare sia quella degli attuali terroristi. Uccidere poi in nome di Dio è una bestemmia e perpetua l’omicidio di Abele da parte di Caino, a cui Dio dice nel Libro della Genesi: «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo» (Gen 4,10).
La forza del male che è dentro ogni uomo, se non è tenuta a bada, esplode in maniera veramente terribile e ci fa comprendere che solo un supplemento di verità e di amore può ostacolarla. Per questo ci viene incontro la Parola di Dio, che ci assicura: «Quanti confidano nel Signore, in lui comprenderanno la verità; coloro che gli sono fedeli vivranno presso di lui nell’amore, perché grazia e misericordia sono riservate ai suoi eletti» (Sap 3,9). Ma c’è anche una garanzia fondamentale che il Signore ci indica per dare alla nostra vita uno sbocco positivo: la sicurezza che quanto abbiamo fatto di bene o di male sarà vagliato dal giudizio benevolo di Dio. La sua misericordia coprirà una moltitudine di nostre debolezze, se avremo amato quanti sono poveri o soli, sottoposti a ingiustizie e violenze, privati dalla loro dignità di persone. Nel Vangelo che abbiamo ascoltato ci viene annunciato proprio questo, che ci invita a vivere dunque non solo per se stessi, a non mettere al centro il nostro interesse o tornaconto e far finta di non accorgerci di tanti attorno a noi che vivono in condizioni di miseria e di abbandono.

Ho scelto questo Vangelo, cari amici, perché – come sappiano – Claudia e suo marito Gianni si impegnavano in modo concreto a favore di quelle donne che in Bangladesh vengono sfregiate con l’acido da mariti o amanti che vogliono punirle e umiliarle nella loro dignità. Questo particolare impegno sociale è come una luce che illumina ora il cammino di Claudia nel buio della morte, verso il Signore che ne riconoscerà i meriti proprio perché ha saputo amare chi non era amato, aiutare chi era in difficoltà ridando dignità e speranza alla sua vita. «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40), ci ha detto il Signore. Cristo dunque riconosce anche nel più piccolo gesto di bontà e di amore – come è un bicchiere d’acqua dato a chi ha sete o un pezzo di pane a chi ha fame, un abito per coprirsi a chi ne è privo, l’accoglienza a chi è straniero, la visita a un malato o in carcere –, compiuto con spirito gratuito e generoso, un gesto di amore fatto a lui stesso, perché in ognuno di questi fratelli e sorelle c’è la sua presenza.
Ma c’è anche un’altra considerazione che mi viene da fare a proposito di questo impegno che  Claudia e suo marito Gianni svolgevano a favore delle donne sottoposte a tali sofferenze. Nessuno di noi poteva sapere di questo e solo poche persone ne erano al corrente. E ciò è motivo di tanta speranza. Di fronte infatti a episodi di guerra, di terrorismo, di violenza e di male, reclamizzati con enfasi e compiuti anche con modalità non solo da assassini ma da crudeli carnefici, per alimentare paura e terrore tra la gente, c’è un esercito di persone come Claudia e Gianni che operano nel segreto per alleviare le sofferenze degli altri, immettendo così nel mondo un seme di bontà, di amore e di giustizia che tiene in piedi l’intera umanità.
Sì, ne sono certo – e devono crederci di più tutti gli uomini di buona volontà: quando le tenebre  del terrorismo, della guerra e di ogni azione malvagia e cruenta perpetuata contro innocenti sembrano prevalere, solo coloro che accendono la luce del bene e del loro sacrificio cambieranno questo mondo e lo renderanno migliore. Il chiudersi in se stessi, l’indifferenza, la ricerca spasmodica di arricchirsi anche a scapito dell’onestà e della giustizia, lo scartare i più poveri dal proprio interesse, produrranno sempre più ingiustizie e violenze distruttive, di cui tutti portiamo il peso. Al contrario, se riesco ad aiutare anche una sola persona a vivere meglio, questo è già sufficiente a giustificare il dono della mia vita.

Mi direte: chi fa tanto bene purtroppo riceve a volte tanto male. È vero; e questo suscita molti interrogativi nella propria coscienza. La nostra fede ci indica comunque una via per non considerarci sconfitti: quella di non lasciarci mai vincere dal male, ma di vincerlo con il bene. È ciò che stiamo celebrando e testimoniando insieme in questa Santa Messa, che ha al centro il memoriale della morte e risurrezione di Cristo, quell’uomo e Figlio di Dio che è passato su questa terra facendo del bene a tutti e ha ricevuto tanto male, violenza e ingiustizia fino alla morte in croce. Ma proprio perché ha saputo vincerlo con la sua grande fiducia nel Padre e con gesti concreti di amore persino verso i suoi nemici, ha ottenuto il bene supremo della vittoria sulla morte ed è risorto. Sì, Cristo è veramente risorto e ci assicura che i nostri cari risorgeranno e noi stessi risorgeremo a una vita per sempre, se sapremo amare come ha amato lui.
«Vieni, benedetta dal Padre mio, vieni a prendere possesso del Regno, preparato per te fin dalla fondazione del mondo» (cfr. Mt 25,34): possa Claudia ascoltare questa parola di verità e di speranza dalla bocca del Signore che ha imparato a conoscere e amare in questa sua parrocchia, in questo oratorio e nel gruppo Scout, dove è cresciuta sperimentando la fraternità e lo spirito di servizio che l’ha accompagnata tutta la vita. Possa Maria Santissima Consolata, nostra patrona, sostenere la fede e la speranza dei suoi cari, insieme all’impegno di perpetuarne il ricordo. E a noi tutti dia la forza di seguirne l’esempio nel vivere la solidarietà e il servizio ai più poveri e sofferenti.

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