Pubblichiamo il testo integrale dell'omelia pronunciata dall’arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia, ai funerali di Claudia Maria D’Antona, l'imprenditrice 55enne assassinata nella strage di Dacca,. La cerimonia è stata celebrata venerdì pomeriggio nella parrocchia di Gesù Nazareno A officiare la celebrazione oltre a monsignor Nosiglia, il parroco, padre Ottorino Vanzaghi e don Luigi Ciotti. In chiesa i parenti più stretti della donna, tra cui il marito Giovanni Boschetti, scampato alla strage, e la sorella Patrizia, ma anche le autorità cittadine, a partire dalla sindaca Chiara Appendino, centinaia di anonimi cittadini. La cerimonia è stata preceduta da un minuto di silenzio nella piazza antistante il Municipio. Tra i presenti Lorenzo e Simone Barbero, marito e figlio di Antonella Sesino, la dipendente comunale uccisa nell'attentato al museo del Bardo.
«Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio e nessun tormento le toccherà. La loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro dipartita da noi una rovina, ma essi sono nella pace» (Sap 3,1-3). In questo momento di grande dolore e sofferenza che ha colpito la famiglia di Claudia e in particolare suo marito Gianni e ha scosso profondamente anche tutta la nostra Città e Paese, risuona forte questa parola di speranza e di consolazione. Claudia è ora nella mani di Dio e nessuno potrà più farle del male, perché vive nella sua pace.
Siamo qui, cari fratelli e sorelle, ancora una volta a pregare e deplorare – come abbiamo fatto nel recente passato, dopo la tragedia del 18 marzo 2015 al Museo del Bardo di Tunisi – un atto di terrorismo di una ferocia inaudita, ingiusto e insensato, che ha tolto la vita a Claudia D’Antona, nel corso di una normale e ordinaria esperienza conviviale che tutti abbiamo o possiamo fare ogni giorno nella nostra città come in ogni parte del mondo. Le domande che di fronte a questi fatti ci facciamo non trovano alcuna risposta, se non nel constatare come il fanatismo fondamentalista di qualsiasi stampo ottenebra le menti, chiude i cuori, conduce ad atti e comportamenti barbari perpetrati purtroppo anche da persone culturalmente preparate e con una vita apparentemente comune a tutti, come pare sia quella degli attuali terroristi. Uccidere poi in nome di Dio è una bestemmia e perpetua l’omicidio di Abele da parte di Caino, a cui Dio dice nel Libro della Genesi: «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo» (Gen 4,10).
La forza del male che è dentro ogni uomo, se non è tenuta a bada, esplode in maniera veramente terribile e ci fa comprendere che solo un supplemento di verità e di amore può ostacolarla. Per questo ci viene incontro la Parola di Dio, che ci assicura: «Quanti confidano nel Signore, in lui comprenderanno la verità; coloro che gli sono fedeli vivranno presso di lui nell’amore, perché grazia e misericordia sono riservate ai suoi eletti» (Sap 3,9). Ma c’è anche una garanzia fondamentale che il Signore ci indica per dare alla nostra vita uno sbocco positivo: la sicurezza che quanto abbiamo fatto di bene o di male sarà vagliato dal giudizio benevolo di Dio. La sua misericordia coprirà una moltitudine di nostre debolezze, se avremo amato quanti sono poveri o soli, sottoposti a ingiustizie e violenze, privati dalla loro dignità di persone. Nel Vangelo che abbiamo ascoltato ci viene annunciato proprio questo, che ci invita a vivere dunque non solo per se stessi, a non mettere al centro il nostro interesse o tornaconto e far finta di non accorgerci di tanti attorno a noi che vivono in condizioni di miseria e di abbandono.
Ho scelto questo Vangelo, cari amici, perché – come sappiano – Claudia e suo marito Gianni si impegnavano in modo concreto a favore di quelle donne che in Bangladesh vengono sfregiate con l’acido da mariti o amanti che vogliono punirle e umiliarle nella loro dignità. Questo particolare impegno sociale è come una luce che illumina ora il cammino di Claudia nel buio della morte, verso il Signore che ne riconoscerà i meriti proprio perché ha saputo amare chi non era amato, aiutare chi era in difficoltà ridando dignità e speranza alla sua vita. «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40), ci ha detto il Signore. Cristo dunque riconosce anche nel più piccolo gesto di bontà e di amore – come è un bicchiere d’acqua dato a chi ha sete o un pezzo di pane a chi ha fame, un abito per coprirsi a chi ne è privo, l’accoglienza a chi è straniero, la visita a un malato o in carcere –, compiuto con spirito gratuito e generoso, un gesto di amore fatto a lui stesso, perché in ognuno di questi fratelli e sorelle c’è la sua presenza.
Ma c’è anche un’altra considerazione che mi viene da fare a proposito di questo impegno che Claudia e suo marito Gianni svolgevano a favore delle donne sottoposte a tali sofferenze. Nessuno di noi poteva sapere di questo e solo poche persone ne erano al corrente. E ciò è motivo di tanta speranza. Di fronte infatti a episodi di guerra, di terrorismo, di violenza e di male, reclamizzati con enfasi e compiuti anche con modalità non solo da assassini ma da crudeli carnefici, per alimentare paura e terrore tra la gente, c’è un esercito di persone come Claudia e Gianni che operano nel segreto per alleviare le sofferenze degli altri, immettendo così nel mondo un seme di bontà, di amore e di giustizia che tiene in piedi l’intera umanità.
Sì, ne sono certo – e devono crederci di più tutti gli uomini di buona volontà: quando le tenebre del terrorismo, della guerra e di ogni azione malvagia e cruenta perpetuata contro innocenti sembrano prevalere, solo coloro che accendono la luce del bene e del loro sacrificio cambieranno questo mondo e lo renderanno migliore. Il chiudersi in se stessi, l’indifferenza, la ricerca spasmodica di arricchirsi anche a scapito dell’onestà e della giustizia, lo scartare i più poveri dal proprio interesse, produrranno sempre più ingiustizie e violenze distruttive, di cui tutti portiamo il peso. Al contrario, se riesco ad aiutare anche una sola persona a vivere meglio, questo è già sufficiente a giustificare il dono della mia vita.
Mi direte: chi fa tanto bene purtroppo riceve a volte tanto male. È vero; e questo suscita molti interrogativi nella propria coscienza. La nostra fede ci indica comunque una via per non considerarci sconfitti: quella di non lasciarci mai vincere dal male, ma di vincerlo con il bene. È ciò che stiamo celebrando e testimoniando insieme in questa Santa Messa, che ha al centro il memoriale della morte e risurrezione di Cristo, quell’uomo e Figlio di Dio che è passato su questa terra facendo del bene a tutti e ha ricevuto tanto male, violenza e ingiustizia fino alla morte in croce. Ma proprio perché ha saputo vincerlo con la sua grande fiducia nel Padre e con gesti concreti di amore persino verso i suoi nemici, ha ottenuto il bene supremo della vittoria sulla morte ed è risorto. Sì, Cristo è veramente risorto e ci assicura che i nostri cari risorgeranno e noi stessi risorgeremo a una vita per sempre, se sapremo amare come ha amato lui.
«Vieni, benedetta dal Padre mio, vieni a prendere possesso del Regno, preparato per te fin dalla fondazione del mondo» (cfr. Mt 25,34): possa Claudia ascoltare questa parola di verità e di speranza dalla bocca del Signore che ha imparato a conoscere e amare in questa sua parrocchia, in questo oratorio e nel gruppo Scout, dove è cresciuta sperimentando la fraternità e lo spirito di servizio che l’ha accompagnata tutta la vita. Possa Maria Santissima Consolata, nostra patrona, sostenere la fede e la speranza dei suoi cari, insieme all’impegno di perpetuarne il ricordo. E a noi tutti dia la forza di seguirne l’esempio nel vivere la solidarietà e il servizio ai più poveri e sofferenti.