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Elezioni Usa
 

Clinton contro Trump, la resa dei conti

08/11/2016  Cosa pensano (a sorpresa) gli americani a poche ore dal voto per la Casa Bianca

A Boston è già arrivato il primo freddo e, come tutti gli anni elettorali, attorno alle villette, tra mucchi di foglie multicolore cadute, gli addobbi di Halloween si mescolano ai cartelli di propaganda politica da mettere in giardino. Molti gli “Io sto con Hillary” un po’ meno i trumpiani “Rendiamo l’America di nuovo grande”, e in questo democraticissimo feudo della famiglia Kennedy non potrebbe essere altrimenti. Tuttavia, allontanandosi di qualche miglio dalla città – sede degli atenei più famosi al mondo, da Harvard al Mit – la musica cambia d’improvviso.
«Durante le primarie facevo il tifo per Bernie Sanders, ma non sono di quelli duri e puri, dunque in mancanza di alternative ho votato per la Clinton», ammette Alan, 26 anni, impiegato in uno dei tanti centri privati di ricerca biotecnica spuntati come funghi attorno alle università. «Qui, sia al lavoro sia fuori, sono in tanti a pensarla come me, ed è quasi impossibile trovare qualcuno che non voti democratico, ma quando torno a casa dai miei a Fitchburg, appena un’ora di macchina verso Ovest, tra Clinton e Trump diventa un pareggio».

ELEZIONI USA: "UNA DIVISIONE NETTA"
Con queste poche parole pronunciate tra i denti, nel vento gelido che spazza la collina del municipio di Somerville (uno dei Comuni dell’hinterland che per due settimane permette di votare anticipatamente) Alan riassume l’America in questa strana e velenosa vigilia elettorale meglio di tanti sedicenti “esperti” che da mesi affollano l’etere americano.
Innanzitutto, la divisione, netta (che nel piccolo ma politicamente importantissimo Stato del Massachusetts ricorda in scala quella nazionale), tra la capitale Boston, città cosmopolita, acculturata e lanciata verso la new economy, toccata solo “di striscio” dalla crisi e una provincia dal glorioso passato manifatturiero (tessile in questo caso) più o meno riconvertita ad altre attività, che probabilmente non si riprenderà mai del tutto.
Poi il proverbiale, montanelliano voto con il naso turato, ormai un leitmotiv di questa tornata elettorale, egualmente diffuso e ammesso dai sostenitori di entrambe le parti.
«Con tanti repubblicani buoni che c’erano, abbiamo perso un’occasione d’oro: sono molto deluso dal mio partito! » sbotta Enrico Domingo, palermitano, consulente †finanziario 45enne, convinto conservatore che fi†n dall’inizio della sua avventura americana, vent’anni fa, si riconosce nella fi†losofi†a del Partito repubblicano. Tra i suoi beniamini, Mitt Romney, (tra l’altro suo vicino di casa nel ricco sobborgo di Belmont) battuto da Obama nel 2012, e il presidente della Camera dei Rappresentanti Paul Ryan, entrambi pubblicamente dissociatisi dall’imprevedibile magnate newyorchese. Ma Enrico tiene duro: «In mancanza di meglio io voterò comunque per Trump. La speranza è l’ultima a morire».
Ma la crisi del Partito repubblicano non preoccupa solo la destra. «Ho votato tutta la vita per i democratici e non avrei mai pensato che un giorno sarei arrivata a preoccuparmi della salute del partito opposto», rifl–ette Ann Goodsell, redattrice universitaria sulla sessantina, perfetta rappresentante per professione e personalità di un quartiere – Cambridge – talmente di sinistra da essersi guadagnato il nomignolo di “Repubblica Popolare”. «In democrazia un’opposizione solida ci vuole. Certo che le elezioni le vinciamo noi, ma se il sistema perde di stabilità è una sconfi†tta per tutti».
Effettivamente il rischio che Donald Trump, anche da sconfitto, scombini ulteriormente le carte c’è, specie dopo aver tacciato ripetutamente il sistema come “truccato” e ventilato nell’ultimo dibattito tv l’intenzione di non accettare i risultati del voto. La sensazione è che votare per Trump sia una di quelle classiche cose che si fanno ma non si dicono. “Pagliaccio” sembra essere l’aggettivo più gettonato nei bar, i barbieri, i negozi del North End, lo storico quartiere italiano. Ma Giuseppe Giangregorio, farmacista da sessant’anni, che conosce tutti e con tutti da sempre parla di politica, parlando a bassa voce nell’angolo del suo negozio dedicato ai giornali italiani mi con†fida: «Ti assicuro che qui, specie tra gli uomini, sono in tanti a non sopportare la Clinton, a considerarla una bugiarda e un’incapace, e molti, almeno la metà alla †fine voteranno per Trump».

 Foto Carlos Barria/Reuters - Jonathan Ernst/Reuters

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