Il premier Conte tra il Ministro della Famiglia Elena Bonetti (alla sua destra) e il Ministro del lavoro Nunzia Catalfo alla conferenza stampa per presentare il Family Act
Il Consiglio dei Ministri di giovedì 11 giugno potrebbe diventare un passaggio storico per le politiche familiari in Italia. Già vedere al primo punto del suo ordine del giorno la discussione di un provvedimento mirato sulla famiglia è stato un segnale importante. Ma soprattutto, Il Family Act è stato approvato (mentre la discussione sull’assegno unico è stata rinviata a lunedì), inserendo così nel dibattito pubblico e nell’agenda del Governo un provvedimento ambizioso e potenzialmente dalla grande capacità innovativa e riformatrice. Il testo in questione (almeno da quanto finora accessibile) è articolato su otto articoli, su sole cinque pagine di stampato; sembrano poche, per un atto che potrebbe diventare un vero punto di svolta per le politiche familiari in Italia. Ma forse la brevità del testo in questo caso è un pregio, più che un difetto, visto che troppo spesso le norme nel nostro Paese sembrano scritte apposta per non farsi capire.
Il Ministro Elena Bonetti (cui va dato atto di un grande risultato politico e di un impegno realmente onorato) ha sempre precisato che il Family Act ha prima di tutto l’obiettivo di riorganizzare in un quadro unitario ed equilibrato tutte le varie e spezzettate misure di sostegno, incentivi e agevolazioni fiscali ed economiche sulla famiglia. Di questo c’era certamente bisogno.
DI COSA SI OCCUPA IL FAMILY ACT?
Il testo mette ordine soprattutto sulle politiche di sostegno economico alle famiglie con figli a carico fino ai 18 anni di età, con l’art. 2, che introduce un “assegno universale… un beneficio economico attribuito a tutti i nuclei familiari con figlie e figli a carico” (comma a), e con l’art. 8 (sulle coperture finanziarie), dove mette ordine e cancella tutte le misure di sostegno oggi erogate, riunificandole nell’assegno universale. In un certo senso, l’Assegno universale potrebbe anche non costare nulla, se ci si limitasse a recuperare i fondi destinati a queste misure (il totale ammonta a svariati miliardi, fatti i conti).
Anche il sostegno ai compiti educativi delle famiglie (art. 3) riorganizza una lunga lista di nodi, essenzialmente introducendo ulteriori sostegni economici (agevolazioni fiscali o assegni/voucher) a fronte di costi per servizi educativi, asili nido, costi per visite a musei, ecc.
Gli articoli 4 e 5 si rivolgono ai genitori e alla conciliazione famiglia-lavoro, con un potenziamento dei congedi di paternità (art. 4, minimo 10 giorni di congedo obbligatorio), e alle misure a sostegno del lavoro femminile (art. 5).
L’art. 6 è infine mirato a interventi di sostegno ai giovani e ai loro progetti di vita autonoma (anche familiare, ma non solo), con interventi incentrati soprattutto su studio, università e politiche abitative.
UNA LEGGE DELEGA. COSA SIGNIFICA?
Il Family Act è una legge delega; ciò significa che ogni intervento concreto, ogni impegno, ogni risorsa dovranno essere definiti in un atto successivo da parte del Governo (la “delega” è al governo, infatti), e poi passare per Camera, Senato, Conferenza Stato-Regioni, ecc. (il tutto è ben spiegato nell’art. 7). Quindi, come ha già detto anche Il Presidente nazionale del Forum delle Associazioni familiari, Gigi De Palo, questo è “solo il primo tassello per l’istituzione vera e propria dell’assegno per figlio, proposta che il Forum delle Associazioni Familiari sostiene, ormai, da anni. La strada è ancora lunga, ma un primo passo è stato fatto”.
Il Governo in questo caso ha agito bene, con un atto legislativo che fa sintesi; sarebbe ingeneroso “fare le pulci” ad un passo potenzialmente di grande efficacia normativa (anche se maggiore attenzione alle insostibuibili funzioni di cura e di solidarietà tra le generazioni delle famiglie verso gli anziani non avrebbe guastato – ma ci sarà tempo per questo).
Resta però una domanda forte sulla necessità di trasformare le indicazioni generali del Family Act in concreti atti amministrativi operativi, con quantificazione di tempi, risorse, istituzioni che si attiveranno… Insomma, servirà comunque un ulteriore “passare dalle parole ai fatti” – anche se le parole del Family Act non sono più solo promesse elettorali, ma costituiscono un “fatto normativo” consistente e un impegno politico-amministrativo ormai esplicitato. Serve cioè vigilanza: restituendo ancora la parola a Gigi de Palo, “adesso chiediamo a maggioranza e opposizione di velocizzare l’iter: le famiglie italiane hanno bisogno di risposte concrete. Non dimentichiamoci dell’assegno per figlio in occasione della prossima legge di bilancio. Anche l’Europa ce lo chiede”.
Gigi De Palo, presidente del Forum delle Associazioni familiari, che da anni promuove l'"assegno universale"
TEMPI E RISORSE: TUTTO DA VERIFICARE
In questa prospettiva segnaliamo qui due punti specifici su cui sarà necessario un serrato dibattito tra la società e la politica, sulle misure concrete. In primo luogo si potrà e si dovrà esercitare una seria vigilanza su tempi e scadenze di attuazione, che sono in effetti abbastanza diluiti nel futuro.
La prima – e più importante scadenza è sull’assegno universale, dato che entro il 30 novembre 2020 (art. 2) il Governo dovrà presentare il riordino delle varie misure oggi esistenti, riunificate in un unico intervento. Non sarà semplice, visti tipo e dimensioni dei vari interventi che verranno cancellati: le detrazioni fiscali per minori a carico, l’assegno per il nucleo familiare, l’assegno al nucleo familiari con almeno 3 figli minori, l’assegno di natalità, il premio alla nascita, il buono per il pagamento di rette relativi alla frequenza di asili nido e altri servizi per l’infanzia, il fondo di sostegno alla natalità.
L’equità della riorganizzazione di tutti questi interventi in un unico strumento non sarà per niente facile (anche perché si farà necessariamente riferimento all’ISEE, che rimane a nostro parere troppo “avaro” verso le famiglie con più figli), e il 30 novembre è proprio “dietro l’angolo”. Quindi appuntiamoci sul calendario la data, per poter verificare lo stato di avanzamento di questo primo importante passaggio.
Altre deleghe hanno inoltre tempi molto più dilatati: i provvedimenti per il sostegno ai compiti educativi (art. 3) e gli interventi per il lavoro femminile (art. 5) dovranno essere attuati entro dodici mesi dall’approvazione del Family Act, mentre gli interventi per congedi di paternità (art. 4) e a sostegno dei giovani e delle nuove famiglie (art. 6) dovranno essere attuati entro ventiquattro mesi.
Nulla vieta di ipotizzare (di sperare) che questi provvedimenti possano essere adottati anche prima di tali scadenze (a volte succede), ma questa dilatazione dei tempi di attuazione, pur ragionevole e realistica, ci conferma che il Family Act è solo il primo passo, e che sarebbe illusorio pensare o annunciare che “da domani queste misure saranno disponibili”. Quindi segniamo sul calendario anche queste ulteriori scadenze di lungo periodo (tra dodici e ventiquattro mesi), per poter dire “bravo” al Governo, oppure per richiamare l’attenzione ad un impegno preso.
Un’ultima nota, indispensabile nel nostro Paese: ci auguriamo che il Family Act non divenga vittima della “sindrome di Penelope”, tipica della nostra politica, per cui ad ogni cambio di Governo si disfa in una notte quello che “gli altri” avevano faticosamente tessuto negli anni. È il destino toccato al Piano Nazionale per la Famiglia del 2012 (approvato dal Governo e poi ben chiuso in qualche cassetto dal Governo seguente, di diverso colore politico). La famiglia non ha colore politico, è un bene di tutto il Paese, e pretende politiche stabili, permanenti, di lungo periodo, che siano protette dal balletto dei cambi di maggioranza.
* Direttore del Cisf (Centro Internazionale studi famiglia)