Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
mercoledì 18 settembre 2024
 
Guerra nelle urne
 

Colombia, la vittoria dei "no" contrari alla pace

03/10/2016  Risultato sorprendente per il referendum che doveva ratificare l'accordo tra Governo e FARC, firmato la settimana scorsa a Cuba: con uno scarto di 63.000 voti su un totale di 13 milioni, il 50,2 per cento dei colombiani ha detto “no”. Il presidente è il leader FARC restano determinati, ma l'ex presidente Uribe canta vittoria.

L’accordo di pace fra il governo della Colombia e i guerriglieri delle FARC (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia), firmato la settimana scorsa a Cuba, non ha convinto la maggioranza dei colombiani. L’esito del referendum indetto per confermare l’accordo ha l’effetto di una doccia gelata. Con uno scarto di soli 63.000 voti su un totale di 13 milioni, il 50,2 per cento dei votanti ha detto “no”.

Questo non significa, per fortuna, la ripresa di un conflitto armato durato oltre mezzo secolo, che ha provocato circa 250.000 morti. Il presidente colombiano Juan Mauel Santos ha dichiarato che, pur accettando il risultato del referendum, continuerà a lavorare per consolidare la pace. “Non mi arrendo”, ha detto Santos, “e continuerò a cercare un'intesa fino all’ultimo istante del mio mandato perché è il solo modo per lasciare un Paese migliore ai nostri figli”.

Anche il leader delle FARC, Timoleón Jimenéz, conosciuto con il nome di battaglia di Timochenko, ha garantito l’impegno della guerriglia a favore della pace. Timochenko ha criticato “il potere distruttivo di coloro che cercando odio e vendetta hanno influenzato l’opinione del popolo colombiano”. Santos ha inviato un gruppo di negoziatori a Cuba per consultazioni con i capi delle FARC. Insieme decideranno le prossime mosse. 

Le trattative per arrivare all’accordo dell’Avana erano cominciate nel 2012. Chi canta vittoria è l’ex presidente Álvaro Uribe, esponente della destra, molto critico verso i contenuti dell’accordo di pace. Secondo Uribe, l’accordo (lungo 297 pagine) fra il governo e le FARC ha fatto troppe concessioni ai ribelli e servono “correzioni”. Il fronte del “no” ha criticato soprattutto due aspetti dell’accordo: la possibilità, per i guerriglieri, di evitare il carcere in caso di confessione dei crimini commessi; la garanzia di dieci seggi in Parlamento per i ribelli a partire dalle prossime elezioni. 

Già a partire da oggi il presidente Santos prenderà contatti con tutte le forze politiche. Santos vedrà quali correzioni si potranno inserire negli accordi firmati la scorsa settimana in una cerimonia in cui tutti i presenti indossavano una camicia bianca. L’esito del referendum è stato uno shock, ma almeno c’è un punto di partenza che accomuna i sostenitori del “sì” e del “no”: tutti vogliono la pace. Ormai in Colombia si combatte solo la guerra delle idee e delle parole.

Multimedia
No all'accordo di pace con le Farc, la Colombia sotto choc
Correlati
 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo