Fabrizio Benvignati, vicepresidente
delegato del Patronato Acli e
presidente del Ce.pa, il Centro di
coordinamento dei patronati italiani,
ha sulla scrivania i volantini
per promuovere la raccolta di firme
contro i tagli del Governo. «È stato un
successo», dice, «in meno di un mese
un milione e mezzo di firme».
- Benvignati, oggi i Patronati quanti
sono? Quante persone ci lavorano?
«In Italia si contano circa 10 mila dipendenti
e 6 mila uffici. C’è anche un
gran numero di volontari. Ad esempio,
nei Patronati Acli abbiamo mille dipendenti
e 3 mila volontari. La nostra vocazione
storica (sono nati nel 1944) è occuparci
di previdenza, con tutti i servizi
che girano attorno alle pensioni. Poi c’è
l’assistenza ai servizi di welfare, compresi
quelli locali erogati da Regioni e
Comuni. Ci occupiamo di invalidità civili,
infortuni e da una decina di anni
delle pratiche relative ai diritti di permanenza
degli immigrati».
- Quanto costa l’attività dei patronati?
«Non siamo finanziati direttamente
dallo Stato: abbiamo un Fondo alimentato
da una quota dei versamenti dei
contributi previdenziali obbligatori di
tutti i 21 milioni di lavoratori dipendenti,
che insieme versano 430 milioni di
euro. I lavoratori pagano un servizio
poi offerto a una platea più ampia, circa
51 milioni di cittadini, che possono chiedere
i servizi. Il contributo per i potenziali
utenti è di circa 8 euro l’anno».
- Si era partiti da una sforbiciata di
150 milioni di euro, poi scesi a 75.
«Abbiamo un Fondo alimentato dai
cittadini, è improprio parlare di tagli. Si
tratta di un prelevamento. Lo Stato con
la Legge di stabilità vuole prendere soldi
da quel fondo per coprire un buco
della fiscalità generale. Rischiano di perdere
il posto di lavoro 5 mila persone. Sarebbe
davvero il colmo per una legge
che vuole creare occupazione. Sia chiaro,
il Governo ha fatto bene a salvare i
posti di lavoro a Terni e Piombino, ma si
trattava di alcune centinaia di persone,
qui invece rischiano di perdere il posto
5 mila persone tutte in un colpo»