Sono una capo scout da due anni. In reparto c’è un ragazzo di 15 anni che è sempre stato molto chiuso, poco aperto a fare amicizia, se non con le persone che condividono il suo interesse per i videogiochi e i fumetti giapponesi. Raramente lo abbiamo visto ridere e divertirsi con gli altri, però frequenta da tre anni e viene regolarmente alle attività. Sappiamo che a scuola va molto bene, frequenta un liceo linguistico. Di recente i suoi genitori ci hanno comunicato che gli è stato diagnosticato un “disturbo dello spettro dell’autismo”. Come capi ci siamo informati, anche da esperti, ma vorremmo sapere meglio che cosa possiamo proporgli per vivere bene l’esperienza scout. Lei ha delle proposte?
ILARIA
— Cara Ilaria,immagino che gli esperti che avete consultato vi abbiano informato sulle caratteristiche principali di questo disturbo, che raccoglie sotto di sé tante forme diverse, di gravità differente. Il ragazzo di cui parli ha buone capacità cognitive, quindi anche un buon uso del linguaggio, che lo facilita sicuramente. La difficoltà si pone quando deve utilizzare il linguaggio per la comunicazione sociale reciproca, ad esempio nella partecipazione a una conversazione (come inserirsi secondo il ritmo degli scambi verbali, che cosa dire oppure no...).
La difficoltà di comunicazione non deve far pensare che questo ragazzo non viva sentimenti ed emozioni: per lui è difficile condividerli con le altre persone. Anche il linguaggio non verbale, che in genere veicola di più gli aspetti emotivi, è spesso poco coordinato con le parole, dando così l’impressione di una certa rigidità e fissità del corpo, ad esempio negli sguardi. Credo che la cosa migliore sia mantenere con lui una relazione continuativa e rispettosa: non gli si può imporre di esprimere le sue emozioni o di creare rapporti profondi con i coetanei.
Occorre capire da lui quale sia il suo desiderio di costruire relazioni con gli altri ragazzi. La sua idea di amicizia probabilmente non contempla tutto ciò che essa significa ordinariamente e magari è ristretta alla sola condivisione dei suoi interessi specifici, e non altro. Relativamente alla partecipazione alle attività scout, la sua presenza costante vi dice che si trova bene in reparto, anche se magari non lo dice esplicitamente. In accordo con i suoi genitori, sarà bene sostenere i capi squadriglia nel suo coinvolgimento continuo e attivo, con una particolare attenzione a ciò che a lui interessa di più. Un’ultima cosa, da non dimenticare mai: ogni persona è sempre più ricca e profonda di quanto la sua diagnosi, per quanto accurata sia, faccia pensare. Sicuramente questo ragazzo avrà modo di stupirvi nelle imprese che gli proporrete se lo saprete guardare con occhi attenti e valorizzare il suo contributo al vostro reparto