Pochi e semplici gesti,
pochi oggetti che nei Paesi sviluppati si trovano facilmente e a un
costo molto basso, a volte irrisorio: allattare al seno, assistere le
mamme e i neonati, un marsupio portabebè, una zanzariera, un
cappellino, sali per la reidratazione, sapone, vaccini, vitamine...
tanto basta a salvare la vita di un bambino o di una mamma. Eppure,
oggetti e gesti che per noi sono scontati e di uso quotidiano, se
mancano fanno la differenza tra la vita e la morte, anche oggi, nel
2013.
La fanno almeno 6,6
milioni di volte ogni anno, tanti sono infatti i bambini al di sotto
dei cinque anni di età che ogni anno muoiono nel mondo, un milione
di loro nel primo giorno di vita.
Per “Regalare
a ognuno di loro un compleanno in più” Save the Children
rilancia ora la Campagna Every One partita nel 2009 per combattere la
mortalità materna e infantile nel mondo e lo fa portando un
villaggio “eperienziale” nelle piazze delle maggiori città
italiane.
Si tratta di un
percorso all’interno di una struttura modulare di legno riciclato
divisa in sette ambienti attraversati da un filo rosso. All’interno
di ciascun ambiente viene affrontato un tema, una causa di mortalità,
dalla malnutrizione alle cure mediche, all’igiene, alla malaria,
agli aspetti della maternità, viste sempre però dal punto di vista
del rimedio, semplice, efficace, visivo.
Si rivolge ai più
piccoli e alle famiglie, ma la semplicità si sa è contagiosa e i
concetti passano pure agli adulti. È
interattivo, perché i bambini all’inizio del percorso ricevono una
tavoletta dalla quale si staccano i “rimedi” come il sapone o le
cure mediche, sotto forma di gettoni di cartone. In ogni ambiente
troveranno il modo di spenderli in un gioco che mostrerà come un
piccolo gesto, anche se in questo caso solo simbolico, può tenere
lontane le zanzare, evitare le infezioni o combattere la
denutrizione.
Da Roma il villaggio si sposterà a Napoli, poi a
Firenze e infine a Milano. «Nei
primi quattro anni di attività del programma Every One abbiamo
intrapreso circa venti milioni di azioni di contrasto nei 47 Paesi in
cui siamo presenti», dice
Valerio Neri, direttore generale di Save the Children Italia, «e
realizzato quasi due milioni e mezzo di interventi diretti per
salvare la vita di bambini e mamme durante il parto o dalle
principali malattie. Inoltre abbiamo formato oltre 270 mila operatori
sanitari, che sono personale preparato per diffondere la corretta
cultura e intervenire nella gestione di una miriade di situazioni che
si possono creare, dai parti difficili all’assistenza ai neonati e
alle mamme. Poche informazioni in più possono cambiare la vita delle
persone, e questi operatori sono fondamentali, spesso sono locali e
per loro è più facile comunicare con la popolazione. Purtroppo nel
mondo ne servirebbero tre milioni e mezzo e ce ne sono solo tra i 500
e i 600 mila».
La Campagna di Save the
Children si inserisce nelle azioni che a livello mondiale governi e
organizzazioni hanno intrapreso per il raggiungimento degli Obiettivi
del millennio, i Millennium Goals che fissati dalle Nazioni Unite
pongono una serie di obiettivi per lo sviluppo mondiale da
raggiungere entro il 2015.
La storia-simbolo di Byneiam, bambino etiope di tre anni
Di questi in
particolare il quarto e il quinto vorrebbero ridurre di due terzi la
mortalità infantile e di tre quarti quella materna tra il 1990 e il
2015. Da 12,4 milioni di piccole vite perse ogni anno si è arrivati
agli attuali 6,6 milioni, un numero che rimane inaccettabile, con
l’obiettivo ancora da raggiungere.
«Le
cause delle morte di questi piccoli sono prevedibili e curabili con
farmaci di uso comune», dice
Claudio Tesauro, presidente di Save the Children. «Si
tratta frequentemente di diarrea, malaria, morbillo e polmonite,
aggravate dalla malnutrizione. Basta un rapido calcolo: nel mondo
muore un bambino ogni cinque secondi. I nostri interventi variano
seguendo il fabbisogno locale, per combattere la malnutrizione è si
importante portare cibo, ma altrettanto lo è interagire con la
gestione economica familiare, cercando di trasmettere alle mamme la
capacità e le conoscenze adeguate per seguire una dieta sana anche
con i mezzi a loro disposizione. Per fare questo sono fondamentali i
punti di riferimento, la formazione degli operatori sanitari, che
sappiano interagire anche culturalmente con i capi villaggio, ad
esempio, perché gli interventi siano graditi e condivisi dalle
comunità nelle quali vengono compiuti».
Dal 2009 Save the
Children ha investito o pianificato finanziamenti per 1,2 miliardi di
dollari in progetti di nutrizione e salute materno infantile, nel
2012 oltre un milione di vaccinazioni, quasi cinque milioni di casi
di diarrea, polmonite e malaria trattati, 45 milioni di bambini e
donne raggiunti dai programmi di salute e 24 milioni attraverso
quelli di nutrizione, questi sono i numeri di Every One nell’ultimo
anno.
«Accorciare
la distanza tra mamme e bambini e i punti di soccorso è
fondamentale», continua
Tesauro, «bisogna creare
punti medici efficienti. E dove non è possibile diventa chiave la
figura degli health workers, infermieri che girano in bicicletta
coprendo a volte anche grandissime distanze».
All’interno del
percorso del villaggio Every One si incontra infatti anche questo
mezzo: una semplice e preziosa bicicletta nera, inaspettato strumento
di lavoro nella lotta per la vita.
Marco Guadagnino,
coordinatore dei progetti internazionali di Save the Children, è
stato spesso nei villaggi del sud dell’Etiopia dove si muore
facilmente di polmonite, oltre che per la malnutrizione. È facile
pensare che in un Paese caldo le malattie come la polmonite non siano
un problema, ma non è così, sia per l’esposizione ai batteri -
spesso le famiglie vivono in ambienti che condividono con il
bestiame, con conseguente precarietà delle condizioni igieniche -
sia per l’escursione termica tra il giorno e la notte. Per questo i
neonati soprattutto nelle prime ore di vita, hanno bisogno di piccoli
accorgimenti come un cappello di lana o del calore materno attraverso
la marsupio terapia, stretti al corpo della madre.
«Pochi
mesi fa nel villaggio di Busso in Etiopia»,
racconta Guadagnino, «un
volontario di un vicino presidio sanitario ha fatto visita alla
capanna dove viveva con la mamma e tre fratelli Byneiam, un bambino
di tre anni, in un ambiente condiviso con gli animali. Il volontario
si è subito accorto della persistente tosse del piccolo e della sua
perdita di appetito e peso, così lo ha accompagnato al presidio
sanitario. Byneiam aveva la polmonite e grazie alle cure antibiotiche
a cui è stato sottoposto dopo due settimane le sue condizioni sono
migliorate».
Byneiam è un simbolo,
l’esempio di come sia facile salvare una vita o come sia facile
perderla. Rappresenta il senso di quel numero: 6,6 milioni di bambini
sotto i cinque anni che perdono la vita ogni anno. È
vivo grazie all’intervento dell’operatore, e a poche e semplici
cure che nei nostri Paesi sono ritenute banali.
La sua storia racchiude
in sé il senso del villaggio “esperienziale” di Save the
Children, spiega quanto siano importanti una zanzariera, l’uso del
sapone o un marsupio perché la madre porti il suo bambino stretto al
suo corpo in modo da cedergli calore, un antibiotico, degli alimenti
come il latte terapeutico o una bustina di plumpy nut, un preparato
altamente nutriente specifico per la malnutrizione. E anche una
bicicletta, perché l’operatore sanitario raggiunga quante più
capanne e villaggi possibili.